Gedi, Exor e la stampa italiana
In Italia, come è noto, è in costante declino la vendita della carta stampata, eppure non mancano gli imprenditori che continuano ad investire in questo settore. Il caso più clamoroso, anche se poco dibattuto sui media, è l’acquisizione del controllo di Gedi (cioè Repubblica, La Stampa e Secolo XIX°, per citare i quotidiani maggiori) da parte di Exor, la finanziaria degli eredi Agnelli.
La crisi nell’editoria non ha, tuttavia, impedito di versare all’amministratore delegato di Gedi, Laura Cioli, che ha ricoperto tale incarico per qualche mese, una buona uscita di un milione e 800 mila euro. Ma esistono anche altre famiglie imprenditoriali attive nel mondo dei media. Ad esempio gli Angelucci che controllano Libero, Il Tempo e il Corriere dell’Umbria. Il loro gruppo Tosinvest, con il core business dedicato all’immobiliare e alla sanità privata, ha ceduto la testata Il Riformista all’immobiliarista Alfredo Romeo. Mentre la storica rivista Panorama è passata da Berlusconi a La Verità srl, società editrice fondata dal giornalista Maurizio Belpietro, già direttore di Libero e de Il Giornale (sempre Berlusconi).
Di grande interesse e rilievo la scalata al tempio del giornalismo italiano, il Corriere della Sera, da parte dell’imprenditore pubblicitario Umberto Cairo, già dipendente della Fininvest berlusconiana. I suoi casi di successo sono stati i periodici scandalistico popolari Di Più e Diva Donna.
L’operazione Corsera si è realizzata nel 2016 con la scelta inusitata della famiglia Agnelli di cederne il controllo ripiegando nella condivisione della proprietà del gruppo Gedi con la famiglia De Benedetti, riunendo il controllo de La Stampa, Il Secolo XIX e la Repubblica. Quest’ultimo quotidiano è un vero e proprio giornale partito fondato da Eugenio Scalfari assieme a Carlo Caracciolo, nobile imparentato con gli Agnelli.
Per completare la dinasty familiare appena accennata si può registrare l’ultimissimo plateale scontro interno tra Carlo De Benedetti e i figli che ha portato la Gedi nella proprietà del fondo Exor, e cioè la cassaforte degli eredi Agnelli.
Una storia interna al capitalismo italiano che è sempre poco nota. Ad esempio in pochi ricorderanno che il famoso quotidiano torinese “La Stampa” fu sottratto al senatore Alfredo Frassati, da Mussolini per consegnarla agli Agnelli, già grandi finanziatori e promotori della Grande guerra e fornitori del riarmo necessario alla mossa del ’40. Gli operai della Fiat chiamavano La Stampa la “bugiarda”, ma alla fine, questo è il quotidiano rimasto sulla piazza torinese, mantenendo, secondo molti osservatori, un tipo di gestione liberale, cioè in grado di assicurare una larga autonomia ai suoi giornalisti.
Abbiamo chiesto un parere sulla situazione della stampa italiana ad Ennio Remondino, firma storica ed autorevole del giornalismo italiano, autore di importanti inchieste, nonché inviato all’estero per la Rai. Il suo aggiornatissimo blog “Remocontro” è assai seguito.
È possibile avere forti interessi, industriali e finanziari, e mantenersi indipendenti nel campo editoriale?
Ogni giornale ha una proprietà, ogni editore ha interessi. L’ideale sarebbe un editore che volesse guadagnare curando buone pubblicazioni. Nell’attesa che il sogno si realizzi, dobbiamo fare i conti con interessi complessi e necessariamente “mediati”. C’è l’editore imprenditore “educato”, di altro profilo cultural politico e monetario, e c’è il ‘padrone’ d’avventura alla cassa. Per fortuna abbiamo editori “alti” e tendenzialmente rispettosi dei valori deontologici base del corretto giornalismo. “Tendenzialmente”, vuol dire che non si può giurare affatto sul per sempre.
Come si può leggere la scelta degli Agnelli di lasciare il controllo della corazzata del Corriere ad un editore come Cairo e i libri (Rizzoli Rcs) a Berlusconi (Mondadori)?
Non sono uno specialista del settore ma mi risultano momenti imprenditoriali e politici diversi. Il Corriere fu ceduto da Marchionne ai tempi del concetto “l’auto prima di tutto”. Ora, con la rivisitazione di John Elkan e il ritorno della famiglia Agnelli, il settore auto traballa e la stampa peggio ancora. Ed ecco che il quotidiano, anche se in perdita, può produrre guadagno o almeno difesa degli interessi su altri fronti. E qui, sulla libertà di stampa, avremmo e avremo, temo, di che discutere.
È in gioco il ruolo di Repubblica, comunemente considerato un “giornale di partito” …
Non di partito ma certamente politico. Anzi, qualche volta il problema è stato persino rovesciato, parlando di “Partito Repubblica”.
Esistono ostacoli formali o prudenziali al controllo di Exor? E perché se ne parla così poco?
Esistono dei passaggi necessari al controllo dell’autorità antitrust che non dovrebbero, tuttavia, ostacolare l’acquisizione. Circa il “quasi silenzio” sull’operazione di concentrazione di testate, non lo reputo un bel passaggio per il giornalismo in Italia. Un mestiere il nostro, ancora annichilito dal “meteorite Web” piombato sul pianeta informazione stravolgendo tutto. Tale meteorite sta rivoluzionando mestiere e mondo editoriale (giornali e tv moribondi) e rischia di far fare a tutti noi la fine dei dinosauri in un mondo in via di estinzione.
Ha ancora valore la carta stampata? Pullulano testate con editori connotati da forti interessi…
Gli ultimi 20 anni di mestiere giornalistico praticato in Rai all’estero non mi rendono il miglior analista. Non mi azzardo in valutazioni per cui mi mancano elementi di valutazione seri. Mi limito quindi a ribadire che, come nel nostro mestiere di giornalisti, i valori sono personali: giornalisti più o meno bravi, editori più o meno vincolati da interessi esterni al giornale che pubblicano.
Il dato di fatto è che siamo passati dai ‘mass media’ alla “massa dei media”, con giornalisti sempre meno professionali e contrattualizzati correttamente, e tanti improvvisati e presunti editori.