Gerusalemme, la tempesta dopo il vento

Mezzo secolo di guerre in Terra Santa lasciano strascichi violentissimi. Forse incontrollabili. Il baratro è dietro l’angolo. Urge riconoscere lo Stato palestinese e l'Europa può giocare un ruolo importante
attentato alla sinagoga di Gerusalemme est

Non so se ci si rende conto della gravità della situazione creatasi in Medio Oriente. L’ultimo segnale, inquietante come mai, è l’assalto a colpi di coltelli e asce che ha provocato cinque morti, tra cui quattro rabbini, alla sinagoga di Har Nof da parte di due giovani di Jabal Mukaber. Cioè Gerusalemme Ovest e Gerusalemme Est: la città santa per eccellenza, ridotta a città maledetta dagli uomini (ma non da Dio).

L’Isis fa proseliti a migliaia al giorno – non si considerino solo coloro che partono dall’Occidente per unirsi ai combattenti dalla bandiera nera – tra la gente comune del mondo sunnita del mondo intero, uomini e donne che non riescono più a sopportare la costante umiliazione del mondo arabo da parte delle forze politiche e militari, oltre che mediatiche, d’Israele e di tanta parte dell’Occidente. Anche Uday e Rassan, i due attentatori, vanno annoverati nelle fila della gente araba affascinata dall’Isis, capace, ai loro occhi, di ridare un po’ di orgoglio alla umma, la nazione araba.

Contemporaneamente nel mondo israeliano, messi a tacere i fautori di un approccio più morbido alla questione palestinese (continuano, contro ogni ragionevolezza, incessantemente gli allargamenti delle colonie israeliane in territori precedentemente occupati dai palestinesi), i toni stanno salendo e l’unanimità belligerante contro Hamas e contro il terrorismo arabo avanza a spron battuto. Hamas che esulta per l’attentato, senza più pudore né ritegno umanitario per il modo in cui l’attacco è stato perpetrato. Abu Mazen è ridotto nell’angolo, accusato dal premier Netanyahu di fomentare anch’egli la rivolta araba, peraltro contraddetto da altre autorità israeliane. La propaganda anti-israeliana ormai non ha più limiti.

Il baratro s’è dunque aperto: potrebbe ora scatenarsi una guerra sanguinosa come mai in precedenza, l’intero Medio Oriente potrebbe infiammarsi al di là di quanto non accada digià in Siria, in Iraq, in certe lande libanesi e giordane, in Palestina. Credo che anche lo Stato d’Israele debba rendersi conto che è giunto il tempo, dopo mezzo secolo di guerre inutili, per la stessa sopravvivenza d’Israele, di un atto di coraggio estremo: accettare finalmente la creazione dello Stato Palestinese, seguendo la dottrina del “due popoli due Stati” che da decenni presidenti, papi e autorità civili stanno auspicando.

Uno Stato certamente vivibile per i Palestinesi, non smembrato, sbriciolato come si vorrebbe da parte israeliana, e che abbia come capitale Gerusalemme. Assurdo? Non proprio. Solo così, afferma una sempre più cospicua squadra di osservatori internazionali, si potrebbe sperare di porre un argine alla deriva violenta e fanatica incarnata dall’Isis e dalle sue teste mozzate. Che prima o poi arriverà anche da noi.

L’Europa e il mondo occidentale dovrebbe appoggiare questa soluzione accelerando i riconoscimenti non solo simbolici ma reali dello Stato palestinese. Israeliani e palestinesi non avranno mai la forza di trovare una soluzione tra di loro, questo ormai è chiaro. Serve una forte, fortissima e autorevole mediazione internazionale che costringa i contendenti a trovare una soluzione al problema mediorientale. Europa, batti un colpo, abbi un po’ di coraggio!

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