Giornata per le vittime di errori giudiziari, ragioni e polemiche
La tensione solo in parte fisiologica tra il Governo, l’attuale Governo e la Magistratura ha raggiunto in questi ultimi giorni uno dei punti più alti e più critici, dopo la prima approvazione da parte della Camera dei Deputati del disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e magistrati requirenti e la reazione immediata dell’Associazione nazionale magistrati, che ha proclamato lo sciopero della categoria per il giorno 27 febbraio 2025 (cfr., sull’argomento, l’articolo di Giovanni Bianconi Carriere separate, l’unità dei magistrati sullo sciopero – I dubbi tra i moderati, “Corriere della Sera “ del 20 gennaio 2025 ).
Rispetto al provvedimento appena richiamato, che mira a modificare la Costituzione vigente su aspetti delicati e controversi, la proposta di legge oggetto della presente disamina è sicuramente assai meno importante e delicata; eppure anche su tale proposta si sono registrati contrasti politici e polemiche non trascurabili, che hanno coinvolto anche la magistratura associata. Infatti, la proposta di legge relativa alla Istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime di errori giudiziari (A.C. 1657, d’iniziativa dei deputati Bisa, Molinari, Matone ed altri) ha visto interrotto il suo iter legislativo in seguito al voto contrario, in Commissione Giustizia alla Camera, del Movimento Cinque Stelle e all’astensione del Partito democratico e dell’Alleanza Verdi-Sinistra: di conseguenza, l’esame della proposta in questione è stato rinviato a data da stabilirsi. A ciò si sono aggiunte le polemiche suscitate dalla presa di distanza dell’Associazione nazionale magistrati, in persona del suo presidente Giuseppe Santalucia, da tale proposta di legge, con la motivazione che essa alimenterebbe la sfiducia nel sistema giudiziario (cfr. l’articolo di Irene Famà Condannati innocenti, “La Stampa” del 13 dicembre 2024).
Per capire meglio le intenzioni e gli obiettivi di questa proposta legislativa è necessario esaminarne il contenuto, insieme a quello della relazione di accompagnamento. Nella Relazione si ricorda che sono passati 40 anni da quel 17 giugno 1983, quando veniva arrestato dai Carabinieri di Roma Enzo Tortora, in seguito assolto definitivamente, in appello, dai gravi reati di cui era accusato: egli può considerarsi a buona ragione “il simbolo di tutte le vittime degli errori giudiziari”. La Relazione sostiene che «da allora è cambiato ben poco», poiché ancor oggi troppi innocenti finiscono in carcere (in media 1.000 ogni anno) e lo Stato italiano ha già speso in risarcimenti più di 740 milioni di euro.
Pertanto, i firmatari della proposta di legge hanno deciso di far propria la proposta avanzata dal Partito Radicale, dalla Fondazione internazionale per la giustizia Enzo Tortora e da altri organismi, volta a dedicare una Giornata nazionale alle vittime di errori giudiziari e di ingiusta detenzione in Italia. Questo sarebbe «un modo seppur simbolico di dare dignità e riconoscimento ai protagonisti di storie strazianti, a innocenti accusati dei reati più diversi e tremendi sulla base di prove inesistenti o senza fondamento».
L’articolato della proposta di legge è molto snello, consta di un unico articolo composto da 4 commi: si esordisce con il riconoscere il giorno 17 giugno quale “Giornata nazionale in memoria delle vittime di errori giudiziari” (art. 1 comma 1). Si prosegue stabilendo che in occasione della predetta Giornata nazionale le scuole di ogni ordine e grado promuovano iniziative volte alla sensibilizzazione «sul valore della libertà, della dignità personale, della presunzione di non colpevolezza, quale regola di giudizio oltreché quale regola di trattamento, di coloro che sono ristretti in custodia cautelare prima e durante lo svolgimento del processo» e «sul giusto processo quale unico strumento volto a garantire, entro tempi ragionevoli, l’accertamento della responsabilità penale in contraddittorio tra le parti e davanti a un giudice terzo ed equidistante tra accusa e difesa» (comma 3 lett. a) e b)). Infine, l’ultimo comma dell’art. 1 prevede che «al fine di conservare, rinnovare e costruire una memoria storica condivisa in difesa delle istituzioni democratiche, impegnate a garantire la riduzione al minimo degli errori giudiziari» possano altresì organizzarsi «manifestazioni pubbliche, cerimonie, incontri (…) nonché iniziative finalizzate alla costruzione, nell’opinione pubblica e nelle giovani generazioni, di una memoria delle vittime degli errori giudiziari» (comma 4).
Questo è il testo molto conciso della proposta di legge in questione, insieme al testo ugualmente conciso della relazione di accompagnamento. Veniamo alla domanda di fondo da cui discende anche questo commento: come si spiega il contrasto politico insorto su tale proposta, in apparenza neutra e suscettibile di generale condivisione, e la forte polemica nei confronti della magistratura associata, ritenuta “rea” di aver assunto una posizione contraria?
