Gesù nasce tra le macerie del terremoto

Nel mantovano dove 129 chiese su 301 sono andate distrutte o sono inagibili non si rinuncia alle celebrazioni e alla festa. «Siamo stati senza abiti, senza pentole, senza un tetto, ma ho trovato persone che ti fanno sentire a casa anche se la casa non c'è più»  
Chiesa danneggiata dal terremoto

Sono cresciuti ciuffi d’erbaccia sui mucchi di macerie. Erbacce che l’umido di queste terre ha mantenuto in vita, e che il freddo ora ha gelato. Perché la temperatura è tutta da ultimo mese dell’anno. Mantova e il terremoto. Mantova a Natale, per la prima volta con le case da ricostruire e le chiese vuote, senza tetto, o pareti, o campanili. In questa provincia sono stati 14 i comuni colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio scorso, mentre sono stati lesionati 129 edifici di culto su 302, il 42% del totale in diocesi.

Ancora oggi 83 chiese sono inagibili: di queste almeno una cinquantina hanno bisogno da 500 mila a 5 milioni di euro per tornare alla normalità e quindi con tutta probabilità resteranno chiuse per anni. Qui Gesù nascerà tra i detriti, sui mattoni e i calcinacci. Qui tra queste comunità che non si sono perse d’animo, che hanno tirato avanti, le stelle di natale sono sui davanzali, dietro le tende, magari più piccole, ma ci sono.

La novena e il presepe, non mancano a San Giacomo delle Segnate, 1774 abitanti, il 12% sono extracomunitari. Siamo nel basso mantovano, la regione è ancora la Lombardia ma subito lì ci sono i confini di ben 4 province quelle di Modena, Ferrara, Rovigo e Verona. Qui quaranta famiglie queste festività le passeranno fuori, da parenti o ospitate ancora presso altre strutture, perché le loro case sono inagibili. Dieci famiglie invece abitano ancora nei container, dove la coibentazione è quella che è. Mentre il freddo è tanto. Nessuna celebrazione del Natale sarà soppressa. La parrocchiale è blindata da transenne alte e il luogo di culto è diventato il teatro. Qui si celebra la messa da maggio e qui si festeggerà il Natale. Non si è voluto rinunciare a niente di quella che era la tradizione: la festa con le associazioni, la distribuzione di vin brûlé dopo la messa di mezzanotte, e il concerto offerto dal Cai di Cremona. I catechisti con i ragazzi hanno allestito il presepe, e per l’Epifania è prevista la benedizione dei bambini.

Natale, mi raccontano in piazza, sarà anche l’occasione per ricordare chi è stato più sfregiato dal sisma, l’occasione per stare accanto a chi ha perso tutto. Per non dimenticare, si, ma precisa il fornaio, «anche per non piangerci addosso». «Certo il terremoto è una cosa proprio brutta, brutta – dice Annalisa – , che non puoi raccontare, spiegare. Puoi solo far immaginare, a chi non l’ha vissuto cosa significa trovarti d’improvviso senza più un tetto, una angolo di riparo, senza abiti di ricambio, pentole per cucinare. Non puoi immaginare, ma, passato lo sconforto, la paura tremenda, la sorpresa di sentirti fratello di un popolo. Di persone come te che hanno perso tutto, e di altre che non hanno perso nulla, che s’avvicinano, che ti fanno coraggio, che ti fanno sentire a casa anche se casa non ce l’hai più. E’ strano ma ti senti di nuovo vivere, e non guardi più nulla, ma ti butti con gli altri a organizzare, a darti da fare perché non ci sia chi sta peggio di te».

«Per una comunità di credenti e di non credenti ma che si sente unita dentro la realtà di una città o di un paese, quando scompare una chiesa – dice il Vescovo di Mantova  Roberto Busti – scompare anche un po’ di speranza e un po’ di possibilità di fare vera festa. Bisogna recuperare le case perché sono la cosa più importante, la casa è essenziale. Ed è proprio per questo che la casa di tutti diventa essenziale perché lì tutti si incontrano. Lì tutti si raccolgono per ritrovare quella serenità e quella pace che poi uscendo costituisce anche la vita di una città, la civiltà di un paese. Per una comunità, infatti, perdere la chiesa non è solo perdere il simbolo della fede della gente ma è perdere un luogo di identità della comunità. Chiedo di non dimenticarci proprio perché tutte le comunità cristiane che hanno questo dono lo vogliano condividere ancora con noi che non l’abbiamo più e forse non l’avremo per tanto tempo. Per questo io chiedo a tutti di non dimenticare questa gente, di non dimenticare tutti noi».

La speranza, la solidarietà, la famiglia l’ho trovata qui. E ancora una volta Gesù troverà spazio, forse in un modo meno accogliente degli scorsi anni. Ma a Betlemme è stato forse diverso?.

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