Gestire le emozioni: il termometro della paura

La paura è un’emozione che ci protegge dai pericoli, ma se è eccessiva può limitarci in tante situazioni. Se è lieve può essere timore o ansia, ma può diventare panico o terrore e arrivare a paralizzarci.
Ragazzo impaurito (Foto Pixabay)

Il contagio da coronavirus, il lavoro perso, un intervento medico da effettuare, l’esame universitario da superare, l’attesa di una risposta, un colloquio di lavoro, il cambio di città, la separazione da una persona cara, il dover parlare in pubblico. Queste e tante altre sono situazioni che ogni giorno ci troviamo a fronteggiare e che stimolano delle risposte emotive. Sono tutti esempi di condizioni in cui nella maggior parte dei casi proviamo paura o i suoi correlati. A seconda del livello d’intensità delle risposte fisiologiche e delle differenti percezioni della situazione che si sperimenta, quest’emozione può essere distinta in diversi livelli d’intensità, in un continuo che va: dal timore all’ansia, alla paura, fino al panico e al terrore. L’intensità è variabile, può essere talvolta una differenza sfumata e si distingue in base a delle caratteristiche che l’esperienza assume.

Il timore è il livello più basso della paura, la sensazione viene descritta come un lieve disagio, si manifesta quando il potenziale pericolo è blando e le informazioni al riguardo sono insufficienti per decidere. Inoltre, nel descriverlo si includono spesso anche altre sensazioni come la curiosità, l’interesse e l’incertezza. Il pensiero associato a questo stato di lieve intensità è “vorrei, ma…”, come se ci fossero delle forze contrapposte.

Quando le sensazioni fisiologiche diventano più evidenti e il disagio viene percepito come fastidioso allora siamo in presenza dell’ansia. É un vero campanello d’allarme, ci dice che siamo vicini a una fonte di potenziale pericolo. Si sperimenta una condizione di allerta, di agitazione e irrequietezza sia a livello motorio che cognitivo, emergono dubbi, preoccupazioni, e il bisogno di essere confortati. Lo stato d’ansia può durare pochi istanti o minuti oppure perdurare fastidiosamente e mantenersi attivo nel tempo (ansia generalizzata). In alcuni casi è molto chiaro quale sia la fonte ansiogena e in altri casi non si riesce a definire quale sia l’oggetto.

Poi vi è la paura vera e propria, questa emerge quando il pericolo si manifesta a livello percettivo, quindi è presente uno stimolo pericoloso: come per esempio quando ci troviamo davanti ad un burrone o davanti ad un leone. La percezione dello stimolo pericoloso attiva una serie di cambiamenti fisiologici che ci predispongono a due schemi d’azione: l’attacco o alla fuga. Due schemi funzionali a reagire, combattendo oppure scappando.

Se questa attivazione è molto elevata sopraggiunge il panico, una risposta esagerata e disadattiva. Il panico è una paura all’ennesima potenza, tutte le reazioni fisiologiche predisposte all’attacco o alla difesa diventano eccessive e la persona non riesce a controllare più la propria mente e il proprio corpo. I pensieri che si manifestano in questi momenti più frequentemente sono: “sto per morire”, “non ce la posso fare”, “perdo il controllo”. Nella condizione di panico vi è come la certezza di un’imminente minaccia alla propria incolumità.

Oltre al panico, un altro stato emotivo estremo che può avere manifestazioni acute è il terrore. Si presenta in rari casi ed è simile ad uno shock. Con uno stato fisiologico potente, la paura e l’impulso a fuggire sono dirompenti. Tipico nello stato di terrore è l’automatismo a rinchiudersi in se stesso riducendo ogni reazione agli stimoli esterni. La persona si presenta con gli occhi sbarrati, fatica a respirare, non risponde ai richiami e alle indicazioni, può essere in uno stato confusionale e rimanere irrigidita e bloccata nei movimenti.

Questi livelli emozionali sono una convenzione utile per capire cosa sta accadendo e a quale livello di pericolo il nostro corpo sta reagendo, tutto questo va di volta in volta confrontato con la percezione soggettiva che ciascuno di noi ha degli eventi e con le esperienze pregresse che possono influenzare la percezione. Se, per esempio, ci sono state delle persone care che hanno perso la vita o che sono state male a causa del coronavirus, la nostra sensibilità rispetto alla pericolosità del contagio sarà più elevata, la minaccia viene percepita come più forte e di conseguenza la nostra reazione fisiologica sarà differente. Così per tutte quelle situazioni che ci ricordano delle esperienze traumatiche o spiacevoli e che in qualche modo possono incidere nella nostra vita.

Saper leggere il termometro della paura è un primo passo per affrontarla e gestirla, perché se da un lato è un’emozione che ci protegge dai pericoli, -se è eccessiva-può limitarci in tante situazioni. Aver consapevolezza del livello d’intensità, inoltre, può essere utile per identificare cosa sta succedendo. Sant’Agostino diceva: “O è il male ciò di cui abbiamo paura, o il male è che abbiamo paura”.

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