Genfest 1990. Mondo unito: ideale che si fa storia
Carissimi giovani, dichiariamo aperto con questo messaggio il Genfest 1990 dal titolo: “Mondo unito: ideale che si fa storia”. È questa una manifestazione mondiale del Movimento Giovani per un mondo unito. Vi partecipano, infatti, giovani di tutti i continenti, di 76 nazioni, presenti qui in questo Palazzo dello Sport, altri di 16 nazioni collegati con noi attraverso una conferenza telefonica, e, infine, via satellite, molti e molti di tutte le nazioni europee ovest ed est, e di diversi paesi delle Americhe.
A tutti il nostro più caloroso saluto e l’augurio che questa giornata, preparata anche con grandi sacrifici, segni una tappa importante per la vita di ognuno.
I più fra voi conoscono questo Movimento, ed, anzi, ne sono parte viva. Altri si trovano qui per la prima volta. È d’obbligo quindi – come primo atto – rispondere ad una domanda che può sorgere: ma chi sono i Giovani per un mondo unito e che cosa si propongono?
Il Movimento Giovani per un mondo unito è nato ufficialmente cinque anni fa e proprio col Genfest del 1985.
Grazie ai gen ed alle gen, giovani testimoni dei più alti valori, impegnati e totalitari, che ne sono in gran parte gli animatori principali, il Movimento ha potuto assumere ben presto dimensioni planetarie ed aver presenti giovani delle più svariate razze, d’ogni nazionalità, che parlano una sessantina di lingue, appartenenti alle principali Chiese cristiane, o ad una o all’altra delle grandi religioni, o semplicemente alle culture più diverse.
Il Movimento ha una finalità ambiziosa e sublime, che può apparire utopica, ma non lo è perché la stragrande maggioranza dei suoi membri poggia essenzialmente su una forza che lo trascende, lo illumina, lo guida e gli cammina dinanzi: poggia su Dio, che sa partecipe alla storia di ogni uomo e dell’umanità intera.
Il Movimento crede nella possibilità di rendere il mondo migliore, quasi una sola famiglia, quasi appartenente ad un’unica patria, ad un mondo solidale, anzi ad un mondo unito. E lavora a questo scopo.
Le sue convinzioni ed il suo agire in questa linea nascono anzitutto dall’evidenza che l’unità è oggi un segno dei tempi, e dalla coscienza di portare in sé (non solo per sé, ma per molti) un dono che ha in comune con tutto il più vasto Movimento dei focolari di cui è espressione: il dono, il carisma dell’unità.
Ed alla sua visione ed al suo progetto gli è di conferma una analisi del mondo attuale.
Pur avendo presenti i grandi e svariati mali che affliggono anche oggi l’umanità, s’accorge che negli ultimi decenni il mondo sta cambiando; che il nostro pianeta lentamente, ma decisamente sta orientandosi verso un fine preciso: la propria unificazione.
Già nel Genfest ’85 era stato esaminato questo fenomeno e se ne erano colti i segni: lo scoppio della pace – come si diceva allora – al posto della guerra atomica fra le due grandi potenze; il formarsi di organismi che servono gli interessi di tutti i paesi del mondo; l’aggregazione di stati in una sola entità, come l’unità europea (si pensava allora a quella occidentale)…
E, nel campo della religione, aperture impensabili qualche tempo prima, con dialoghi fra le Chiese, con i fedeli di altre religioni e con gli uomini di buona volontà.
Furono queste le costatazioni che hanno spinto, cinque anni fa, i giovani del Movimento a far tutto quanto stava in loro per accelerare il processo. Ed eccoli seguire le più varie “vie” per cooperare a comporre l’unità nel mondo.
Hanno perciò, secondo le loro possibilità e le esigenze dei loro ambienti, ricucito strappi, annullato divisioni, si sono gettati nei più disparati spacchi, che mettono uomo contro uomo, gruppo contro gruppo: hanno seguito la via dell’unità fra i popoli, fra le razze, fra i ricchi e i poveri, fra le varie etnie, fra le generazioni…
Ed è stato un fiorire meraviglioso e fecondo d’azioni costanti quotidiane, impegnate.
Consci, però, che tutta la loro opera, pur vasta, risultava sempre una goccia d’acqua nel mare dei bisogni del mondo, si sono affidati a Chi può più di loro. Ed hanno deciso di camminare anzitutto per quella che è la Via per eccellenza. «Io sono la via», ha detto Gesù. L’hanno seguito perciò, mettendo in pratica la sua parola.
