Gioia contagiosa
Durante un weekend di novembre mi sono recata ad Assisi per partecipare a un laboratorio di affettività organizzato dalle suore francescane che ha come nome “Con tutto il cuore”. Quando uno arriva in quel luogo per me ormai abbastanza familiare, non può che sentirsi a casa: la calda accoglienza, l’armoniosa distribuzione degli spazi che sembrano avvolgerti in un abbraccio già nel mettere il primo piede dentro, la gioia che trasmette la comunità che in essa abita e il sentirsi al posto giusto circondato da decine di coetanei.
Infatti, in questa occasione erano oltre cento i giovani che hanno partecipato al ritiro, incentrato sul tema della corporeità e della sessualità. Emoziona, a dire il vero, il fatto di vedere tante anime arrivate da ogni angolo d’Italia, con la pretesa di dare un senso ai loro vissuti e sentimenti, di dare un nome alle proprie emozioni, di sanare le ferite che si portano nel cuore e che mettono a rischio la capacità e libertà di amare.
Sono spazi di incontro e confronto, di riflessione e di dialogo, in cui si respira una profondità fuori dall’ordinario. In questa casa, ho conosciuto persone che aliene alla mia esistenza fino al giorno prima, hanno aperto i loro cuori per condividere con me il dolore, l’inquietudine o i turbamenti che portavano dentro. E così è accaduto anche a me, in un’atmosfera liberante che dà alla persona gli strumenti per prendere in mano la propria vita e ricostruirla con nuove certezze e con la consapevolezza di non camminare da soli.
Per questo, credo che quei due giorni ad Assisi, che in fin dei conti passano troppo velocemente ma che vissuti con intensità sembrano una settimana, diano nuovi occhi, permettendo di guardare con speranza la bellezza della vita che spesso pensiamo stia andando in frantumi. Di fatto, uno degli inviti che abbiamo ricevuto, alla fine della giornata, dopo tutti i fallimenti e gli sbagli accumulati, è stato quello di alzare gli occhi al cielo e consegnare al Padre un cuore frantumato perché ha molto amato. Proprio come quello di quell’uomo che per amore dell’umanità donò tutto il suo corpo su una croce, morendo a sé stesso per guadagnare la Vita.
Se il viaggio di andata lo avevo intrapreso da sola, nel rientro a casa eravamo una decina quelli che ci siamo ritrovati a prendere lo stesso treno. Siccome il tempo del ritiro effettivamente era stato breve e noi eravamo più di un centinaio, evidentemente non siamo riusciti a conoscerci tutti, per cui abbiamo colto l’occasione per continuare a presentarci e parlare dei vari corsi del Progetto Giovani che abbiamo frequentato. Io mi sono seduta affianco a una ragazza più o meno della mia età che però non ricordavo di aver visto durante il laboratorio. Mentre chiacchieravamo, ha chiesto a me e altri se fossimo andati al corso vocazionale. Lì ho capito che non era stata con noi. Non ancora. Maria ci ha raccontato che era andata a trascorrere la giornata ad Assisi perché ne aveva sentito il bisogno. Stava passando un duro periodo e aveva la necessità di uscire di casa e andare da qualche parte, anche se non sapeva dove di preciso. Si sentiva confusa, e comunque allontanata dalla sua fede. Ci teneva a dirci che lei prima era molto praticante e partecipava assiduamente all’Eucaristia, ma che adesso non sapeva più se voleva continuare a credere. E mentre parlava, con le lacrime che le affioravano agli occhi, non ho potuto fare a meno di notare il braccialetto con la croce e l’anello decenario che indossava.
È venuto naturale, non siamo riusciti a trattenerci e abbiamo girato anche a lei il volantino delle attività che organizzano le suore durante l’anno. La nostra nuova compagna di viaggio era stupefatta. Non eravamo le prime a presentarle una proposta che in qualche modo la riavvicinava a Dio, dato che precedentemente aveva incontrato una donna che le aveva suggerito di visitare la chiesa di San Damiano. Conoscendo la storia, non mi sembra casuale e le racconto che fu in quello stesso tempio che san Francesco di Assisi chiese davanti al crocifisso che cosa fare, pregando insistentemente per ottenere luce, fede e speranza per la sua vita.
Io e Maria scendiamo alla stessa fermata. Prima di farlo però, mentre sentiamo gli altri che ridono e scherzano, mi guarda e ripete per due volte: «Gioia contagiosa». La stessa gioia che ci hanno trasmesso le suore alcantarine rendendo credibile ancora una volta il messaggio di Cristo: che siamo esseri amati fatti per amare; e che fa sì che chi inizia lì un percorso non possa fare a meno di tornarci e di invitarvi genuinamente quelli che ritrova nel viaggio della vita.
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