Gesù abbandonato e la notte collettiva e culturale

A partire dal mistero di Gesù crocifisso e abbandonato si fa strada un nuovo paradigma culturale improntato alla comunione e alla fraternità universale. Pubblichiamo una conversazione, preparata dall’autrice, per il Convegno ecumenico di vescovi che si è tenuto dal 20 al 27 settembre 2006 al Centro Mariapoli di Castel Gandolfo (sottotitoli a cura della redazione).

Notte collettiva e culturale

Se consideriamo come è oggi il mondo, vediamo che si presenta veramente come è stato descritto da Benedetto XVI, poco prima di essere eletto Papa.

Egli così si esprimeva: “Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero… La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf. Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua e là da qualsiasi vento di dottrina’, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”1. Fin qui il cardinale Ratzinger.

Giovanni Paolo II non aveva esitato a fare un parallelo tra la notte oscura di Giovanni della Croce e le tenebre del nostro tempo, che, come una sorta di notte collettiva, sono calate sempre più sull’umanità.

Dio, infatti, non è più, soprattutto nell’Occidente, l’interlocutore a cui ci rivolgiamo per risolvere i problemi e i quesiti che ci stanno a cuore. Non condivide più il nostro vivere quotidiano.

Si constata con preoccupazione come i valori cristiani facciano sempre meno testo e il dichiararsi cristiano è ormai abbastanza raro.

Viviamo, quindi, in un mondo in cui, per così dire, Dio brilla per la sua assenza e il Vangelo non è più considerato la fonte delle norme etiche.

Le principali feste cristiane, poi, portano sì ancora il loro nome, ma vanno sempre più perdendo il significato religioso.

A questo proposito mi sono ricordata la forte impressione provata nel lontano 1980 a Zurigo in tempo di Natale. Avevo annotato: “… Questo mondo ricco si è ‘accalappiato’ il Natale e tutto il suo contorno, e ha sloggiato Gesù!

Ama del Natale la poesia, l’ambiente, l’amicizia che suscita, i regali che suggerisce, le luci, le stelle, i canti.

Punta sul Natale per il guadagno migliore dell’anno.

Ma a Gesù non pensa”.

Osserva, ancora, Giovanni Paolo II, come il nostro mondo stia diventando sempre più orfano di padre, visto che in molti gruppi familiari non è mai esistita la figura paterna o, a un certo punto, si è eclissata, con conseguente insicurezza e mancanza di orientamento per i figli.

La crescita, poi, al giorno d’oggi, delle scoperte scientifiche e tecnologiche, veloce e senza limiti, è tale che l’etica non riesce più a tenere il passo, aprendo così una spaccatura tra buon senso e sapienza, tra cervello e cuore, come nel caso dell’invenzione della bomba atomica o delle manipolazioni genetiche, cosicché l’umanità rischia di perderne il controllo2.

Per questo, e per altri motivi, rimane dolorosamente vero il lamento della filosofa Maria Zambrano: stiamo vivendo “una delle notti più buie che abbiamo mai visto”3. 

Così è il mondo che ci si presenta oggi.

Ne aveva intuito qualcosa, fra gli altri, il grande teologo evangelico Dietrich Bonhoeffer di cui proprio quest’anno si celebra il 100° anniversario della nascita. 

Una spiritualità di comunione 

Ma lo Spirito, proprio in questo tempo è stato generoso, irrompendo nella famiglia umana con vari carismi, da cui sono nati Movimenti, correnti spirituali, nuove Comunità, nuove Opere.

Parlando del Movimento dei focolari, notiamo subito come Dio, fin dagli inizi, sia stato posto come ideale della vita, e come l’uomo, oggetto del suo amore e capace di amarLo, sia stato valorizzato; come il Vangelo sia la legge del nostro Movimento e come il comandamento nuovo, vissuto non solo tra i singoli ma tra i popoli, crei una società nuova.

Occorre, ora più che mai, allargare la fraternità fino a renderla universale, fino ad arrivare alla comunione.

È lo stesso Giovanni Paolo II che, all’indomani dell’anno 2000, nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte sottolinea l’urgenza di “fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione”. E aggiunge: “Occorre promuovere una spiritualità della comunione”4, che noi potremmo dire dell’unità.

È chiaro che necessitano idee forti, un ideale che apra una via per arrivare a tale spiritualità di comunione. 

Gesù abbandonato 

E, sempre nella Novo millennio ineunte, Giovanni Paolo II ha indicato la stella per questo cammino: Gesù crocifisso e abbandonato. “Non finiremo mai – dice – di indagare l’abisso di questo mistero…: ‘Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’ (Mc 15, 34)”. E spiega: “‘abbandonato’ dal Padre, egli si ‘abbandona’ nelle mani del Padre”5.

Ne ha parlato anche il Patriarca ecumenico Bartolomeo I, nei testi per la via crucis del 1994 al Colosseo: “Gesù, il Verbo incarnato, – scrive – ha percorso la distanza più grande che l’umanità perduta possa percorrere: ‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’”6.

