Genova premia gli Angeli del fango

Gli “Infangados” sono stati scelti con un sondaggio: «Hanno scritto la pagina migliore di questa città». Tra i loro fan vari insospettabili
Volontari spalano il fango a Genova
«Chi ha fatto più per Genova nel 2011? Chi più di altri ha contribuito al rilancio dell’immagine della città nell’ultimo anno?». La domanda la pone sulle pagine di Genova un quotidiano nazionale, e invita i lettori a votare, scegliendo tra una decina di personalità. Oltre settemila persone hanno cliccato dalla vigilia di Natale ai primi giorni di gennaio. Si sceglie tra il Presidente della regione e altre personalità dello sport e della cultura, ma c’è anche don Andrea Gallo prete simbolo, protagonista di tante battaglie in favore dei poveri e degli abbandonati che alla fine è colui che raccoglie più consensi.

 

Poi ci sono loro, gli “Angeli del fango”, i giovani che durante l’alluvione del novembre scorso si sono dati più da fare per aiutare le persone disagiate. Don Gallo non ha dubbi: vuole passare il testimone a questi volontari che hanno aiutato la città a rialzarsi. Sono loro i veri protagonisti. Li battezza con un nome nuovo, il sacerdote, chiamandoli gli Infagados, spiegando che «in quella parola c’è qualcosa di evocativo, di inevitabilmente rivoluzionario». C’ è l’ansia e la speranza di un cambiamento.

Gli "Infangados”, ovvero quelle migliaia di ragazzi che dopo l’alluvione si erano dati appuntamento per ripulire e liberare Genova, sono la pagina migliore scritta da questa città nel 2011. Tutti d’accordo e la premiazione avviene nella Sala del Minor Consiglio di Palazzo Ducale. Il premio è simbolico, ma il valore di un riconoscimento speciale: una spilla appositamente coniata per ringraziarli idealmente tutti, e per chiedere loro di non cambiare e restare protagonisti.

Alla premiazione sono intervenuti l’assessore Paolo Veardo e anche alcuni giocatori del Genoa e della Sampdoria. Un momento di festa dove in tanti hanno dato la loro testimonianza. Uno degli Infangados ha raccontato le emozioni provate a bordo del bus che a tarda sera lo riportava a casa dopo aver spalato tutto il giorno: «Sentivo la solidarietà di tutti sulla mia pelle». C’erano anche i ragazzi della comunità senegalese, che in centotrenta avevano dato la loro disponibilità in quei giorni, e un rappresentante dell’Associazione 3 Febbraio che ha ricordato: «Genova è la città di tutti: di quelli che abitano qui da generazioni e di quelli che ci sono da due anni o da pochi mesi, di quelli che vengono da posti lontani e parlano lingue diverse, ma che vogliono contribuire, perché c’è bisogno di umanità e di crescere tutti. Insieme».

 

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