Si spiega, a mio modesto parere, con il fatto che dietro a concetti e istituti giuridici pur codificati come la presunzione di non colpevolezza (art. 27 comma 2 Cost.) e il giusto processo (art.111 Cost., come modificato dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2) si nascondono discussioni di lunga durata, non ancora spente, tra giuristi, magistrati e avvocati, specialmente sulle ricadute pratiche di tali princìpi; ma soprattutto con il fatto che sui reali contorni e confini dei c.d. errori giudiziari permangono dubbi ed equivoci, politicamente orientati.
Un magistrato requirente, conosciuto anche per aver ricoperto cariche in seno all’A.n.m. (Associazione nazionale magistrati), ha espresso sul punto una posizione condivisibile, quando ha scritto che «Ogni operatore del diritto e, soprattutto, ogni magistrato deve sentire come imperativo categorico quello di evitare l’errore. E deve farlo attraverso il metodico e maniacale approfondimento degli elementi di prova, attraverso la predisposizione all’ascolto delle ragioni della difesa e, soprattutto, attraverso la pratica del dubbio. E in questo senso una giornata dedicata alla memoria delle vittime di errori giudiziari potrebbe certamente aiutare a mantenere alta quella tensione». Nello stesso tempo, però, occorre intendersi sul significato delle parole, in quanto «errore non significa necessariamente “sbaglio” e, soprattutto, non significa necessariamente “colpa” di chi ha agito» (Giuseppe Cascini, Io pm dico sì alla giornata per gli errori giudiziari. Ma basta coi pasdaran, www.ildubbio.it, 6 gennaio 2025). La posizione di Cascini è condivisibile perché l’errore giudiziario è di per sé ineliminabile, essendo il giudicare un’attività umana, e quindi l’unica battaglia possibile e realistica è quella diretta a ridurre al minimo tale errore: e tale battaglia va condotta non solo dal legislatore e dalle istituzioni politiche, ma anche dalla magistratura, anzitutto nella coscienza di ogni singolo magistrato.
Ciò detto, viene da sé che è improprio e strumentale ritenere che ogni errore giudiziario, nella fattispecie ogni condanna di un innocente, e ogni ingiusta detenzione, ossia ogni custodia cautelare subita da chi sia stato poi prosciolto con sentenza irrevocabile, sia ascrivibile a colpa (in senso lato) del magistrato che ha agito: può trattarsi di una diversa valutazione di un fatto o di una prova o di una diversa interpretazione delle norme, senza che sia rinvenibile una condotta colposa, ossia negligente o imprudente o imperita, nel magistrato che ha richiesto o disposto la custodia cautelare o che ha pronunciato la condanna. In tal senso una proposta di legge sensata e meritoria, come quella di cui si tratta, rischia di trasformarsi surrettiziamente in una proposta volta a “colpevolizzare” la magistratura per qualsiasi errore giudiziario e per qualsiasi ingiusta detenzione, senza distinzioni di sorta.
Ma questo rischio va comunque corso, a parere di chi scrive, perché «nonostante il carattere volutamente provocatorio della proposta, e nonostante i toni polemici e mistificatori che l’hanno accompagnata, l’iniziativa per la istituzione di una giornata in memoria delle vittime di errori giudiziari dovrebbe essere accolta con favore dalla magistratura» (Giuseppe Cascini, articolo cit.). Ciò in quanto la magistratura nel suo insieme è partecipe dello sforzo diretto a ridurre al minimo gli errori giudiziari, è coinvolta anche umanamente dalle vicende di chi sia stato ristretto in carcere e alla fine assolto dalle imputazioni ascrittegli, pur se ciò sia avvenuto senza alcun profilo tangibile di colpa a proprio carico.
Nei casi in cui, invece, qualche profilo di colpa ‒ e non lieve ‒ sia ravvisabile a carico di un singolo p.m. o di un singolo giudice, la magistratura dovrebbe mostrarne consapevolezza e fare pure auto-critica, qualora la responsabilità del magistrato non sia stata accertata nelle opportune sedi istituzionali. Forse il caso di Enzo Tortora, simbolo eccellente di tutte le vittime di errori giudiziari, può rientrare in quest’ultima categoria.
In ogni caso, anche se gli slogan del tipo “i magistrati non pagano mai per i loro errori” sono inesatti e demagogici, è giusto che si celebri una giornata dedicata alle vittime degli errori giudiziari e che se ne discuta seriamente nelle scuole e in dibattiti pubblici, anche con il contributo tecnico dei magistrati, che sappiano spiegare chiaramente natura e cause dei singoli errori giudiziari. Forse in questo modo, più che bocciando aprioristicamente la proposta di legge in questione, si può contribuire a diminuire la sfiducia dei cittadini nel funzionamento della giustizia.
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