Giornata mondiale del malato, farsi prossimi

La vita della beata Maria Lorenza Longo, fondatrice dell’Ospedale di Santa Maria del Popolo, detto degli Incurabili, nel centro antico di Napoli, è un esempio luminoso di come essere buon samaritano e compagno di strada con chi ha bisogno di aiuto
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Una società che mette al centro le persone malate diventa «profezia di un’umanità in cui ciascuno è prezioso e nessuno è da scartare», scrive papa Francesco nel suo Messaggio per la XXXI Giornata mondiale del malato ricordando la parabola del Buon Samaritano. L’uomo malmenato, derubato e abbandonato lungo la strada, dice il papa, «rappresenta la condizione in cui sono lasciati troppi nostri fratelli e sorelle nel momento in cui hanno più bisogno di aiuto».

Ieri come oggi le persone malate spesso vivono un senso di solitudine e di abbandono che solo gesti di cura e di prossimità possono riscattare; ieri come oggi, tante persone mosse dallo Spirito Santo, sanno farsi prossime, compagne di strada, capaci, con la loro compassione, di generare un mondo più fraterno.

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La farmacia dell’ospedale degli Incurabili
Di Baku – Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=63299101

Ne è testimonianza luminosa la vita della beata Maria Lorenza Longo, fondatrice dell’Ospedale di Santa Maria del Popolo, detto degli Incurabili, nel centro antico di Napoli. Nobildonna spagnola, Maria Llonc (italianizzato Longo), si trasferisce a Napoli nel 1506 per seguire il marito Giovanni, Reggente del Vicereame di Napoli, di cui presto rimane vedova. Guarita da una forma di paralisi nel corso di una celebrazione eucaristica al Santuario di Loreto, cambia nome in Maria Lorenza e fa voto di dedicarsi ai malati. Fa costruire l’Ospedale destinato a coloro che non hanno i mezzi per curarsi dalla malattia «del secolo», la sifilide e, poiché la cura del corpo non è separata da quella dello spirito, fonda anche il monastero di Santa Maria di Gerusalemme della Monache Cappuccine, detto «delle Trentatré».

«Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile», scrive papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti (n. 68). La beata Longo decide di assistere le persone affette dalla sifilide che non trovavano accoglienza in altre strutture poiché le cause della malattia erano, al tempo, sconosciute e non si sapeva in che modo arginarla.

La dedizione, la sollecitudine verso il malato, di cui la beata si occupava in prima persona, con particolare attenzione alle condizioni igieniche, preoccupandosi che ciascuno potesse avere la corretta alimentazione e le giuste cure, a poco a poco, rendono l’Ospedale modello di accoglienza e cura anche di altre malattie difficilmente guaribili. Nasce anche una spezieria per la sperimentazione di nuove cure e realizzazione di farmaci. Presso la struttura vengono chiamati i migliori medici del tempo, che la rendono punto di riferimento per i malati provenienti da tutta l’Europa: alla fine del XVI secolo l’Ospedale conta 1600 posti letto, ha una farmacia, un forno e un servizio interpreti per gli stranieri ricoverati.

L’Ospedale, considerato l’eredità più visibile della beata Lorenza, diventa anche occasione di esperienze umanitarie, culturali e religiose, riesce ad attirare e coinvolgere molte persone, membri di famiglie in vista della città, che vanno a prestare volontariato. Tra i secoli XVII e XVII, anche molte Congreghe e Confraternite si prendono cura dei pazienti: la Congrega di S. Cosma e Damiano, costituita da barbieri, si occupa del taglio dei capelli delle persone malate, dell’assistenza spirituale, del cambio della biancheria. Ci sono anche i Gesuiti, i membri della Confederazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, i Teatini, che si occupano della cura del corpo e dello spirito.

«Tutti siamo fragili e vulnerabili − ricorda papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Malato −; tutti abbiamo bisogno di quell’attenzione compassionevole che sa fermarsi, avvicinarsi, curare e sollevare. La condizione degli infermi è quindi un appello che interrompe l’indifferenza e frena il passo di chi avanza come se non avesse sorelle e fratelli».

La sensibilità della beata Longo, la sua fede e la determinazione nel fare il bene sono state capaci di mobilitare le forze di una città, Napoli, attorno alle persone povere, sofferenti, disagiate; hanno messo tante persone nella condizione di poter vivere con dignità e curarsi adeguatamente. La sua vita, risposta ai segni dei tempi, è ancora oggi una luce per ciascuno, un invito ad allargare lo sguardo alle sofferenze, alle fragilità degli altri, accogliendo la raccomandazione del Samaritano all’albergatore: «Abbi cura di lui». «Gesù la rilancia anche ad ognuno di noi, e alla fine ci esorta: “Va’ e anche tu fa’ così”» (Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale del Malato).

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