Genitori, figli e ddl Pillon
Il disegno di legge (d.d.l.) Pillon, dal nome del suo primo firmatario, è stato assegnato nel mese di agosto 2018, alla Commissione Giustizia del Senato per il suo esame.
Il d.d.l. ha per oggetto alcune “norme in materia di affido condivisi, mantenimento diretto e garanzie di bigenitorialità”.
Nella relazione di accompagnamento deduce di prefiggersi lo scopo di far sì che i coniugi, che si separano e/o divorziano, possano essere messi in condizione di decidere autonomamente del destino dei propri figli e quindi e quindi siano costretti a ricorrere al Tribunale solo in alcuni casi residuali di dissidio non risolvibile.
I temi sui quali il testo del d.d.l. elabora l’articolato normativo sono: la mediazione civile obbligatoria, la bigenitorialità, il mantenimento in forma diretta dei figli minori e il contrasto alla cosiddetta “alienazione genitoriale”.
L’intento che si persegue con il presente scritto non è quello di pervenire a una analisi dettagliata del testo normativo e neppure quello di prendere posizione all’interno della polemica iniziata tra i sostenitori della riforma e coloro che la osteggiano.
Piuttosto è il tentativo di offrire qualche spunto di riflessione partendo dal punto di vista di un operatore del diritto.
L’istituzione della mediazione, come forma di aiuto ai coniugi per stemperare la conflittualità, di primo acchito, appare positiva senonché l’aggiunta dell’aggettivo “obbligatoria” finisce per provocare la creazione di una giurisdizione parallela per di più gravata da costi che, in molti casi, i coniugi non sono in grado di sostenere.
Meglio sarebbe stato rispolverare la vecchia proposta (Ministro di Grazia e Giustizia Castelli) di creare i Tribunali Specializzati per la Famiglia nei quali al Giudice fosse affiancato, ove necessario un ausiliario (psicologo, assistente sociale etc).
In tema di bigenitorialità, ovvero del diritto del minore di trascorrere con ciascuno delle figure genitoriali tempi “adeguati, paritetici ed equipollenti” si ritiene utile richiamare l’orientamento della Corte di Cassazione che sulla questione ha opinato che non esiste una proporzione matematica in base alla quale dividere a metà il tempo da trascorrere con i figli e che il principio della “bigenitorialità: si traduce nel diritto di ciascun genitore ad essere presente in maniera significativa, nella vita del figlio” ma non nella parità dei tempi di frequentazione del minore.
Desta poi non poche perplessità l’eliminazione dell’art. 337 ter del c.c. che prevedeva nei casi più complessi in tema di tutela del minore e della donna, forme particolarmente incisive di intervento da parte del Giudice al quale, invece, la nuova normativa sottrarrebbe ogni possibilità di intervento discrezionale.
L’ipotesi poi di mantenimento diretto dei figli, senza il ricorso al pagamento di un assegno all’altro coniuge per il mantenimento del figlio minore, attraverso la individuazione di specifici capitoli di spesa da concordare tra i coniugi, pare di difficile realizzazione e rischia di acuire la conflittualità e non di risolverla.
Per ciò che riguarda l’ulteriore complessa questione quella della cosiddetta “alienazione genitoriale”, non è raro constatare, nel corso di una separazione o di un divorzio, che la madre utilizzi i minori come arma di lotta nei confronti del coniuge così come sovente accade di verificare che un padre, più impegnato ad investire nel lavoro che nella cura, dopo la separazione o un divorzio, nel tempo, attenui la sua presenza e le sue attenzioni a favore dei figli collocati prevalentemente presso la madre.
È una dinamica certamente negativa che tuttavia può essere superata solo con una assunzione di responsabilità da parte di entrambe le figure genitoriali e, a mio parere, non potrà giammai forzata attraverso delle norme di diritto.
In conclusione la lettura dell’intero disegno di legge suscita la sensazione che lo stesso fotografi una situazione diversa quella reale e partendo da quella diversa rappresentazione, della realtà, indicando motivazioni astrattamente condivisibili, individui strumenti inadeguati e, in qualche caso, suscettibili di burocratizzare la relazione genitoriale.
Un tema delicato come quello in discussione ritengo vada maneggiato con grande delicatezza non facendosi tentare dalla esigenza di vincere, ad ogni costo, la propria battaglia politica.