Gio, dammi il tuo cuore

La parrocchia come terra di missione e di servizio per la piccola "famiglia" nata da Giovanna Spanu.

Del Correggio, il duomo di Parma ospita una delle opere più stupefacenti, quell’Assunzione che sembra spalancare la volta della cupola ed aspirare gli spettatori nel vortice, dietro a Maria, verso l’infinito. Quante volte Giovanna si sarà fermata là sotto col naso all’insù? Me lo chiedevo il 9 dicembre scorso nella chiesa parrocchiale che l’ha vista tante domeniche cantare e pregare e in cui un grande affresco, dedicato allo Spirito Santo e alla Madonna, la raffigura da ragazza in un gesto spontaneo di gioia. In quella giornata a lei dedicata, a cinque anni dalla morte per tumore, ho ascoltato testimonianze di un originale processo popolare di beatificazione. Sì, chi ne parlava la definiva unica, mamma, angelo protettore, sempre presente, e a lei attribuiva svolte importanti della vita: la fede riscoperta o il coraggio di affrontare una storia a due, la forza per non arrendersi in una sala di rianimazione o la luce per ridire un sì. Quella dello Spirito Santo a Parma è la parrocchia dove Giovanna Spanu, sarda di Bidunì nel sassarese, aveva scelto di vivere, normalissimamente, ma con l’ardore d’una contemplativa e la meticolosa organizzazione di un amore che nulla lascia al caso. Tutto era cominciato dalla lettura di una nota meditazione di Chiara Lubich: Se vuoi conquistare una città all’amore di Cristo, se vuoi trasformare un paese in Regno di Dio, fa’ i tuoi calcoli. Prenditi degli amici che abbiano i tuoi sentimenti… statuisci con essi un patto…. Gli amici sono i ragazzi e le ragazze che bazzicano attorno all’oratorio animato da don Bruno Folezzani. Le attività, i campi estivi e i servizi ai bisognosi sono quelli di una qualsiasi periferia di una cittadina di provincia in rapida espansione; pure le esperienze interiori e di gruppo fanno della vita di Giovanna una foto assai tradizionale di un’adolescente degli anni Settanta. Se non che, ad un tratto, si sente afferrare da Cristo, dal suo invito a dargli tutto, e ne viene trasformata, tanto che a 26 anni lascia fidanzato e genitori e mette su casa con Gesù andando ad abitare in una soffitta. Di quell’inverno del 1981 all’ultimo piano di via Santa Eurosia n. 37, racconterà come una sposa potrebbe parlare pudicamente della sua luna di miele: Se fossi stata una regina sarei andata a vivere in una reggia… non ero una regina però sentivo che era una reggia lo stesso. Quell’anno era un viaggio di nozze, uno stare con Gesù dal mattino alla sera. Con lui mangiavo, scherzavo, facevo tutti i lavoretti. Siccome era una soffitta, non c’era una porta come in un appartamento, perciò la mia casa era sempre aperta. Allora qualcuno mi diceva: Ma non hai paura a stare da sola?; e io rispondevo: Perché? Non sono sola, ho Gesù con me. Realmente mi sentivo con Gesù, stavo con Gesù. Ricordo quelle preghiere accanto al letto, i momenti in cui mi nutrivo di Gesù, con la sua Parola. Una testimonianza del genere non passa inosservata. Nella mia stanza c’era un letto matrimoniale che avevo diviso, ma non avevo tolto il secondo letto, non mi sembrava bello… Come succede per una mamma: sa che i figli verranno, magari non sa quanti saranno, belli, brutti, bravi… ma sa che verranno. Infatti sono venuti!. È il 3 novembre 1982, è passato solo un anno dalla scelta di Giovanna. Susanna mette piede un giorno in quella soffitta. Chiede a Gio’ dove dorme, e lei le indica il primo letto, quello vicino alla porta. Susi con naturalezza va a sedersi sul secondo e: È un po’molle. Mi ci dovrò abituare! . È un attimo misto di stupore e di luce. Poi un lungo abbraccio. Nel diario di quella sera resta scritto: Un anno fa per la prima volta con te abbiamo occupato questa casa e, dopo un anno, il dono più bello che tu, sposo mio, potevi donarmi: una sorella che, con te, con me, insieme sceglie questo ideale, stile nuovo di vita. L’anima mia esulta in te, ti rendo grazie, canto tutto l’amore e la gratitudine. È sufficiente un anno perché nasca un figlio. Grazie, Gesù. Vengono presto altre compagne: Stefania, Ilaria, Betta, Irene… e Giovanna le educa ad essere quella famiglia accanto al pastore che avverte come loro specifico compito nella Chiesa. È importante quella meditazione di Chiara: Se siamo uniti Gesù è fra noi: vale più di tutto, vale più della catechesi, della liturgia… Vale più vuol dire viene prima: prima degli impegni di parrocchia, prima delle iniziative, prima della pastorale. Questo amarci tra noi, vivere il comandamento nuovo, viene prima. Allora si vede che il vero pastore che ci guida è proprio Gesù in mezzo a noi, il primo Pastore. Qualcuno ritiene presunzione quel modo di parlare e per di più in una parrocchia dove è chiaro che tutti sanno già tutto quel che c’è da sapere del Vangelo. Glielo dice, e Giovanna risponde: Non è presunzione, è la bellezza e la gioia di vedere che è vero, che è davvero possibile vivere il Vangelo, gli Atti degli apostoli. La Piccola comunità apostolica – come presto si denominerà quella piccola famiglia – cresce, ama, capisce sé stessa: Andava crescendo in me un amore e una coscienza nuova della parrocchia, di quel luogo dove il Signore mi aveva messo, mi aveva fatto nascere alla vita cristiana, fatto crescere… è lì che ho scoperto Dio per la prima volta. Facevo dei pensieri molto semplici, semplicissimi: una parrocchia, ottomila abitanti, un sacerdote. Ma non si può considerare questa una terra di missione? È vero, non si prende nessun aereo, non si va lontano, non si parla una lingua straniera… ma quanti fratelli e quanti poveri! Oppure quanti ricchi, ma poveri di fede, di affetto. E poi quanti anziani, giovani, bambini, vecchi, sani… tutti! Quante persone per cui dare la vita, per cui amare, per cui soffrire. Mi dicevo: qui ci può essere la mia Mariapoli, qui ci può essere la mia Loppiano, qui ci può essere il mio convento, qui la mia missione. Oggi la Chiesa di Parma custodisce una originale famiglia di persone donate a Dio, piccola come un pizzico di lievito, ma capace di fermentare una comunità parrocchiale e, attraverso di essa, la città intorno. Forse occorre proprio che Dio sia tutto per qualcuno, affinché per tutti egli sia Qualcuno. Giovanna lo sta a dimostrare, per quanti hanno avuto l’avventura di incontrarla nella vita, e comunque per tutti quelli che vogliono trasformare un paese in Regno di Dio.

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