Gandzasar
Sulla cresta di una collina verde dalla vegetazione quasi impenetrabile svetta la sagoma familiare delle chiese armene.
Protetto da un muro di pietra antica, l’affascinante monastero di Gandzasar da un lato è aperto sull’infinito delle valli e dei rilievi, mentre dall’altro è chiuso sulla finitezza del monastero che ospita di nuovo quattro monaci. Tutto, o quasi, è restaurato a dovere.
Penetro nella chiesa scontrandomi coi fedeli che escono arretrando per la porta principale, segnandosi alla maniera ortodossa. Dall’interno provengono nenie liturgiche, reminiscenze di lontane profezie sul popolo armeno, più che di vicine promesse. Tutto in Armenia e nella sua Chiesa ha un legame con la tradizione. Apostolica, ovviamente. Nell’atrio, i candelabri consumano in quantità industriale candeline gialle e distorte che i piccoli fedeli dispongono in geometrie bizzarre.
Mi stupisce la fede che la gente mette nel semplice gesto di accendere un cero. Attraverso la soglia di una porta modesta nelle dimensioni ma ricca nelle decorazioni filtrano note e grani: quelle delle salmodie liturgiche, quelli dell’incenso che brucia nel turibolo. Dalla feritoia che s’apre sull’abside, filtra una violenta lama luminosa che si solidifica nelle volute dell’incenso. Tre monaci recitano le formule canoniche. Capisco perché sia stato Gregorio l’Illuminatore a portare il cristianesimo agli armeni nel III secolo.
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Per capire meglio l’Alto Karabakh Regione da sempre abitata in prevalenza da armeni, conobbe l’abominio del genocidio dei primi anni del Novecento. Poi fu destinata dalla geografia staliniana all’Azerbaijan, nel 1921. Appena crollato il regime comunista, gli armeni cominciarono a rivendicare l’autonomia della regione.
Dopo scaramucce e scontri iniziati già nel 1988, si scatenò una violentissima guerra, durata dal 1991 al 1994, che provocò persecuzioni per gli armeni che erano in Azerbaijan, in particolare a Baku, e per gli azeri che abitavano il Nagorno-Karabakh. Si dice che vi siano stati 100 mila morti in totale e 200 mila profughi. Cifre enormi, se si pensa che attualmente il Nagorno-Karabakh è abitato solamente da 192 mila persone.
(tratto dal blog: mzanzucchi.blogspot.com)