Giochi d’azzardo e lobby
Senza alcuna remora il ministro della Salute Renato Balduzzi ha denunciato «l’assalto delle lobby» in Parlamento sulla diffusione del gioco d’azzardo. Con «emendamenti notturni» inseriti in maniera «corsara» alcuni parlamentari hanno cercato di affrettare i tempi per far aprire da gennaio 2013 altre mille sale da gioco dedicate al poker dal vivo. In sostanza si tratta di anticipare, con la legge di stabilità, l’applicazione di una norma contenuta nella manovra finanziaria del 2011, promossa dal ministro Tremonti, per giugno 2013, nel quadro di una liberalizzazione e legalizzazione del gioco d’azzardo che avrebbe ricadute positive sul bilancio dello Stato, sia per gli importi versati dai concessionari sia per la creazione di 25 mila posti di lavoro.
Già per il 2012 si prevede che la raccolta proveniente dal settore dell’azzardo raggiungerà, in Italia, i 103 miliardi di euro tra guadagni legali (88 miliardi) e illegali (15 miliardi). Queste cifre confermano il primato europeo del nostro Paese e il terzo posto a livello mondiale con 120 mila addetti e il coinvolgimento di cinquemila aziende, tra grandi e piccole. Se, come osservano alcuni economisti come Luigino Bruni, lo Stato si comporta da biscazziere che incentiva e favorisce il gioco d’azzardo, palesa una visione pessimistica sull’uomo, per altri si tratta di una leva formidabile per la crescita e diffusione del benessere. Molti, infatti, ricorderanno l’annuncio fatto dall’ex presidente del consiglio Berlusconi di aprire un grande Casinò a Lampedusa per risarcire l’isola stressata dai troppi sbarchi di immigrati clandestini.
Così mentre gli emendamenti che spalancano le porte all’azzardo vengono aggiunti nottetempo al Senato, non bisogna dimenticare il mistero sulla scelta del comandante del pool informatico della Guardia di finanza, il colonnello Umberto Rapetto, che ha dichiarato di congedarsi dal corpo di polizia finanziaria dopo le pressioni ricevute a seguito dell’indagine culminata con una multa da 98 miliardi di euro nei confronti di alcuni concessionari di videopoker.
La legalizzazione del gioco d’azzardo è già andata oltre le sale e i negozi dedicati, per spostarsi sul web con i giochi online. Una scelta criticata dal presidente della commissione antimafia, Giuseppe Pisanu, perchè nonostante la possibile entrata di cinque miliardi nelle casse dell’Erario, si tratta, pur sempre, di un settore che seppur “legale” si presta al rischio di infiltrazione della criminalità organizzata. Secondo Pisanu, «per ogni euro che entra nelle tasche dello Stato proveniente dal gioco lecito, ce ne sono almeno altri dieci che finiscono nelle tasche della criminalità organizzata, da gioco lecito e illecito».
Sarà difficile tuttavia invertire la tendenza generale se solo si considera la diffusione delle slot machine in Italia: una ogni 150 abitanti. Parlare di lobby dunque non è certo un’esagerazione e la contesa tra questi gruppi di interessi e l’associazionismo appoggiato da poca stampa, come Avvenire e Città Nuova, sembra già segnata. Il settore gioco d’azzardo è la terza impresa nazionale se prendiamo il fatturato dei tredici concessionari attuali evidenziati nel dossier “Azzardopoli”, curato da Daniele Poto per Libera: Lottomatica, Sisal, Codere, Snai, Cirsa, Cogetech, Gamenet, Bplus (già Atlantis), Hbg, Gmatica, Tti Rb Holding, Rti Merkur e Rti Intalot. L’elenco serve a capire chi sono gli attori di un’attività in forte crescita in tempi di crisi economica. Lottomatica è un vero colosso con il gruppo De Agostini che detiene il 54 per cento, seguita da Mediobanca al 12,73 e il Gruppo Generali al 2,85 per cento.
Resta il fatto che nonostante le avvertenze sul gioco sicuro o messaggi come «gioca il giusto», in Italia esistono 800 mila giocatori adulti patologici, e un milione e 720 mila giocatori a rischio, secondo la ricerca curata dal centro sociale Papa Giovanni XXIII con il Conagga (Coordinamento nazionale gruppi per giocatori d’azzardo). Sintomo di un disagio che non può riguardare solo il ministro della Salute.
Prima di rassegnare le dimissioni il governo tecnico sembra che sia riuscito a sventare l’assalto delle lobby sul fronte delle sale poker dal vivo facendo valere motivi di carattere amministrativo e di ordine pubblico, ma si tratta solo di una scadenza rimandata. Balduzzi, perciò, non può essere lasciato da solo nella sua denuncia, che viene presentata, da certe fonti di informazione, con toni da crociata e da guerra santa. La società civile ha ancora voce se si sveglia dal torpore. A Roma lo storico cinema Palazzo è stato occupato per evitare che venisse trasformato in una sala da scommesse. La provocazione è forte ma bisognerebbe fare un giro al Parco Leonardo di Time city inaugurato nel novembre 2012 nella stessa capitale: 4 mila e cinquecento metri quadrati di sale Bingo, videolottery e scommesse sportive. Tutto è pronto anche per le sale da poker dal vivo. Resta la domanda sulla città e sui cittadini che vorremmo.