Gandhi, 150 anni portati bene

Anche se sembra che il mondo vada da tutt’altra parte, figure come il Mahatma restano attualissime perché hanno saputo indicare la via non violenta alla convivenza dei popoli.

 

Il 2 ottobre del 1869 a Porbandar, nello stato del Gujarat in quella che era allora un’India unita, nasceva Mohandas Karamchand Gandhi. Sarebbe diventato il Mahatma – come Rabindranath Tagore lo aveva soprannominato – la “grande anima”. Il 2 ottobre 2019 Gandhi avrebbe compiuto 150 anni. Si tratta di una di quelle persone che ha fatto la storia non solo del suo tempo e del suo popolo ma dell’umanità intera. Lui stesso era ben cosciente della dimensione del suo respiro universale. Aveva scritto, ancora nel 1929: «La mia missione non è meramente la fratellanza dell’umanità indiana. La mia missione non è soltanto la libertà dell’India anche se oggi, di sicuro, tale obiettivo assorbe praticamente ogni energia vitale e ogni attimo del mio tempo. Ma attraverso la realizzazione della libertà dell’India spero di sviluppare e portare avanti anche la missione della fratellanza dell’uomo».

Gandhi, sebbene legato ai processi che portarono all’indipendenza del sub-continente indiano, era, in effetti, aperto su tutta l’umanità e lo confermano quanti si sono ispirati, sia pure in modo diverso, a lui per realizzare rivoluzioni pacifiche in diversi contesti storici e geografici. Per fare alcuni nomi, ricordiamo Martin Luther King, Nelson Mandela ed il vescovo Tutu, Aung San Suu Kyi ma anche fenomeni di massa come quello che portò alla rivoluzione popolare pacifica nelle Filippine che costrinse il dittatore Marcos a lasciare il Paese.

Gandhi ha dato vita a processi che mirano a realizzare pace e giustizia, attraverso alcuni principi ed intuizioni che hanno svelato il suo genio politico e sociale ma anche la sua profonda dimensione spirituale. Ha, infatti, lavorato alla pace attraverso il principio della ahimsa, non-violenza ed ha proposto ideali sociali con il suo concetto di sathyagraha, restare radicati nella verità. Idee che si ispirano alla cultura millenaria delle religioni dell’India, quelle di sanatana dharma, in particolare induismo e giainismo. È riuscito, tuttavia, ad applicarle alla vita del suo tempo e, soprattutto, ha mostrato con il suo essere e la sua testimonianza personale che potevano essere vissute. In tal senso Gandhi resta un emblema di coerenza ed imitabilità. È sempre rimasto fedele, infatti, a quanto credeva e predicava e poteva affermare a tutto diritto: «La mia vita è il mio messaggio». La coerenza di cui era capace toglieva a queste parole qualsiasi venatura di pretenziosità.

Proprio questo lo ha reso, anche, un personaggio scomodo, difficile da decifrare e, spesso, assai controverso. Non di rado, infatti, le stesse fasce sociali per le quali si era battuto sono state protagoniste di scontri e polemiche con il Mahatma. L’esempio più eclatante è la polemica lunga ed irrisolta con Ambedkar, leader dei dalit – o come il chiamava Gandhi harijans, figli di Dio – i fuori casta. Sebbene impegnato alla loro promozione sociale, Gandhi era fortemente criticato da Ambedkar che sosteneva che, in effetti, la sua posizione e la sua politica non facevano altro che perpetuare il destino drammatico dei dalit. La sua posizione di apertura, come indù, verso tutte le comunità, con una attenzione particolare verso i musulmani – il secondo gruppo religioso dell’India – è stato un contenzioso che gli è costato la vita e che continua ancora oggi ad essere fortemente ostacolato da fondamentalisti indù, alle cui frange apparteneva il suo assassino – Nathuran Godse – e che attualmente controllano l’intero Paese.

A cento cinquant’anni dalla nascita e a 71 dalla morte in un mondo come quello attuale, globalizzato e dove la tecnologia provoca esasperazioni semplicemente impreviste alcuni decenni orsono, sembra assurdo ed anacronistico parlare di Gandhi e dei suoi ideali di semplicità, sobrietà, giustizia fra le classi sociali, armonia fra le religioni. L’immagine di un uomo che tesse all’arcolaio per combattere le superpotenze del suo tempo difficilmente si armonizza con quanto vive la nostra società super tecnologica e robotizzata. Eppure, varrebbe la pena recuperare gli ideali gandhiani e vedere se e come possono essere armonizzati ed applicati alla nostra società odierna. Uomini e donne come Gandhi non vivono invano: lasciano tracce preziose che le generazioni successive sono chiamate a mediare all’interno di un mondo in rapida evoluzione.

Ma il problema non è solo attuale. Da sempre Gandhi, come tutti i profeti, è stato ed ha continuato ad essere un segno di contraddizione sia nel suo Paese come nel mondo intero. Ne era ben cosciente lui stesso se aveva affermato: «Una volta che questi occhi saranno chiusi per sempre ed il mio corpo sarà consegnato alle fiamme, ci sarà tutto il tempo per pronunciare un verdetto sulla mia opera». La stessa coscienza l’avevano anche i suoi contemporanei. Albert Einstein, per esempio, da un lato, ammetteva di trovarsi di fronte al «più grande genio politico del nostro tempo che ha dimostrato di quali sacrifici è capace l’uomo quando abbia trovato la via giusta». Dall’altro, non esitava ad affermare che «le generazioni a venire stenteranno a credere che un individuo simile, in carne e ossa, abbia potuto calpestare questa terra».

Eppure, sono questi gli uomini e le donne che “fanno la differenza” nella nostra storia. Gandhi ha rappresentato una luce, come gli indiani stessi si sono resi conto nel momento della sua morte. Lo sintetizzò bene Jawaharlal Nehru, primo ministro dell’India indipendente che la sera del 30 gennaio 1948 annunciò: «Amici e compagni, la luce è partita dalle nostre vite e c’è oscurità dappertutto. Il nostro beneamato leader Bapu, come lo chiamavamo, il padre della nazione, non c’è più. Non correremo più da lui per un consiglio o per cercare consolazione e questo è un terribile colpo, non solo per me ma per milioni e milioni in questa nazione». Ad un secolo e mezzo dalla sua nascita, il nome di Gandhi continua ad oscillare fra questi estremi e ad interrogare tutti noi nel XXI secolo. Eppure, c’è nel suo pensiero e nel suo spirito una ispirazione che potrebbe offrire una gamma di contributi alla vita socio-politica e religiosa del mondo attuale.

 

 

 

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