Giornata del Migrante e del Rifugiato, essere liberi di scegliere

Per questa importante ricorrenza il Messaggio di papa Francesco ha come cardini la dignità della persona e la libertà di scelta, perché la migrazione non sia una fuga. E questo vale per tutti coloro che sono costretti ad abbandonare la propria terra, come per esempio i tanti giovani calabresi ricordati nelle parole di mons. Savino
migranti morti
Un gruppo di migranti viene salvato dai volontari della nave di soccorso Ocean Viking, gestita dalle Ong Sos Mediterranée e dalla Federazione Internazionale della Croce Rossa (IFCR), giovedì 25 agosto 2022 nelle acque internazionali del Mar Mediterraneo al largo della Libia. (Foto AP/Jeremias González)

Rispetto dei diritti, libertà di scelta, corresponsabilità da parte della comunità internazionale. Su questi argomenti si riflette nel giorno in cui viene presentato in Vaticano il Messaggio del papa per la 109° Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che ha come tema: “Liberi di scegliere se migrare o restare”. Al centro la dignità della persona e la libertà di scelta, che spesso manca a chi è costretto ad abbandonare la propria casa e il proprio Paese. «Persecuzioni, guerre, fenomeni atmosferici e miseria sono tra le cause più visibili delle migrazioni forzate contemporanee», si legge nel Messaggio. «I migranti scappano per povertà, per paura, per disperazione».

Cosa fare, dunque, e soprattutto cosa non fare più? È necessario l’impegno di tutti, ciascuno secondo le proprie possibilità. «Dobbiamo prodigarci per fermare la corsa agli armamenti, il colonialismo economico, la razzia delle risorse altrui, la devastazione della nostra casa comune», dichiara il papa. Affinché la migrazione sia una libera scelta, bisogna «sforzarsi di garantire a tutti un’equa partecipazione al bene comune, il rispetto dei diritti fondamentali e l’accesso allo sviluppo umano integrale. Solo così si potrà offrire ad ognuno la possibilità di vivere dignitosamente e realizzarsi personalmente e come famiglia».

Il diritto a rimanere nel proprio Paese è, infatti, un diritto più ampio e profondo di quello ad emigrare e deve prevedere la possibilità di vivere dignitosamente nel posto in cui si nasce, di accedere allo sviluppo sostenibile. È chiaro che «il compito principale spetta ai Paesi di origine e ai loro governanti, chiamati ad esercitare la buona politica, trasparente, onesta, lungimirante e al servizio di tutti, specialmente dei più vulnerabili – commenta il papa –. Essi però devono essere messi in condizione di fare questo, senza trovarsi depredati delle proprie risorse naturali e umane e senza ingerenze esterne tese a favorire gli interessi di pochi. E lì dove le circostanze permettano di scegliere se migrare o restare, si dovrà comunque garantire che tale scelta sia informata e ponderata, onde evitare che tanti uomini, donne e bambini cadano vittime di rischiose illusioni o di trafficanti senza scrupoli».

L’obiettivo è sicuramente a lungo termine e i cambiamenti necessari richiedono tempi lunghi, sottolinea P. Baggio, C.S., sotto-segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, nel corso della conferenza stampa di presentazione del Messaggio. «Nel frattempo, dobbiamo aspettarci ancora flussi migratori ingenti. Per questo è necessario impegnarsi a sviluppare una governance globale, con azioni efficaci, adeguate e lungimiranti, che puntino al bene di tutte le persone coinvolte».

Con l’avvicinarsi del Giubileo 2025, papa Francesco ricorda la prassi attuata dal popolo di Israele in occasione degli anni giubilari e ripropone il tema della cancellazione del debito ai Paesi poveri invocando uno sforzo congiunto della comunità internazionale per assicurare a ogni uomo e ogni donna il diritto di vivere in condizioni dignitose nella propria terra. Infatti, «lo sviluppo dei Paesi economicamente più poveri dipende dalla capacità di condivisione che si riesce a generare tra tutti i Paesi».

Il Messaggio del papa offre una lettura della realtà che può essere in parte riferita – con accenti certamente meno drammatici – anche ai tanti giovani costretti a partire dall’Italia. A sottolinearlo è mons. Savino, vice presidente della Cei e vescovo di Cassano all’Jonio: «Come vescovo di Calabria ricordo, innanzitutto a me stesso, che il nostro è un Paese non solo di accoglienza, ma anche di partenza. Ogni anno sono più gli italiani che partono dei migranti che arrivano. Vengo da una terra nella quale allora risuona dirompente il titolo di questo messaggio. Penso alle migliaia di giovani che lasciano ogni anno la Calabria per andare lontano: magari fossero liberi di rimanere, di restare!». Poi commenta: «Liberi di muoversi, viaggiare, migrare – certo – perché non può essere una concessione: la terra è di tutti. Ogni confine è artificiale e deve restare permeabile. Basta con un mondo di fili spinati e di muri!». Ma anche «Liberi anche di restare. Libertà non è solo mobilità: è anche fedeltà, radicamento, amore per quei luoghi che hanno nutrito la nostra infanzia e ci legano al grande passato».

In ogni persona, in chi è più vulnerabile, occorre vedere un fratello, una sorella da amare e curare; bisogna costruire una società, una comunità che sia pronta a proteggere, accogliere, promuovere e integrare tutti, senza distinzioni. «Perciò – ricorda papa Francesco nel suo Messaggio -, mentre lavoriamo perché ogni migrazione possa essere frutto di una scelta libera, siamo chiamati ad avere il massimo rispetto della dignità di ogni migrante; e ciò significa accompagnare e governare nel miglior modo possibile i flussi, costruendo ponti e non muri, ampliando i canali per una migrazione sicura e regolare».

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