Gaetano Previati, tra Simbolismo e Futurismo
Cento anni fa, a 66 anni, Previati, pittore ferrarese, si spegneva. La sua città gli ha dedicato una rassegna al Castello Estense con l’esposizione di disegni e tele che raccontano l’opera di un personaggio oggi poco frequentato, eppure molto significativo.
Gli anni dal secondo Ottocento al primo ventennio del “secolo breve” sono anni in ebollizione, politica, sociale, economica e culturale. Anni di Carducci Pascoli e D’Annunzio, della Scapigliatura, di Puccini e Mascagni, di Mahler e di Freud,di Proust e Debussy.
In pittura di Monet Cézanne Picasso, Moreau e Klimt e fra noi di Segantini, Boccioni, solo per fare alcuni nomi. Un intrico di stili e correnti, in cui Previati si pone con un linguaggio tutto suo affrontando ogni genere di temi: ritratto, storia, religione natura.
«L’arte è la capacità di far rivivere le immagini della mente e di renderle sensibili con i mezzi dell’arte pittorica», scriveva. Ecco dunque l’emozione della Commedia dantesca nel Paolo e Francesca (Bergamo, Accademia Carrara), un viluppo unitario di corpi nella morte con la pennellata sfrangiata; ecco l’Assunzione (1903) fantasmagorica, preludio ai tanti soggetti sacri, in particolare agli affreschi della Via Crucis nel cimitero di Castano Primo.
E soprattutto ecco la grande tela della Maternità (1890-91, Banco Popolare di Verona e Novara) in cui risponde alla celebre opera delle Due madri di Segantini usando lo stesso linguaggio “divisionista”, ossia l’uso di un colore in fibrillazioni luministiche.
Ma Previati vi aggiunge quel tocco lievissimo, di nuvola, che carica la tela della Donna con il bambino sotto l’albero circondata dagli angeli di un senso simbolico e spirituale intenso, qualcosa di nuovo rispetto alle immagini tradizionali: la vaporosità dell’amore, la sua purezza e trasparenza universali resa con luci e figure evanescenti.
Una sensibilità alla Pascoli, si direbbe, che riapparirà nel 1892 nella delicatissima Madonna dei crisantemi (Milano, Galleria Nazionale Arte Moderna). Tocchi di tinte in dissolvenza, di dolce malinconia, non prive però di energia come ne Il giorno sveglia la notte (1905, Trieste, Museo Civico) con la donna sotto i raggi solari in una stupenda variazione di rossi e gialli che fanno di Previati un gran colorista.
Un’arte come questa è vicina al sogno, alla visione onirica che poi la pittura espone come contemplazione inconscia che si fa vedere. Lo si nota in uno degli esiti più alti, Il Notturno (1909 Il Vittoriale, Gardone) omaggio certo a D’Annunzio e inno alla musica in forme sinuose di donne perse nel sonno e dunque nel sogno. Il sogno simbolo delle vera vita che l’arte ha il compito di portare alla luce?
È mistero. Un mistero bello e struggente, quello dell’arte di un Previati.