Giordani e il disegno di Dio nella storia
Profezia e politica
«La profezia e la politica, intesa come impegno civile per una società più giusta, possono incontrarsi in alcuni tornanti della storia» (p. 5). Con queste parole si apre la prestigiosa prefazione a Igino Giordani. Un eroe disarmato (A. Lo Presti, Città Nuova 2021) scritta dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. In Giordani il capo dello stato vede dispiegarsi, con profondo e non retorico sguardo, una di quelle feritoie che filtrano la luce di Dio nelle complesse, e molto spesso drammatiche, vicende umane.
Ci sono persone che sanno incarnare una speranza che non passa impegnandosi con radicale umiltà, luminosa sapienza e incrollabile fede, nelle difficili sfide del proprio tempo. Quando questo accade, si assiste a qualcosa di più che ad un esempio eroico; profondamente, si fa esperienza dell’intimo legame fra due dimensioni – eternità e quotidiano – che a tutta prima sembrano escludersi. Come è possibile? Possiamo dire che la nuova biografia scritta da Alberto Lo Presti, direttore del Centro Igino Giordani, sia la risposta a tale interrogativo; e possiamo anche aggiungere che il presidente Mattarella ne tratteggia, fin dalle prime pagine, il filo rosso che lega i diversi risvolti della risposta: «Igino Giordani è stato uomo di unità. Nella comunità cristiana e nella società civile. Dimostrò con la vita, e l’intensa spiritualità di cui era capace, che potevano coesistere l’ascesi e l’impegno incessante per gli altri» (p. 6).
La novità della biografia
Eppure ci si potrebbe chiedere: perché una nuova biografia? Non è già stato scritto abbastanza – e da autorevoli voci come, fra gli altri, Bernardo Mattarella, padre dell’attuale capo di stato – su questo straordinario uomo del XX secolo? Scorrendo le pagine del libro, ci si accorge che in realtà si è di fronte a qualcosa di nuovo. L’eroe disarmato tratteggiato da Lo Presti è raccontato in tutti i suoi molteplici aspetti; l’opera, infatti, si dedica a tutta la vita di Giordani, anche a quelle dimensioni meno note, come la vita familiare, la sua entrata nel terz’ordine domenicano, i risvolti, anche personali, del suo impegno politico, l’incontro con Chiara Lubich e, non da ultimo, quello straordinario periodo di profonda comunione e ricchezza spirituale che fu il Paradiso ’49. Così si è accompagnati in una storia che non è solo quella di Foco, come lo chiamava Chiara Lubich, ma anche quella d’Italia, dell’Europa e del mondo. Impreziosiscono il testo, inoltre, non solo la già citata prefazione, ma anche la postfazione della figlia Bonizza, il prospetto cronologico della vita, nonché l’elenco completo dei libri pubblicati da Giordani.
Una cultura di pace
Appaiono particolarmente attuali e, per così dire, disponibili a profonde risonanze, le pagine relative all’impegno politico di Giordani e ai principi che l’hanno ispirato. Come quando, da direttore de Il Popolo, nel gennaio del 1947 – e quindi in piena guerra fredda – riprese un discorso di Churchill sull’Europa per scoccare una delle sue luminose e infuocate frecce sapienziali: «Si dovrebbe uscire da questa situazione assurda di lento suicidio, nella quale le sole prospettive di pace sono date dalla guardia della Bomba atomica, quest’arma misteriosa di indiscriminata distruzione. Anche nell’età nera c’era la paura; ma lenita, almeno, dalla fede. Oggi essa ha assunto un potere terrifico che attanaglia sul continente cristiano trecento milioni di anime. Eppure basterebbe un attimo, un gesto, per porvi fine: basterebbe unirsi: vivere uniti anziché morire separati» (pp. 138-139).
Sarebbe consolante pensare che questa paura sia un mostro di cui ci siamo liberati, ma gli armamenti atomici sono ancora lì e tengono in scacco le speranze d’unità, giustizia fra popoli, solidarietà internazionale che l’umanità agogna. Ed è anche per questo che l’idealità di Giordani risuona attuale e ci invita ad armonizzare l’impegno per un mondo migliore con uno sguardo che sa dirigersi verso quello che anima, da dentro e profondamente, la storia. Questa, infatti, è secondo Giordani il «quinto vangelo» in cui si mostra il disegno di Dio, il progetto di riunire tutta l’umanità in Cristo, in quell’unità molteplice che è lo stesso Spirito Santo, che unisce Gesù e il Padre e che si può vivere con chi vive accanto a noi. Questa consapevolezza si radicò negli anni della formazione, fiorì nella ricca ricerca che lo impegnò da studioso e nell’impegno politico all’Assemblea costituente e durante la prima legislatura repubblicana, e maturò definitivamente quando entrò nel Movimento dei Focolari di cui divenne co-fondatore.
Valori alti e cose del mondo
Come ha ricordato Lo Presti in occasione della presentazione del libro a Rocca di Papa lo scorso 18 aprile – in occasione del 41° anniversario della morte di Giordani -, il mistero a cui tutta la sua esistenza ha guardato possiamo facilmente rinvenirlo dentro di noi: come vivere fondando la propria esistenza su valori alti e profondi e, allo stesso tempo, immergendosi in pieno nelle cose del mondo? Per cercare una risposta Giordani ha studiato i Padri della Chiesa, i teologi medievali e moderni, l’impegno politico dei più importanti rappresentanti del cristianesimo democratico. Alla fine, l’ha trovata compiutamente in Chiara Lubich.