E non sono stati delusi. Infatti hanno potuto costatare che, mentre essi facevano la loro piccola parte, Egli, Signore della storia, interveniva indiscutibilmente facendo la sua, grande.
È meraviglioso e rende il cuore gonfio di gioia, vedere come questi cinque anni, che hanno seguito il Genfest ’85, hanno confermato il programma di voi, "Giovani per un mondo unito".
Conoscete tutti i recenti straordinari avvenimenti che non possono essere attribuiti a sole forze umane. Sapete dei mutamenti, così vasti e radicali, avvenuti nell’Est, che sembrano raddoppiare il progetto sull’Europa portandolo fino agli Urali. Mutamenti che hanno ora il loro riflesso su altre nazioni del mondo, come in America Centrale e in Asia. Sapete anche d’un tentativo di mutamenti in un grande paese asiatico, soffocato purtroppo nel sangue, ma non per questo meno significativo e garanzia di speranza per un futuro. Avete assistito anche voi al crollo di barriere razziali in Africa.
Sì, il mondo sta cambiando nonostante tutto, nonostante tutti.
E dietro a ciò – lo dobbiamo testimoniare – c’è Dio. Giovanni Paolo Il lo ha detto nei confronti dell’Europa dell’Est: «Dio ha vinto». E noi la pensiamo come lui.
È intervenuto Dio, servendosi naturalmente di protagonisti minori i cui nomi tutti conosciamo, perché balzati alla ribalta della cronaca.
Fra questi, in tutto questo processo che sconvolge il mondo, c’è un tipo di protagonista a cui non è stato dato forse il giusto peso. Non è una singola persona, ma una categoria di persone: sono i giovani, proprio i giovani.
Non è vero che i giovani oggi si siano ritirati unicamente nell’ambito del privato e siano, in genere, scarsamente interessati ai grandi problemi dell’umanità.
Ce ne sono molti che, proprio perché più liberi da condizionamenti e interessi egoistici, per il loro bisogno di credere in qualcosa di autentico, per il desiderio di rinnovare le cose, sono sensibili ai grandi ideali ed è spesso fra loro che trovano una risposta le spinte storiche più vitali e affascinanti.
Chi non ha negli occhi e nel cuore le scene impressionanti dei giovani cinesi della piazza Tienanmen, che col loro straordinario coraggio e la loro fede in una società migliore, hanno tentato di mettere in moto la grande primavera di Pechino? Chi non ricorda con commozione la figura, che ha sbalordito il mondo, di quel giovane inerme che ha fermato una colonna di carri armati?
E chi non è rimasto toccato nel vedere alla televisione il gran numero di giovani in prima fila nelle manifestazioni e nell’impegno politico, che hanno provocato l’abbattimento del muro di Berlino, o che hanno dato vita alla nuova primavera di Praga, di Budapest, di Bucarest? E, prima ancora, quei giovani polacchi con le croci in mano, e le dita alzate in segno di vittoria, a Varsavia e a Danzica, e in tante città durante quei moti pacifici che hanno cambiato il volto dell’Europa centrale e orientale? O quelli presenti a esigere, anche sulle piazze di Mosca, il ripristino dei diritti umani conculcati?
E abbiamo tutti nel cuore lo slancio dei tanti giovani presenti nella rivolta popolare non violenta latino-americana a Buenos Aires, a San Paolo, a Santiago, a Montevideo, ad Asunciòn, che ha provocato il ritorno alla libertà, dopo le dittature militari che hanno oppresso i loro popoli.
E così abbiamo presenti i giovani coreani desiderosi d’unica patria, e quelli palestinesi, e i libanesi che hanno agito con la non-violenza e altri, altri ancora. E perdonate se non li enumero tutti.
Così ha stupito l’opinione pubblica la massiccia presenza di giovani al grande pellegrinaggio a Santiago de Compostela, nell’estate scorsa, luogo-simbolo dell’unità spirituale dell’Europa, decisi ad essere promotori di quella riscoperta dei valori cristiani che hanno dato vita alla civilizzazione del continente.
I giovani poi sono sempre in prima fila nella grande battaglia per salvare la natura deturpata dall’uomo, necessario sfondo ad un’umanità rappacificata.
