Gibì e Doppiaw ritorno al paese natale

Nessuno è profeta nella propria patria. Verità sacrosanta! Eppure quei due furbacchioni di Gibì e Doppiaw sono stati capaci di sovvertire il dettato di quella regola aurea. Hanno saputo circuire, fino a renderseli complici, artisti e docenti universitari, registi e critici d’arte. Sono così riusciti a seminare lo scompiglio in tutta la Val Gardena, a farsi beffe dello sguardo severo del Sassolungo e a sconvolgere e coinvolgere la tranquilla e riservata popolazione della zona. E non per un pomeriggio o per un’intera giornata, che sarebbe già troppo. Quei due soggetti, con le esondazioni del loro garbato umorismo e con il terremoto provocato dalla fine levità dei loro messaggi, sono stati capaci di tenere banco ad Ortisei (Bolzano) da settembre a novembre. C’è da ritenere – e la Digos e i Ros, d’intesa con i ministeri dell’Istruzione e della Salute, hanno avviato segretissime indagini – che la laurea honoris causa in altruismo, conferita a Gibì e Doppiaw dall’università di Verona giusto due anni fa, abbia dato alla testa – o, forse, al cuore – ai due protagonisti di tante felici strisce. In un supposto delirio d’onnipotenza (ahimé, nessuno è perfetto), o più semplicemente in un attacco d’incurabile generosità, è molto probabile che quegli imprevedibili buontemponi abbiano architettato un dettagliatissimo piano per esprimere al meglio la loro riconoscenza verso Walter Kostner, l’artista dalla cui fantasia sono nati. Armati di gratitudine e della voglia di giocare qualche simpatico tiro, Gibì e Doppiaw sono riusciti ad incastrare il malcapitato disegnatore e a mettere su festeggiamenti ufficiali proprio nella sua patria d’origine. L’aveva lasciata trent’anni fa e da allora i concittadini non aveva saputo molto di dove fosse finito e cosa facesse quel figlio dello scultore del legno. L’operazione d’accerchiamento nei confronti del “papà” dei due eroi è iniziata a settembre e ottobre sotto l’egida del dipartimento di scienze dell’educazione dell’università di Verona. Il prof. Michele De Beni, docente di pedagogia sperimentale, ha tenuto, proprio ad Ortisei, un corso di formazione in quattro appuntamenti su “Educare ai valori nella società complessa”. Vi hanno preso parte quasi la metà della settantina di insegnanti della valle. Una partecipazione inattesa. “Il percorso formativo – ha commentato alla fine De Beni – aveva lo scopo di ritrovare insieme agli insegnanti il senso dell’educarsi e dell’educare ai significati profondi dell’esistenza: pensare bene e fare bene, rispetto e coerenza, ascolto e solidarietà “. Scusi, accademico, ma cosa c’entravano Gibì e Doppiaw? “Le loro storie fanno vedere come vivere quei valori nelle diverse situazioni reali. La mostra offre fasci di luce a docenti, genitori e studenti sulle possibilità di una bella convivenza”. Una mostra? Eh, sì, un vero e proprio allestimento di classe nel Palazzo dei congressi a Ortisei per proporre le epiche gesta dei due simpaticoni. Le iniziative facevano parte del progetto “I tesori di Gibì e Doppiaw”, i cui protagonisti – nonostante l’evidente complesso di superiorità che li ha afflitti nella circostanza – hanno saputo conquistare la simpatia e l’appoggio non solo dell’amministrazione comunale, dell’università di Verona, dell’editrice Città Nuova, della rivista il Quaderno Montessori, di Azur Loppiano, ma anche dell’Istituto culturale ladino “Micurà de Ru”, dell’Istituto pedagogico ladino e dell’Intendenza delle scuole ladine. A Ortisei, infatti, località nel cuore delle Dolomiti, si parlano correntemente tre lingue: italiano, tedesco e ladino. Dei 35 mila abitanti della zona che si diparte dal massiccio del Sella – dalla Val Badia alla Val Gardena, dalla Val di Fassa a Cortina d’Ampezzo -, ben 30 mila sono Ladini. Da poco hanno compiuto i 2.000 anni di storia, dato che le popolazioni indigene, i reti, annesse all’impero romano, adottarono il latino popolare e lo trasformarono gradualmente nella lingua tutt’oggi ancora parlata. Ai ladini – ecco il punto – appartiene la famiglia Kostner. Si è trattato perciò di una festa sia per il casato (e i sei fratelli []di Walter con le loro famiglie non si sono risparmiati nei preparativi) che per la ladinità. Il bello della mostra è stato che non era affatto come le altre, in cui entri, vedi e te ne vai. Era stato preparato uno spettacolo che parlava molteplici linguaggi, dal segno grafico all’immagine televisiva (i cartoni animati dei “due”, coprodotti da Rai e Azur), al sito Internet (www.gibiedoppiaw. com), dalla poesia al teatro, al mimo, alle marionette, alla musica. E ogni visita guidata, a seconda che si trattasse di bambini o di adolescenti, di giovani piuttosto che di adulti, assumeva connotati diversificati ma sempre nel segno dell’incanto e dell’emozione. Ragguardevole, perciò, l’impegno professionale dei curatori, la storica e critica d’arte Lia De Pra Cavalleri, lo scrittore e regista Maffino Maghenzani, senza dimenticare il musicista Leopoldo Verona, alla cui arte e poesia è stata affidata la magìa degli incontri. Così, dal 19 al 24 novembre, il Palazzo dei congressi è diventato meta privilegiata di persone delle più diverse età, una peculiarità che la diceva lunga sulla caratura e l’universalità del messaggio. Ben 27 le classi approdate, dalla materna all’istituto d’arte, alla scuola per scultori. Entravano, talvolta, con tempestose turbolenze, ma non passavano che pochi minuti e si faceva silenziosa bonaccia, rapiti, quei ragazzi, in un’intensità emotiva che li spalancava al mondo di Gibì. Quest’ultimo e il suo degno compare avevano preparato per il povero Walter un finale travolgente, ovvero l’incontro del pubblico con l’autore. L’ultimo giorno, nella sala della mostra stipata con oltre 300 tra grandi e piccini, lo schivo creatore dei due dottori in altruismo è stato costretto ad essere al centro dell’affettuosa attenzione della sua gente e, ancor più, a parlare in pubblico e proprio di sé. Da uomo di mondo, tuttavia, “papà” Kostner ha saputo far tesoro della preziosa opportunità che gli offriva la trappola tesa dalle sue creature. Ha coinvolto i settanta e più bambini assiepati in prima fila nel creare sul momento una storia e disegnarla all’impronta su sette riquadri appesi alle pareti. Nel dialogo con il pubblico, tutto in ladino, secondo logica, Walter Kostner ha fatto rivivere le tappe principali del suo itinerario esistenziale, partecipando anche del suo impegno a livello internazionale per i ragazzi. L’esecuzione in prima mondiale della Ballata di Gibì e Doppiaw, creata per l’occasione da Leopoldo Verona e da lui realizzata in collaborazione con tre musicisti ladini e con un coro di oltre sessanta bambini, ha coronato l’incontro di gioiosità e incontenibile allegria. Poteva sembrare di trovarsi tra gente del sud più che tra riservate persone di montagna, tanto era viva la festa e grande lo stupore degli ascoltatori. Leander Moroder, direttore dell’Istituto ladino “Micurà de Ru”, non aveva dubbi: “Un incontro che per noi rimarrà memorabile”. Arciconvinta la signora Emilia, mamma di Walter: “Ha detto tante cose così chiare, quante in tutte le sue venute a casa non avevo mai sentite raccontare”. Profeta in patria. E anche in famiglia. DE PRA CAVALLERI IL SEGRETO DI UNA SIMPATIA PLANETARIA “Due figure così tonde, così morbide come Gibì e Doppiaw non possono che venire da chi è abituato a plasmare, contengono un volume tipico della scultura, non sono figure di un pittore”. Lia De Pra Cavalleri, storica e critica d’arte, direttore della rivista il Quaderno Montessori, “decodifica”, come dice lei, i due simpaticoni. Sono anche un po’ ladini? “Le radici culturali ladine restano di Walter Kostner che ha fatto nel tempo un grande lavoro su di sé per quell’innata capacità di semplicità che lo contraddistingue. Ha messo a frutto il suo spirito d’osservazione. Chi tace osserva molto ed è in grado di cogliere tanto di più. Questo gli ha consentito di riuscire a trasmettere con un linguaggio assolutamente essenziale situazioni di comportamento che potremmo dire fondamentali, primarie, tant’è che le sue vignette funzionano sia in Giappone che in Brasile, sia negli Stati Uniti che in Europa”. È solo l’essenzialità del messaggio che rende possibile questa sua universalità? “Kostner non riferisce mai storie inventate: è la grande differenza rispetto a Schultz, il pur amatissimo creatore di Charlie Brown, o ad altri grandi come Bozzetto. Questi raccontano storie e personaggi coprendoli di una patina immaginativa. Walter propone invece esperienze, momenti di incontro (e scontro) tra persone, raccontati in modo lieve e spesso giocoso, perché suoi destinatari privilegiati sono i bambini e i ragazzi, e poi perché questo è il suo modo di fare. Non è mai moralista, ma propositivo, con uno sguardo ironico che gli viene dalla frequentazione, nella sua giovinezza, dei tantissimi cugini e amici e dal gusto che hanno in genere tutte le vallate montanare per lo scherzo e per il gioco”.

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