Genova si è fermata
Genova si è fermata per ricordare quel 14 agosto di un anno fa. La città ha celebrato l’anniversario del crollo del ponte Morandi proprio là tra le macerie coperte da grandi teloni e il cantiere dove si lavora per la costruzione del nuovo viadotto. La commemorazione delle 43 vittime è avvenuta alle 11,36 con un minuto di silenzio, poi con il suono di tutte le campane delle chiese della città e con il suono delle sirene in porto, la lettura dei nomi delle vittime davanti a migliaia di cittadini e autorità. La messa celebrata dall’arcivescovo Bagnasco davanti ai parenti delle vittime, alle famiglie degli sfollati e ancora i discorsi di circostanza. Genova come sempre è sobria, essenziale, non spreca tempo, non pronuncia discorsi inutili. I suoi cittadini non amano la retorica, vogliono concretezza, chiedono giustizia. Così è stato anche oggi nell’anniversario. Tutto essenziale, nessuna forzatura. Parole che hanno toccato il cuore quelle pronunciate dalle autorità intervenute. Se nella sua lettera per ricordare la tragedia del 14 agosto dello scorso anno papa Francesco invita i genovesi a non perdere la speranza, gli fa eco Renzo Piano autore del progetto del nuovo ponte. Piano oggi invitava a guardare l’orizzonte di Genova, e l’orizzonte oggi era una pennellata di cielo terso, limpido. Un orizzonte che raccontava l’infinito. E La città si merita questo traguardo dall’orizzonte infinito. Perché ancora una volta i genovesi sono ripartiti, o per dirla come qualcuno, i genovesi non si sono mai fermati. Hanno lavorato alacremente perché quel ponte interrotto non interrompesse la vita e la crescita. Ora il nuovo ponte vuole sancire proprio questo legame questa continuità. Un ponte unisce sempre, è fatto per unire, legare, non per dividere non per escludere. Lo aspettano gli abitanti quelli della Val Polcevera che si sono visti tagliati i collegamenti. Che hanno visto le loro attività cessare. Lo aspetta l’Italia intera. Ci sono gli sfollati del lavoro, così si fanno chiamare, perché alcune ditte hanno deciso di non più aprire.
«Vigileremo perché gli impegni vengano mantenuti», fanno sapere gli sfollati. E gli impegni sono ancora davvero tanti quelli da mantenere. Genova ricorda la ferita dell’anno scorso e ricorda alle autorità, a tutti i livelli che la città aspetta segnali per continuare a vivere, sbocchi per nuova occupazione. La città desidera vita nuova che segni il rilancio del suo porto, delle sue infrastrutture. Commovente l’abbraccio sincero e profondo del presidente della Repubblica Mattarella ai familiari delle vittime. «Siamo qui per ribadire vicinanza e solidarietà alle famiglie delle vittime. Nel loro nome dobbiamo continuare a lavorare dimostrando non solo a parole, unanime sostegno». Mattarella si intrattiene con i parenti. Ascolta, garantisce quella solidarietà troppo gridata e troppo poco praticata. L’anno scorso alle 11, 36 quando il ponte si abbatteva nel sottosuolo, sulla città si abbatteva un temporale apocalittico. Da spavento. Oggi la città era pervasa da un cielo bellissimo, e le centinaia di palloncini bianchi liberati dal luogo della tragedia brillavano verso il cielo a ricordare che Genova vive, la sua storia millenaria racconta da sempre interruzioni, arresti ma mai sconfitte. Così è sempre stato e continuerà ad esserlo. E’ la promessa di un nonno che con il nipotino s’avvia verso casa. «Là poco più avanti dove il Morandi è crollato. Non sono uno sfollato, qui sotto ci sono nato, e il ponte non c’era ancora, e qui sotto spero di vivere ancora a lungo e vedere la storia passare sotto le finestre di casa mia. Ma anche di esserne ancora protagonista».