Giorgio Squinzi a Confindustria

Non un finanziere ma un imprenditore che conosce il mercato, innova e punta sui talenti propri e dei collaboratori. Gli industriali scelgono il loro presidente, ma le divisioni interne sono palesi
Giorgio Squinzi

Afferma di non aver mai licenziato nessuno, che più che l’articolo 18 in Italia il problema dell’industria è il costo dell’energia, più alto di quello degli altri Paesi europei per colpa della  burocrazia, che ad esempio ha indotto una multinazionale ad abbandonare il progetto del terminale di Brindisi per gas liquefatto, che ci avrebbe assicurato un ulteriore rifornimento di energia del tipo oggi più conveniente.
 
Giorgio Squinzi non è un finanziere, è un imprenditore che sulle orme del padre ha creato una multinazionale chimica nel settore degli adesivi per l’edilizia, con 47 stabilimenti nel mondo, di cui sette in Italia, acquisendo anche il  marchio Vinavil che tutti conosciamo. Squinzi ha prevalso per poco su Bombassei, a cui non è bastato l’appoggio della Fiat di cui è fornitore: Marchionne si era detto pronto a rientrare in Confindustria in caso della sua elezione, ma lo ha controbilanciato l’appoggio per Squinzi  dell’Eni, che opera in un settore con problematiche più affini a quelle delle sue aziende. 
 
Squinzi, nelle trattative dei contratti della Federchimica, che ha gestito per anni, ha sempre trovato accordi con i sindacati, dimostrando la flessibilità dell’imprenditore che non vede nel lavoro il maggior costo e che è abituato a gestire la sua attività senza aiuti dello Stato, che sa di non aver molto vicino nelle sue attività all’estero. Imprenditore italiano che però non ha complessi di inferiorità e non accolla i suoi insuccessi all’alibi di non essere abbastanza grande: l’imprenditore che, consapevole  di non disporre di armate invincibili, si affida all’analisi intelligente del mercato,  all’inventiva, alla continua innovazione, ai talenti propri e dei suoi collaboratori, sapendo che gli permetteranno di offrire sempre qualcosa di unico e speciale che verrà scelto spesso per la qualità, al di là del prezzo.  
 
È a questo tipo di imprenditore, che in Italia per fortuna esiste, basti pensare al settore della moda, a cui l’Italia deve guardare come a una risorsa sociale, che la aiuterà a uscire dall’imbuto della recessione. Un imprenditore che chiunque abbia torto o ragione non si entusiasma per le contrapposizioni con i lavoratori, che sa essere la sua principale risorsa; che cerca invece sempre più momenti di condivisione, di intuizioni e obiettivi, di unità di intenti tra quanti operano per far riprendere all’industria e ai servizi italiani il loro spazio, il loro ruolo nel mondo.
 
 

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