E sono stati e sono in prima fila nella richiesta forte di pace. E in primissima fila quando mettono a disposizione, nella gratuità, il loro tempo e le loro energie per l’aiuto fattivo alle popolazioni del Terzo e Quarto Mondo, altro immenso problema che sta di fronte a chi desidera un mondo unito.
Sì, i giovani oggi sono presenti in tutti i campi.
E allora chiediamoci: fra essi quale funzione avete voi, Giovani per un mondo unito? Quale il vostro specifico contributo? Quale posto occupate?
Voi senz’altro volete anzitutto condividere con i vostri coetanei le aspirazioni e le lotte perché prevalgano i grandi valori che propugnano: la libertà, i diritti umani, la democrazia, l’uguaglianza…
Voi poi, siete fortemente decisi a dare il vostro contributo concreto ai problemi, continuando a camminare per le varie vie dell’unità, sostenendo o dando origine a nuove opere, a micro realizzazioni che dimostrino agli adulti che cosa si potrebbe fare, anche su vasta scala, qualora si possedessero gli strumenti, la competenza, l’esperienza, la maturità.
Ma soprattutto voi dovete offrire quel contributo tutto originale e straordinario, tipicamente vostro, che, perché Giovani per un mondo unito, possedete.
Potete dare ciò che è più importante: potete offrire un’anima a quanti lavorano in quest’immenso cantiere, che è oggi il nostro pianeta. Siete a conoscenza di come arrivino da nazioni intere, specie se passate attraverso l’esperienza traumatizzante del materialismo ateo, richieste continue di cose spirituali, di spiritualità; come quanto si può offrire loro al riguardo, anche in centinaia di migliaia di stampati, si esaurisca in un giorno. Avete costatato perciò come non si possono soffocare per sempre le più nobili esigenze del cuore umano.
Sapete anche come molti, affacciandosi all’Occidente, possano essere bruciati da un altro materialismo non meno pericoloso.
Ed ecco allora il vostro compito: dare ciò che è più desiderato, saziare la fame di sacro e di santo, dello spirituale che ogni cuore porta con sé.
Ma come?
Sappiamo che Dio, spiritualissimo, è amore. È, dunque, l’amore l’elemento spirituale più atteso: quell’amore che Dio, fattosi uomo, ha portato sulla terra.
Immaginiamo che ripassino davanti ai nostri occhi alcune scene sintomatiche del mondo d’oggi.
Osserviamo nell’Est, in nazioni che hanno visto i recenti cambiamenti, gente che esulta di gioia per le ritrovate libertà; insieme persone impaurite e deluse, depresse per il crollo dei loro ideali. Leggiamo sui volti minacce di rivalse, di vendette, anche di odio.
E pensiamo: che cosa direbbe Gesù se apparisse in mezzo a loro? Ne siamo certi: parlerebbe oggi, come allora, ancora di amore. «Amatevi – direbbe – come io ho amato voi».
È soltanto insieme, nella concordia, nel perdono, che si può costruire un solido futuro.
Trasferiamoci, come per susseguenti immaginarie dissolvenze, in altri luoghi, su un paese dell’America latina, ad esempio: di là grattacieli, spesso moderne cattedrali erette al dio-consumo, e di qua baracche, mocambos, favelas e miseria, miseria fisica e morale e malattie d’ogni genere.
Che cosa direbbe Gesù a questa vista desolante? «Ve l’avevo detto di amarvi. Non l’avete fatto ed ecco le conseguenze».
E se altri quadri ci offrissero, come in un collage, squarci di città, conosciute come le più ricche del mondo, e altre con tecniche le più avanzate, e panorami di ambienti desertici con uomini, donne e bimbi che muoiono di fame. Che direbbe Gesù se apparisse nel bel mezzo? «Amatevi».
O se vedessimo immagini di lotte razziali con stragi e violazione di diritti umani… O interminabili conflitti come quelli che avvengono in Medio Oriente, col crollo di case, feriti, morti ed il continuo micidiale cadere di bombe o di altri ordigni mortali?… Domandiamoci ancora: che direbbe Gesù di fronte a tanti drammi? «Ve l’avevo detto di volervi bene. Amatevi come io vi ho amato».
Sì, così direbbe di fronte a questi ed alle più gravi situazioni del mondo attuale.
Ma la sua parola non è solo un rimpianto di ciò che non è stato fatto.
