Gioco d’azzardo. Lo sciopero e il premio

La proposta è quella di prendere un caffè nei locali che hanno chiuso con le slot. Spiegare e diffondere i motivi di questo agire premia i commercianti e crea una comunità capace di incidere anche sulle decisioni legislative. Il commento di Matteo Iori, della campagna “Mettiamoci in gioco” all'idea degli economisti Becchetti, Bruni  e Pelligra
Giocatori davanti alle slot machine

Chi governa la città? Se non bastano interi palazzi e negozi specializzati nel gioco a diffondere la rincorsa disperata al denaro, ora che vengono invasi anche i bar con insegne luccicanti a segnalare  “sale slot” all’interno del locale da sempre simbolo della convivialità italiana, ci si domanda quale indirizzo politico trasversale alla destra e alla sinistra governi le nostre istituzioni.

I sindaci lamentano di non avere potere in materia e possono solo chiedere di cambiare la legge. Non possiamo davvero far nulla per sostenere quegli esercenti che si rifiutano di pagare l’affitto del locale con i proventi delle macchinette mangiasoldi? Chi lo fa, in tempo di crisi, compie un atto eroico se si tiene conto che solo nei primi 4 mesi del 2013 ben 4 mila aziende aderenti alla Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) hanno chiuso i battenti, aggiungendosi alle 32 mila del quadriennio 2008-2012.

La proposta avanzata da economisti come Luigino Bruni, Leonardo Becchetti e Vittorio Pelligra parte dall'agire personale:  decidere di prendere il caffè solo nei locali liberati dall’ipoteca del gioco d’azzardo. Una scelta che se osservata da un  numero elevato di persone convinte a rendere pubblica la motivazione del proprio gesto, finisce per incidere a livello sociale e politico. Ne sono convinti quelli del cash mob, l’iniziativa nata negli Usa per organizzare festosi acquisti di massa in negozi che meritano di essere sostenuti.

Bisogna rendere riconoscibile e meritevole di stima concreta il negozio  e il proprietario che hanno deciso di non scommettere sulle macchinette rischiando entrate sicure. Alla radice di questa scelta non c’è un ragionamento buonista o moralista, ma una concezione di uomo e società che esprime il filone etico dell’economia civile a cui si aggiungono le valutazioni del pensiero economico internazionale in tema di sviluppo e e declino.

Sulla proposta rilanciata da Luigino Bruni in una intervista all’eco di Bergamo abbiamo chiesto il parere di Matteo Iori, presidente del Conagga (Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo), tra i primi sostenitori della campagna Mettiamoci in gioco

Che margini di incidenza può avere, a suo giudizio, questa scelta di premiare i locali "no slot"?

«Reputo questa forma di azione molto importante; non tanto perché la trovo premiante da un punto di vista economico nel “costringere” gli esercenti a togliere le slot machine,  quanto per il valore culturale che è insito all’azione. Da un punto di vista economico sappiamo che nel 2011 ogni slot machine italiana, in media, ha portato agli esercenti un ricavo mensile netto di 540 euro. Ciò significa che con 3-4 slot machine un esercente in media si poteva pagare l’affitto del bar. Per questo motivo dubito che qualche cliente che evita la consumazione possa davvero rappresentare una messa in discussione economica del business dell’azzardo. 

Ma allo stesso tempo sono assolutamente favorevole a questa azione per la crescita culturale che comporta. Dei clienti che non fanno una consumazione e che manifestano con chiarezza il loro disappunto e il motivo della loro azione, diventano una splendida occasione di riflessione per tanti altri clienti e per gli esercenti stessi. A Reggio Emilia, città nella quale vivo, abbiamo più volte sperimentato qualche azione analoga. Nonostante le perplessità sollevate e alcune critiche, non sono mancati i plausi di altri clienti e anche le reazioni comprensive degli esercenti che spesso si dicevano a loro volta in difficoltà e in crisi personale per la gestione di questi giochi d’azzardo».

Quale forma di premio concreta potrebbe aiutare gli esercenti responsabili ?

«Da alcuni mesi sto collaborando per la costruzione di una proposta di legge sul gioco d’azzardo nella regione Emilia Romagna. Tra le proposte inserite c'è quella di una serie di attenzioni per gli esercenti che scelgono di non promuovere proposte d’azzardo. E in particolare si garantisce una vetrofania con il marchio SlotfreER (dove ER sta per Emilia Romagna), delle possibili riduzioni fiscali legate a tasse regionali e possibili riduzioni fiscali legate alle tasse locali o maggiori permessi (ad esempio per aperture distese in estate o vendite di prodotti di valenza regionale come i biglietti dei treni od altro).

Anche in questo caso a mio avviso nessuna di questa proposte rappresenterebbe una premialità economica sufficiente per risarcire l’esercente dei minori ricavi dati dalle slot tolte, ma sarebbe piuttosto un ulteriore motivo per spingere i gestori più sensibili a fare questa scelta per motivare ancora più persone al consumo consapevole e critico».

Ma esiste una possibilità di incidere sui grandi gruppi che incentivano la diffusione del gioco d’azzardo?

«Non mi interessa particolarmente mettere in difficoltà nessuno, mi interessa piuttosto evitare che continui questa diffusione di gioco e l’assenza di tutela per le persone più fragili che ne diventano dipendenti. Per ridurre questa diffusione basterebbe diminuire il payout (i soldi in vincite per i giocatori) e questo porterebbe meno persone a giocare. Poi si potrebbero aumentare le tasse della filiera del gioco e questo renderebbe l’affare molto meno interessante per le aziende, e infine dare i fondi ricavati da queste due voci allo Stato per la cura dei giocatori patologici, per la ricerca, per le attività di prevenzione e informazione sui rischi. E’ ovvio che una cosa del genere dovrebbe essere una chiara scelta politica a livello nazionale e non a portata del singolo cittadino. Ma il cittadino può già fare molto: attraverso il consumo critico già indicato e non dando per scontata questa situazione, e chiedendo ai propri politici locali scelte chiare in questo campo».

Quale provvedimento d’urgenza potrebbe adottare il governo con il parlamento attuale per sostenere comportamenti virtuosi in questo campo? 

«Basterebbe costruire un fondo che preveda che l’1% dei fondi spesi al gioco d’azzardo siano destinati a cura, trattamento, ricerca, prevenzione sul gioco d’azzardo e una parte si potrebbe legare a riduzione di imposte per chi sceglie di eliminare le proposte di gioco d’azzardo. Finanziando questa percentuale con un terzo proveniente da minori vincite per i giocatori, con un terzo proveniente dall’aumento delle tasse per la filiera industriale del gioco, e con l’ultimo terzo con risorse proprie. In questo modo lo Stato riconoscerebbe la propria diretta responsabilità nell'avere continuato a promuovere giochi d’azzardo per fare cassa sulle spalle dei cittadini più fragili».

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