Gaetano nel labirinto
Ristorante di una cittadina a nord est dell’Ungheria, che ha dato il nome al famoso vino Tokaji. Festeggio con Giuliano, visibilmente stanco ma soddisfatto, il successo del suo ciclo di conferenze. Te ne sei fatti di amici in Ungheria! – esclama -. Sono contento che apprezzino il tuo lavoro. Ho visto quanti ti vogliono bene, alunni e colleghi. Nemmeno le mie figlie mi accolgono con tale calore…. Intanto guarda in giro l’ambiente volutamente rustico, gli altri clienti del ristorante, le cameriere civettuole. Poi, tornando a me che leggo il menu: Ricordi quella chiacchierata sulla fede?. Alla mia conferma, nonostante gli anni passati, continua: Quella sera mi ha sconvolto la tua irresponsabilità nel giocarti per me le tue certezze. Ho voluto chiudere il discorso senza impastare il mio ragionamento con la tua incoscienza. Ma la cosa non si è fermata lì. Dopo che le due figlie se ne sono andate per conto loro, dopo il divorzio da Loretta, in certe ore difficili, mi è sembrato di vederti riapparire all’orizzonte della mia stanza e nell’insignificanza delle cose ti imponevi con una forza che neanche tu sai di possedere. Giuliano mi costringe a fare un salto indietro, al tempo in cui studiavo a Roma. Era l’Anno Santo, un avvenimento di tale portata da mettere a dura prova la città: per questo motivo un mangiapreti come lui inveiva contro il papa anche durante l’interrogazione di letteratura che mi stava facendo. Vedendomi sorpreso, se non disgustato, mi chiese se ero credente. Saputo di sì, stavolta fu lui a sorprendersi. Dominava la cultura marxista, credere era come essere rimasti ad una stagione già tramontata. Non pensai minimamente che la mia risposta avrebbe potuto peggiorare lo stato di insofferenza del professore. Diventammo amici e mi propose di darci del tu. Una sera Giuliano mi invitò ad andarlo a trovare con la scusa di un articolo che avrebbe potuto interessarmi. Il motivo era un altro. Mi raccontò che giorni prima era riuscito a convincere un vecchio compagno di scuola a lasciare il sacerdozio, dimostrandogli come la sua scelta fosse stata soltanto emotiva, legata ai sogni di un’età immatura. Il fatto è – concluse, guardandomi negli occhi – che mi dispiace vederti girare nel labirinto di una fede ormai ingiustificabile. Sei intelligente e vorrei aiutare anche te a uscire dal vicolo cieco. Perché dovresti farlo?. Avevo diritto di sapere. Hai ottime possibilità di riuscire in molti campi. Giusta la nota che ti ha scritto Ripellino sulla tesi che sei un poeta ma, purtroppo, con l’anima da missionario! Hai talenti da vendere. La fede ti penalizza, ti limita, impedisce al tuo pensiero di crescere perché crea un circuito chiuso. Poi, forse per mitigare la sua violenta sicurezza, con voce più suadente mi raccontò: Da giovane anch’io ardevo di fede. Addirittura non è stata lontana una vocazione religiosa. Alla tua età avevo forti domande sul senso della vita. Mi sono ubriacato di misticismo. Per capire il messaggio dei Vangeli mi sono messo a leggere testi di esegesi, non quell’immondizia d’analisi marxista che si fa oggi ma secondo il metodo della critica francese e tedesca, libri che trafugavo dalla biblioteca di mio padre. Lentamente mi sono reso conto che la loro composizione non era stata una cosa semplice ed era finalizzata alle comunità da formare alla nuova fede. Ma il dubbio è stato innescato dalla frase messa in bocca a Gesù in croce: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?, il che dimostrerebbe che non era figlio di Dio, l’atteso Messia, né tanto meno il Dio-Salvatore come dite voi cristiani. Un Dio spaccato in sé stesso? Corroso da quella frase, lentamente si è spezzato quel filo che caparbiamente mi rendeva dipendente dalla religione. Il legame che sentivo con Gesù divenne presto una nozione, come la conoscenza di un personaggio di una storia qualsiasi. Praticamente ho perso quella che chiamavo fede. Giuliano a quel punto si fermò, scrutandomi con uno sguardo interrogativo. Ero impacciato perché sapevo di non avere un’adeguata competenza teologica e le parole che forse lui attendeva. Certe domande non me le sono mai poste – replicai -. Il mio è un rapporto con Dio cresciuto con la vita stessa, fortificato attraverso le circostanze buone o cattive della vita. Il grido di Gesù per me è qualcosa che me lo avvicina. Non so spiegarlo, ma sento che è così. La tua – riprese – più che fede è un sentimento oscuro, irrazionale. Le tue non sono convinzioni reali ma l’adozione acritica di tutto quello che ti hanno detto e insegnato, un buonismo che non ti porta lontano. Ha ragione san Tommaso a dire che i desideri del cuore non sono argomento