I giorni siciliani di Salvini
Si conclude a Vittoria il tour siciliano di Matteo Salvini. Il leader della Lega, già lanciato in campagna elettorale, ha avuto prima due tappe importanti a Catania e Siracusa, dove ha subito forti contestazioni. Il giorno dopo è a Vittoria, comune sciolto per infiltrazioni mafiose, provvedimento firmato proprio da lui, il 28 luglio dello scorso anno, poche settimane dopo il suo insediamento al Viminale.
Salvini ha scelto Vittoria perché si è recato in visita alle famiglie di Alessio e Simone D’Antonio, i due cuginetti di 11 anni falciati da un suv l’11 luglio scorso. Un colloquio breve e informale, nella casa dove vivono Valentina e Tony, genitori di Simone. C’erano anche Lucy e Alessandro, i genitori di Alessio. Loro hanno già lasciato la casa di via IV aprile dove la famiglia viveva e dove si è consumata la tragedia. «Non posso vivere qui dove mio figlio è morto. Mia moglie non riesce a restarci. Siamo andati via». Oggi abitano nell’abitazione dei genitori di Lucy, nello stesso quartiere. La casa, dalle cui finestre Alessandro ha visto consumarsi la tragedia, è chiusa.
Salvini resta mezz’ora in compagnia dei genitori, poi si sposta di 200 metri per visitare il luogo della tragedia. È provato e non fa nulla per nasconderlo.
Cosa ha detto ai genitori di Alessio e Simone? «Posso solo promettere giustizia. Non possiamo riportare in vita i bambini, indietro non si torna. Ma qui ci sono delle famiglie, ci sono dei fratellini, dobbiamo guardare avanti. Saremo al loro fianco. Mi fa schifo pensare che, tra qualche anno, chi li ha uccisi possa tornare a passeggiare per le vie del paese». Poi aggiunge: «Non posso neanche immaginare quello che si sia vissuto quella notte. Sono qui per portare un saluto ai genitori e dire loro: “Non vi lasceremo soli”».
Usa toni molto duri nei confronti della città. «Spero che questo doppio sacrificio svegli la comunità. Qui c’è una forte connivenza. So che costui (si riferisce all’investitore, Rosario Greco, attualmente in carcere a Ragusa), in precedenza aveva accoltellato una persona davanti a cinquanta persone: se uno di loro avesse parlato staremmo parlando di un’altra storia. Sono stato in varie città, a Locri, in varie città difficili. Ma qui è bestiale. Qui bisogna dar coraggio a quelli che rispettano le regole. Ringrazio quella piccola parte della società civile che si fa sentire. Ma se succedono cose come queste, non bastano 500 poliziotti. Se gli appalti li dai ai delinquenti, se i funerali li dai ai delinquenti, se la frutta la vendi ai delinquenti, poi accade questo. Spero che questo doppio sacrificio svegli la comunità. So che qui la commissione sta facendo un buon lavoro, al mercato ortofrutticolo, nel settore dei trasporti, in vari settori della città per riportare la legalità». Parla anche di riforma della giustizia. «Serve certezza della pena – aggiunge – per questo voglio la riforma della giustizia. Non potremo sopportare che questi delinquenti tra cinque anni siano a passeggiare per Ragusa o per Vittoria».
Le sue parole suscitano una reazione forte in città. Parla l’ex assessore Piero Gurrieri: «Salvini dovrebbe ancora vergognarsi per i suoi insulti ad una comunità viva e coraggiosa, la nostra. Dovrebbe essere denunciato per diffamazione ai danni di una intera città, che è stata nella sua storia recente violentemente assaltata da gruppi criminali e mafiosi, e ha resistito, pagando il proprio coraggio con dei morti, e non merita quello che ha detto questo ministro. Tante persone umili e sconosciute che ne fanno l’ossatura e la ricchezza».
Poco prima, a palazzo di Città, aveva incontrato il prefetto Filippina Cocuzza, i tre commissari prefettizi che guidano Vittoria (Filippo Dispenza, Giovanna Termini e Gaetano D’Erba), i vertici delle forze dell’ordine. Ha garantito maggiori uomini e mezzi per la città, per garantire la legalità. «Al comune sono venuto da ministro, qui sono venuto da papà – aggiunge – non li lasceremo soli. Ogni settimana ci sentiremo e mi vedrete spesso a Vittoria». Un giornalista chiede: «Verrà da ministro?» Sorride e non risponde. «Non li lasceremo soli».
Alessandro D’Antonio resta qualche momento fuori dalla porta. Ha accompagnato Salvini fino al luogo dove sono morti i bambini. «Sentiamo che le istituzioni sono con noi: i ministri Di Maio, Bonafede, Salvini, ci sostengono, insieme ai giornalisti e a tutti voi. Noi chiediamo giustizia: queste persone non devono lasciare il carcere, devono avere una condanna a vita. Noi, la mia famiglia, quella di mio fratello e mia cognata, abbiamo una condanna a vita. È agosto. Qui accanto a me non c’è mio figlio a chiedermi: “Papà, mi porti al mare?”. La sua voce non la sentirò mai più!». «Chiederò giustizia finchè avrò vita. Non mi fermerò mai!» Gli fa eco il fratello Tony, papà di Simone
Anche a Vittoria, così come era accaduto a Catania e Siracusa, non mancano le contestazioni. Un gruppo di giovani issa i cartelli. Sono i giovani dell’Unione degli Studenti. Sono pochi, in una città che ha accusato il colpo dello scioglimento del consiglio comunale, ma si fanno sentire. Il gruppo però viene tenuto a distanza, dietro le transenne. Anche i giornalisti sono costretti ad aspettare al sole, distanti dal ministro.
Le contestazioni di Vittoria hanno il volto dei giovani. Sono soprattutto loro a far sentire la voce di chi crede ancora nei valori della legalità, della solidarietà e dell’accoglienza. C’è anche una insegnante, Evelyn Zarba: lei piazza i suoi manifesti sulle transenne davanti al municipio. Il resto della città è assente.
Le contestazioni erano state più dure a Catania, dove in piazza Duomo Salvini ha trovato ad attenderlo centinaia di contestatori con lo slogan «Buffone, buffone», dai cartelli con su scritto «Vergogna» e «Catania non si lega». Poi hanno cantato “Bella ciao”, la canzone che sta diventando, in Italia, il simbolo della contestazione a Salvini. Poco più di un centinaio i contestatori anche a Siracusa, dove il comizio è iniziato con un’ora di ritardo. L’ex parlamentare Pd Sofia Amoddio ha denunciato che un gruppo di dieci ragazzi sono stati prelevati dalla polizia e condotti, per un paio d’ore, in questura. Poi sono stati rilasciati. Anche qui i cartelli sono in bella vista. C’è scritto: «49», oppure «Non in mio nome». A fatica, inizia il comizio ed a malapena si riesce a coprire le grida dei contestatori.
Giorni travagliati, quelli di Salvini. Due giorni dal doppio volto: quello politico, a Catania e Siracusa. Quello del ministro e del padre a Vittoria. Ovunque le contestazioni, anche se a Vittoria in tono minore. Poco prima delle 13 il ministro è salito sull’auto blindata ed ha lasciato Vittoria per tuffarsi nuovamente nell’agone politico di una crisi che entra nei suoi giorni cruciali.