Gesù abbandonato è stato, quindi, proposto da Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa, ma non solo da lui.

Qualche santo antico e alcuni teologi moderni di varie Chiese l’hanno già offerto alla cristianità. E c’è il nostro Movimento, per il quale Gesù abbandonato è centrale.

Ed è proprio questo che oggi vorremmo proporre a tutti: Gesù che grida a gran voce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15, 34).

È la sua passione interiore, è la sua notte più nera, è il culmine dei suoi dolori. È il dramma di un Dio che grida: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.

Infinito mistero, dolore abissale che Gesù ha provato come uomo, e che dà la misura del suo amore per gli uomini, in quanto ha voluto prendere su di sé la separazione che li teneva lontani dal Padre e tra loro, colmandola. E così ci ha redenti.

Il Movimento dei focolari porta con sé una ricchissima esperienza, con la quale dimostra come i dolori degli uomini, specie quelli spirituali, siano riassunti in questo particolare dolore di Gesù.

Non è simile a lui forse l’angosciato, il solo, l’arido, il deluso, il fallito, il debole…? Non è immagine di lui ogni divisione dolorosa tra fratelli, fra Chiese, fra brani di umanità con ideologie contrastanti? Non è figura di Gesù che perde, per così dire, il senso di Dio, che s’è fatto “peccato” per noi – come dice Paolo (2 Cor 5, 21) –, il mondo ateizzante, laicista, decaduto in ogni aberrazione?

Amando Gesù Abbandonato troviamo il motivo e la forza per non sfuggire questi mali, queste divisioni, ma per accettarli e consumarli e portarvi così il nostro personale rimedio.

Se riusciamo ad incontrare Lui in ogni dolore, se Lo amiamo, rivolgendoci al Padre come Gesù sulla croce: “Nelle tue mani, Signore, consegno il mio spirito” (Lc 23, 46), allora con Lui la notte sarà un passato, la luce ci illuminerà. 

Una “cultura della Risurrezione” 

Si pensa a volte che il Vangelo non risolva tutti i problemi umani e che porti soltanto il Regno di Dio inteso in senso unicamente religioso.

Ma non è così.

Non è il Gesù storico o solo Lui in quanto Capo del Corpo mistico a risolvere tutti i problemi umani. Gesù – quando la sua grazia opera in noi – è presente e agisce in noi.

Egli diventa la personalità vera, più profonda, di ognuno.

È Gesù, in quella data persona, che costruisce un ponte, fa una strada: Gesù-noi, Gesù-io, Gesù-tu…

Ogni cristiano, infatti, è più figlio di Dio (= altro Gesù) che figlio di suo padre. È come altro Cristo, membro del suo Corpo mistico, che ogni persona umana può portare un contributo suo tipico in tutti i campi: nella scienza, nell’arte, nella politica, nelle comunicazioni e così via. E maggiore sarà la sua efficacia se lavora insieme con altri uniti nel nome di Cristo.

È l’Incarnazione che continua, incarnazione completa che riguarda tutte le membra del Corpo mistico di Cristo.

Nasce così, e si diffonde nel mondo, quella che potremmo chiamare “cultura della Risurrezione”: cultura del Risorto, dell’Uomo nuovo e, in Lui, dell’umanità nuova. 

“Inondazioni di luce” 

Il Movimento dei focolari è una realtà spirituale che illumina il mondo attorno attraverso le singole persone, ma anche nel suo insieme.

Fa questo attraverso ‘inondazioni’ di luce, per usare un termine di san Giovanni Crisostomo7, con le quali fa pervenire questa luce alla cultura di oggi nei suoi vari aspetti.

Le ‘inondazioni’ sono prodotto d’un particolare dialogo – il dialogo con la cultura – che il Movimento dei focolari sta, da qualche tempo, intavolando fra la sapienza, che offre il carisma dell’unità, e i diversi ambiti del sapere e del vivere umano, come quello della politica, dell’economia, della sociologia, delle scienze umane e naturali, della comunicazione, dell’educazione, della filosofia, dell’arte, della salute e dell’ecologia, del diritto, e altri ancora.

Inondazioni che, non è difficile capire, si mantengono tali solo se costantemente animate, inondate dalla luce che promana dal dono di Dio, pena il ricadere nel pensiero e nell’azione semplicemente umani. 

Economia di Comunione 

Nell’ambito economico, per esempio, per il forte senso di Dio che immette nelle persone e per l’amore vicendevole che diffonde tra tutti, il nostro carisma suscita in modo spontaneo tra quanti lo vivono una comunione mondiale di beni che emula quella vigente tra i primi cristiani dei quali è scritto che “nessuno tra loro era bisognoso” (Atti 4, 34).

È anche a questo scopo che è nato il nostro progetto di una “Economia di Comunione”, nella libertà naturalmente.

Nelle aziende che vi aderiscono si cerca di applicare i principi della dottrina sociale cristiana, ma soprattutto di tendere tra tutti nell’azienda alla presenza di Gesù in mezzo.

