Gaza, ancora morte

Giornate tese nella Striscia. Una trentina di morti palestinesi, e qualche decina di missili sparati contro il territorio israeliano
Gaza

Dello scandalo internazionale di Gaza ci si accorge solo quando le vittime diventano troppo numerose per passarle sotto silenzio. Come è accaduto nell’ultima settimana, quando degli attacchi dell’aviazione israeliana hanno fatto una trentina di morti e un centinaio di feriti, mentre dalla Striscia sono partite diverse decine di missili artigianali Kassam contro le campagne circostanti il territorio palestinese, senza però fare vittime.
 
Fonti israeliane, inoltre, assicurano che i “gruppi terroristi” della Striscia di Gaza hanno acquistato una serie di armi più perfezionate di quelle costruite artigianalmente nella Striscia, dai contrabbandieri che hanno saccheggiato gli arsenali libici. L’intelligence israeliana parla apertamente sia di «sistemi SA-7 (un sistema antiaereo a ricerca di calore e a spalla simile all’americano Stinger) che di lanciatori multipli di missili Grad». Questa della circolazione incontrollata di armi, in massima parte di fabbricazione occidentale, è un male che sta dilagando in buona parte del Medio Oriente, soprattutto per via del conflitto libico e di quello siriano.
 
In realtà la guerra dimenticata di Gaza conosce nuovi episodi quasi quotidianamente: i bombardamenti serali sono all’ordine del giorno, e così i morti e i feriti, mentre nella Striscia l’apertura parziale dei valichi del Sud verso l’Egitto non permette un innalzamento della qualità della vita del milione e mezzo di “prigionieri”: la Primavera araba egiziana non ha ancora portato i suoi effetti duraturi. Da parte israeliana, ovviamente, si lamentano gli attacchi missilistici verso il territorio circostante la Striscia, che tuttavia non provocano da qualche tempo che danni materiali.
 
In un contatto con alcuni amici abitanti di Gaza City, abbiamo raccolto non solo il timore per i bombardamenti che sono aumentati d’intensità e di potenza di fuoco, ma soprattutto la stanchezza profonda di una popolazione che vive dal 2007 praticamente segregata nella Striscia. «C’è solidarietà tra gli abitanti, in particolare tra i 1500 cristiani che abitano nella Striscia – ci hanno detto –, ma c’è veramente poco da condividere, se non la disperazione e la frustrazione. La disoccupazione generale è all’80 per cento della popolazione, mentre quella dei giovani sfiora il 90. Cosa si può fare in questa situazione? Le tensioni scoppiano per un nonnulla, anche all’interno delle famiglie, esasperate dalla mancanza di attività e di prospettive».
 
La stampa internazionale, purtroppo, non reputa degna di “notiziabilità”, se non in misura minima, la perpetuazione di un conflitto sordo e silente, ma quanto mai reale.
 
Per maggiori informazioni vedi http://terrasantalibera.wordpress.com
 

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