Gheddafi e l’Islam
La quarta sponda (oltre alle tre della penisola italiana) è il titolo di una storia dell’invasione italiana della Libia nel 1911, nella ricostruzione dell’ambasciatore Sergio Romano. A parte il tema specifico del libro di Romano, e cioè la retorica nazionalista dell’inizio dello scorso secolo, la Libia rimane ancora oggi, per l’Italia, una quarta sponda. Nel senso preciso che la Libia di Gheddafi, per ragioni ovviamente diverse rispetto al passato, continua a rappresentare per l’Italia un fattore importante dal punto di vista geopolitico, economico (in particolare per le forniture energetiche), sociale (per l’immigrazione clandestina che spesso parte proprio dalle coste libiche). Il grave episodio dell’attacco al Consolato italiano di Bengasi, lo scorso 17 febbraio, non ha fatto che confermare questa realtà. Stavolta però la questione assume aspetti preoccupanti, perché connessa ai crescenti fenomeni di intolleranza religiosa che si registrano in molti punti del mondo arabo ma anche, irresponsabilmente, nel cuore dell’Europa. I fatti di Bengasi sono preoccupanti anche al di là del fatto che hanno rappresentato una tragica esplosione di violenza costata la vita a molte persone. Gheddafi si è precipitato a cavalcare le tigre evocando, oltre alla questione delle vignette contro il Profeta e della maglietta mostrata in tv dall’ex ministro Calderoli, anche una presunta avversione atavica del popolo libico contro l’Italia a causa del colonialismo, rilanciando la vecchia richiesta di iperbolici indennizzi. La realtà politica è tuttavia alquanto diversa. Gheddafi è senza dubbio un autocrate, ma non è mai stato incline a tentazioni teocratiche. La sua reazione dimostra una chiara difficoltà interna: il timore di una crescente influenza dei gruppi integralisti che sfruttano l’Islam per fini politici mette in discussione, in qualche modo, lo stesso sistema di potere di Gheddafi. Non a caso il leader della Jamahiriya, pochi giorni dopo la vicenda di Bengasi, si è affrettato a liberare 87 esponenti del gruppo dei Fratelli Musulmani, potente movimento islamista che egli stesso aveva messo fuori legge. In questo contesto, appaiono a rischio le vaghe intese tra Italia e Libia sulla riammissione degli immigrati clandestini e soprattutto sulla collaborazione di polizia per fermare all’origine i flussi illegali. La verità è che i rapporti con i Paesi del Mediterraneo non possono più essere concepiti in termini bilaterali. È l’Unione europea che dovrebbe rilanciare il dialogo euro- mediterraneo. In questo senso, la Libia è una sponda che l’Europa non può ignorare.