Gaîté Parisienne e le atmosfere della Belle Époque parigina

Il coreografo Fredy Franzutti rielabora un balletto (quasi) dimenticato, con citazioni dal varietà, cinema e cabaret, Degas e Toulouse-Lautrec, sulle note spumeggianti delle composizioni di Jacques Offenbach. Al Teatro Fraschini di Pavia

Si aggiunge al ricco e variegato repertorio del Balletto del Sud di Fredy Franzutti, lo spettacolo Gaîté parisienne, titolo raro nei cataloghi delle compagnie moderne, e quasi dimenticato tra i balletti del passato (creato nel 1938 da Léonide Massine per i Ballets Russes di Montecarlo sulle musiche di Jacques Offenbach arrangiate da Manuel Rosenthal). Eppure, andando indietro nel tempo, si conoscono rappresentazioni e riprese dell’American Ballet Theatre, del Royal Swedish Ballet, del London Festival Ballet, de Les Ballets de Montecarlo. Maurice Bejart al Théâtre de la Monnaie, per le Ballet du Vingtième Siècle e poi col Ballet Lausanne, ne fece, nel 1978, una fantasiosa versione autobiografica legata alla sua giovinezza, rievocando gli anni di apprendistato a Parigi. Una versione anche italiana, tutta contemporanea, si deve, più di recente, all’Opus Ballet.

Ma il pregio del celebre titolo è la sua struttura originale e il coreografo Franzutti la rivisita e la riscrive con il suo peculiare piglio autoriale di rielaborazione – anche dei classici –, che include lo studio puntiglioso di scene e costumi per far rivivere il clima, il brio, l’euforia dell’epoca, di quel guardare indietro con rispetto e divertimento per recuperare e restituire un patrimonio di bellezza. E allora Gaîté parisienne di Franzutti, riportando l’allegria, gli atteggiamenti amorosi, le danze conviviali, le citazioni della Belle Époque, ci trasporta in un passato che inebria gli occhi.

Quell’allegria parigina del titolo sembra emergere e animarsi dalle pitture di Edgar Degas e di Toulouse-Lautrec, col magnifico ensemble di 22 ballerini che come tableaux vivant si accendono di vita, di movimenti, di colori, suscitati dalla frizzante musica del compositore tedesco Offenbach. Musica che celebrava l’arrivo del XX secolo, foriero di progresso, di creatività, di ottimismo, di libertà dei costumi, con la donna al centro che viveva un inizio di emancipazione sociale, rappresentata dalle spigliate Cancaneuses dei locali parigini. Abbigliate di piume e lustrini, non mancano le loro ammiccanti figure – insieme a cocodette, camerieri, matrone dell’alta società, avventurieri e altri personaggi del plot originario – nella rutilante coreografia di Franzutti che scorre in una dinamica progressione a quadri tra mazurke, polke, e walzer, fino al trascinante can can finale, il Galop infernal da Orfeo agli Inferi con al centro il virtuoso Ovidiu Chitanu. Un vero cammeo nello spettacolo è la ricostruzione del passo a due Le Papillon, creato nel 1860 dalla grande ballerina Maria Taglioni per l’allieva prediletta Emma Livry: un leggero, intenso soffio romantico.

Il 20 al Teatro Verdi di Brindisi; il 3 gennaio al Teatro Piccinni di Bari.

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons