Giordania: raid aerei contro la droga

Il governo giordano ci ha provato fin da agosto 2023 a dialogare con quello siriano alla ricerca di una strada per contrastare se non bloccare il traffico di droga, nella fattispecie di captagon, che dalla Siria di Bashar al Assad entra in Giordania. Ma il dialogo non ha finora prodotto risultati.
Foto di archivio - Un fermo immagine tratto da un video della guardia di finanza di Napoli, 1 luglio 2020. La Guardia di Finanza di Napoli ha sequestrato nel Porto di Salerno un ingente quantitativo di droga, 14 tonnellate di amfetamine, 84 milioni di pasticche col logo "captagon", prodotte in Siria dall'Isis per finanziare il terrorismo. ANSA/GUARDIA DI FINANZA NAPOLI EDITORIAL USE ONLY NO SALES

Dopo aver abbattuto diversi droni che trasportavano pasticche di captagon, alla fine, dal 9 gennaio scorso, aerei militari giordani sono penetrati nella confinante provincia siriana di Sweida, effettuando raid aerei contro centri di produzione e depositi di droga, in particolare nelle città di Shaab e Arman, dove è stata bombardata la fattoria di uno dei principali trafficanti di droga della regione, che sarebbe rimasto ucciso insieme alla sua famiglia. I militari giordani hanno dichiarato che i raid aerei continueranno.

Dalla Siria, la droga entra in Giordania per poi essere distribuita nel regno hashemita e soprattutto transitare verso altri Paesi del Golfo Persico, Arabia Saudita ed Emirati prima di tutto, ma non solo. Negli ultimi anni, infatti, il captagon si è sempre più diffuso fra i giovani in diversi Paesi mediorientali.

Le altre direttrici di diffusione della droga sono tre: verso la costa siriana del Mediterraneo e il Libano, da cui partono soprattutto navi dirette in Europa (anche in Italia); in Turchia i carichi arrivano transitando da Idlib e dalle zone del nordovest siriano occupate dai resti delle milizie anti-regime; passando attraverso il poroso confine fra Siria e Iraq (il deserto di Badia, in cui si nascondono cellule dell’Isis), grandi quantitativi di droga arrivano a Baghdad, tanto che nell’arco di pochi anni la tossicodipendenza fra i giovani iraqeni si è molto diffusa.

Abu hilalain (padre di due mezzelune) è il nome in gergo del captagon siriano: le due mezzelune indicano la “c” (iniziale di captagon) impressa sui due lati di ciascuna pasticca. Ogni pillola sarebbe venduta ai consumatori ad un prezzo medio di 20-22 euro, ma a fini promozionali può anche scendere molto al di sotto di questa cifra; produrla, invece, costerebbe meno di 5 euro.

Il captagon è un’anfetamina, anzi si tratta di fenetillina, un composto sintetico derivato dal raddoppiamento molecolare tra metamfetamina e caffeina. Induce in chi la assume effetti stimolanti che cancellano fatica, paura e dolore, e provocano un’euforia che può durare anche ore. Il consumo prolungato crea dipendenza fisica e psicologica. È conosciuta come droga dell’Isis o del jihad, perché i miliziani curdi ne avrebbero trovate grandi quantità nei luoghi frequentati dalle milizie dello Stato islamico, dopo la loro sconfitta. Fonti israeliane sostengono che pasticche di captagon siano state trovate nelle tasche di alcuni terroristi di Hamas catturati o uccisi dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023.

Fino al 2011 il captagon era prodotto soprattutto in Libia e Libano (e in Bulgaria), ma dopo la repressione delle rivolte la Siria ne sarebbe diventata in pochi anni il maggiore produttore ed esportatore. Inizialmente forse in cambio di armi e denaro (per aggirare le sanzioni), finché, secondo il New Lines Institue for Strategy and Policy (think tank statunitense), nel 2021 il captagon siriano sarebbe arrivato a produrre un valore commerciale (probabilmente sottostimato) di 5,7 miliardi di dollari, vale a dire di gran lunga la maggiore risorsa economica del Paese, che viene oggi considerato un narco-Stato a tutti gli effetti. Nonostante le smentite ufficiali, infatti, il regime di Assad appare molto coinvolto nella produzione e distribuzione della droga. Oltre alla Giordania ed a molti altri Paesi della regione, ne sono convinti anche gli Usa, che l’anno scorso hanno imposto sanzioni nei confronti di un fratello e due cugini del presidente Bashar al Assad, accusati di dirigere la produzione e il traffico internazionale di captagon. Pare che all’affare non siano estranei anche esponenti di Hezbollah e frange istituzionali del regime iraniano, i maggiori sostenitori, insieme alla Russia, di quella parte di Siria rimasta in qualche modo sotto il controllo della famiglia Assad.

L’allarme per la continua e crescente diffusione (dal 2016) del captagon siriano in diversi Paesi del Medio Oriente (e per gli effetti sociali negativi che induce) è venuto soprattutto da Giordania e Iraq, che hanno interpellato la Lega Araba, di cui la Siria è membro: riammessa a maggio 2023, dopo 12 anni di esclusione.

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