Egli la ripete oggi per davvero. Perché Egli è morto, ma è risorto e – come ha promesso – è con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo.
E ciò che dice è di un’importanza immensa. Perché questo «Amatevi a vicenda come io vi ho amati» è la chiave principale per la soluzione d’ogni problema, è la risposta fondamentale ad ogni male dell’uomo.
I Giovani per un mondo unito non possono assolvere meglio il loro compito di cooperare a dare al mondo un’anima, se non riportando nel mondo l’amore.
Certo: esso non è quello che a prima vista può apparire, non è uno scherzo. È esigentissimo e forte ed ha però il potere di cambiare il mondo.
Gesù ha definito il comando dell’amore «mio» e «nuovo», perché è tipicamente suo, avendolo riempito d’un contenuto singolare e nuovissimo. «Amatevi – ha detto – come io vi ho amati». E Lui ha dato la vita per noi.
È dunque in gioco la vita in questo amore. E un amore pronto a dare la vita è ciò che Egli chiede anche a noi verso i fratelli.
Non è sufficiente per Lui l’amicizia o la benevolenza verso gli altri; non gli basta la filantropia, né la sola solidarietà. L’amore che chiede non si esaurisce nella non-violenza.
È qualcosa d’attivo, d’attivissimo. Domanda di non vivere più per sé stessi, ma per gli altri. E ciò richiede sacrificio, fatica. Domanda a tutti di trasformarsi da uomini pusillanimi ed egoisti, concentrati sui propri interessi, sulle proprie cose, in piccoli eroi quotidiani che, giorno dopo giorno, sono al servizio dei fratelli, pronti a donare persino la vita in loro favore.
Carissimi giovani, a questo vi chiama la vostra vocazione, se non volete che i vostri ideali svaniscano in mere utopie.
Dovete amare così, amarvi così, cominciando con l’essere voi testimoni di questo amore prima di suggerirlo agli altri.
Testimoni, modelli: che il mondo veda come vi amate e possa ripetere come un giorno dei primi cristiani: «Guarda come si amano e sono pronti a morire l’uno per l’altro».
Allora sarà messa la base sicura, sarà piantata la radice dell’albero che vogliamo veder fiorire.
Quest’amore reciproco fra voi porterà infatti delle conseguenze d’un valore – diciamo – infinito, perché dove c’è l’amore lì è Dio e – come ha detto Gesù – «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome (e cioè nel suo amore), io sono in mezzo a loro».
Avrete, dunque, Cristo fra voi, Cristo stesso, l’Onnipotente, e ogni cosa potrete sperare da Lui.
Sarà Lui stesso che opererà con voi nei vostri paesi, perché Lui tornerà in certo modo nel mondo, in tutti i luoghi in cui vi trovate, reso presente dal vostro reciproco amore, dalla vostra unità.
E Lui vi illuminerà su tutto il daffarsi, vi guiderà, vi sosterrà, sarà la vostra forza, il vostro ardore, la vostra gioia.
Per Lui il mondo, attorno a voi, si convertirà alla concordia, ogni divisione si suturerà. Lo ha detto Lui: «Che siano uno e il mondo crederà».
Vi siete proposti un grandioso impegno e non può essere che Lui il leader della vostra lotta.
Amore, dunque, fra voi ed amore seminato in molti angoli della terra fra i singoli, fra i gruppi, fra nazioni, con tutti i mezzi, perché sia realtà l’invasione d’amore, di cui ogni tanto parliamo, e prenda consistenza, anche per il vostro contributo, la civiltà dell’amore che tutti attendiamo.
A questo siete chiamati. E vedrete cose grandi.
Pensate: se è soprattutto Dio che ha vinto nel brano di storia che abbiamo vissuto, che sarà se all’azione diretta di Dio s’aggiungerà quella di giovani, di molti giovani guidati nel loro agire da Cristo, presente fra loro per l’amore?
Andate, dunque, avanti senza esitazione. La giovinezza, che possedete, non fa calcoli, è generosa: sfruttatela.
Andate avanti voi cristiani che credete in Cristo. Andate avanti voi di altre religioni, sostenuti dai nobilissimi princìpi su cui poggiate. Andate avanti voi di altre culture, che magari non conoscete Dio, ma sentite nel cuore l’esigenza di porre tutti i vostri sforzi per l’ideale d’un mondo unito.
Tutti, mano nella mano, state certi: la vittoria sarà vostra.