Quando Lui prenderà in mano le redini del mondo economico – e questo avverrà man mano che si moltiplicheranno quanti sapientemente mettono la loro umanità a sua disposizione – si potrà ben sperare di vedere fiorire la giustizia e di assistere a quel massiccio spostamento di beni di cui il mondo ha urgentemente bisogno.

“Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 1, 53).

È questa la rivoluzione sociale che sin dall’inizio il nostro carisma ci ha messo davanti agli occhi. 

NetOne 

Nel campo delle comunicazioni, poi, ci è sempre parso un segno della provvidenza di Dio l’attuale sviluppo di potenti mezzi di comunicazione sociale atti a rendere più unita la famiglia umana, allorché Dio deponeva nei nostri cuori un suo carisma finalizzato a così alto scopo.

Contemporaneamente è evidente – e risulta chiaramente dai fatti – che questi mezzi non bastano da soli ad unire i popoli e le persone e ad accrescere la qualità della vita. Bisogna che essi siano messi al servizio del bene comune e che quanti li adoperano siano animati dall’amore.

Ed è qui che il nostro carisma ha molto da dire, da dare. Esso diffonde l’amore vero nei cuori e con esso l’interesse per ogni uomo e per tutto ciò che riguarda l’umanità. Insegna a stabilire relazioni durature, costruttive e creative. Istilla soprattutto, negli animi, l’arte del comunicare che è l’arte del “non essere”, per saper ricevere (accogliere, fare proprio, l’altro, le notizie, tutto) e anche dare (parlare, scrivere al momento e nei modi più opportuni), essendo amore.

E con questo si crea condivisione, partecipazione, comunione.

Quando più professionisti della comunicazione, come già fanno coloro che lavorano con questo spirito in quella realtà che noi chiamiamo “NetOne”, faranno tacere il loro io per lasciare spazio allo Spirito di Dio in loro, i media dimostreranno la loro capacità di moltiplicare il bene all’infinito, la voce di Dio si farà più sonora in tutti e i loro operatori assolveranno la loro vocazione ad essere strumenti di unità a servizio dell’intera umanità. 

Movimento politico per l’unità 

E ancora l’ambito della politica. Il carisma dell’unità vi getta luce come in nessun altro campo.

Non è forse compito della politica riuscire a comporre in unità, nell’armonia di un solo disegno, la molteplicità, le legittime aspirazioni delle diverse componenti della società? E non dovrebbe forse il politico, per la sua funzione di “mediatore” tra le varie parti sociali, eccellere nell’arte del dialogo e dell’immedesimarsi con tutti?

La nostra spiritualità, che è eminentemente collettiva, insegna quest’arte che è l’arte di amare fino al punto di generare l’unità.

I politici che la fanno propria, a qualunque partito appartengano, scelgono di anteporre l’amore reciproco ad ogni personale impegno ed interesse e, perché così fanno, sanno stabilire, non senza sacrificio, la presenza di Gesù in mezzo a loro.

E Gesù, che è luce per il mondo, valorizza quanto di vero può esserci nei diversi punti di vista, e illumina, evidenzia il bene comune e dà la forza di perseguirlo.

L’esperienza del nostro “Movimento politico per l’unità” ne dà testimonianza, come sta avvenendo in Europa, e in vari Paesi dell’America Latina ed oltre.

Ma il bene che verrà fuori da questo carisma sarà ancora maggiore quando molti politici avranno il coraggio di porre le loro persone e i poteri a loro conferiti a servizio del fine ultimo che è Dio.

Allora sì che si potrà sperare di vedere avverarsi quell’amore reciproco tra i popoli che la vita di unità fa pregustare e con esso la pace e la soluzione di molti problemi e conflitti che tuttora attanagliano l’umanità.

Questi alcuni esempi, che si potrebbero estendere ad altri campi. 

Se cammineremo in avanti potremo allora dire davvero con Lorenzo, diacono romano del terzo secolo: “La mia notte non ha oscurità, ma tutte le cose risplendono nella luce”8. 

 

NOTE

1 Omelia del cardinale J. Ratzinger alla Santa Messa Pro eligendo romano pontefice, 18.4.2005.

2 Cf. Giovanni Paolo II, Omelia in occasione della celebrazione in onore di san Giovanni della Croce, Segovia, 4.11.1982; Discorso al Capitolo Generale Carmelitano, Roma, 29.9.1989.

3 Maria Zambrano, Persone e democrazia, Milano 2000, p. 2.

4 Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, n. 43.

5 Ibid., n. 25.

6 Bartholomeos I, Patriarca ecumenico, Gloria a Dio per ogni cosa, Ed. Qiqajon, Comunità di Bose, Magnano 2001, p. 152.

7 Giovanni Crisostomo dice che gli zampilli d’acqua viva, di cui parla il Vangelo fanno delle inondazioni (cf Gv 4, 14). Cf. In Johannem homilia, 51; PG 59, 284.

8 S. Lorenzo, diacono romano, morto martire nel 258: “Mea nox obscurum non habet, sed omnia in luce clarescunt”.

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