per arrivare alla conoscenza di Dio. Tu non hai mai fatto un confronto con la realtà storica, col processo evolutivo che tende inevitabilmente all’autonomia della ragione, alla libertà. Devi uscire dal mito! In questo stato, basterà un vento e ti troverai senza terra sotto i piedi, come mi sono trovato io. E dopo un lungo silenzio: Se vuoi ti aiuto a uscire da questo vicolo cieco. Se ci stai, nel giro di un anno ti cambio la testa. Dentro di me si scatenò la burrasca. Domande incalzanti, una dopo l’altra si susseguivano nella mia mente, mentre arrossivo per non saper dare le risposte di cui aveva bisogno il mio interlocutore, che tanto stimavo. Desideravo ardentemente che al mio posto ci fosse un esperto teologo che potesse saziare la sua sete. Ma c’era soltanto uno studente universitario pieno di sogni e di entusiasmo, e ignorante in fatto di teologia. Il silenzio non poteva durare troppo. Lo sguardo di Giuliano era come un trapano rovente. Mi trovai davanti ad una scelta rischiosa. Perché mi vuoi aiutare?, chiesi. Perché sei una persona intelligente e mi dispiace vederti nel vicolo cieco. I tuoi pensieri sono frutto del tuo passato, della tua educazione, sono paure che altri ti hanno trasmesso. Mai arriverai al- la verità, tutto quello che sai ti impedisce di raggiungerla. Giuliano era sincero. Fui toccato dal calore che metteva nel parlare. In quel momento lungo e breve capii che difendere la Chiesa, le istituzioni, i princìpi, i dogmi non avrebbe portato avanti il dialogo. Mi venne in mente Gesù quando dichiara che non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici. Giuliano era un amico, non il bersaglio sul quale lanciare le frecce delle mie convinzioni. Dissi con fermezza: Sono pronto ad accettare il tuo aiuto!. In quel momento, come capita a chi ha superato un esame, mi sembrò di spaziare liberamente nella gioia. Paradossalmente, mi sentivo più forte ancora nella mia fede. E in questo stato mi venne da chiedere a Giuliano: Tu mi hai detto che da giovane hai pubblicato un saggio di cui ora ti vergogni. Ciò significa che le tue idee hanno avuto uno sviluppo se non un capovolgimento. Se domani ti rendessi conto che le tue convinzioni di oggi non sono valide, su quali binari mi condurresti per cambiarmi la testa? Giuliano senza esitare rispose: Vedi, il progetto resterebbe anche se cambiassi idee. Perché il mio scopo non è altro che di farti uscire da una trappola che prima o poi ti impedirà di arrivare alla verità. Guarda in giro quanti bigotti sono incapaci di leggere la realtà. Vivono in una dimensione irreale e pericolosa per loro stessi e per gli altri. La loro fede è idolatria, altro che profezia! La loro sicurezza fa pena. Li brucerei tutti!. Poi, calmatosi un po’, con un tono diverso: Gaetano, tu hai una tale fede da essere capace di rimanere senza fede. Questo mi disorienta. Se vogliamo restare amici, forse è meglio che non tocchiamo mai più questo argomento. Eccoci, dopo anni, ancora una volta l’uno di fronte all’altro. La bassa illuminazione del ristorante non impedisce ai suoi capelli bianchi di risplendere, carichi di un gel che non riesce a imbrogliare il tempo, che impietoso ha lasciato profondi solchi sulla fronte e attorno agli occhi. Mi dicevi – riprende – che mi ammiravi per come difendo le mie certezze, ma non ho avuto tempo di dimostrarti che le mie vincite sono brevi vittorie. Tu possiedi l’unica forza vincente. Come quel Gesù così amato e così scomodo. In fondo lui non ha fatto altro che giocarsi il suo paradiso svelando, con la sua spaccatura esistenziale, che è come me, come te. Questo è il vero paradosso dell’amore, che in ultima analisi è l’unica prova di possedere la libertà. Tante volte ci ho pensato e ripensato. Se non fosse per il mio testardo orgoglio, in certi momenti mi sarei buttato in ginocchio a piangere perché sentivo di essere avvolto da qualcosa di sacro. Io non credo in Dio, ma nel tuo Dio ci credo! È il momento di brindare con un Tokaji aszú. Giuliano, alzando il calice di vino dal caldo colore ambrato, assume l’espressione di chi sta per recitare una parte importante: Questo re dei vini, vino dei re, deve il suo inconfondibile carattere e la sua fortuna ad una muffa. La muffa è come il dolore: o ti esalta o ti consuma. La stessa muffa, che in condizioni particolari ne fa un nettare, può farlo marcire. Come hai fatto con me. Se tu avessi difeso la tua fede saremmo entrati in guerra marcendo tutti e due nella muffa dei princìpi astratti e retorici della nostra società individualista. Il tuo rischio mi ha insidiato per anni. Ma alla fine sei riuscito a esaltare ciò che io stesso avevo sepolto. Brindiamo al tuo Dio, che è il mio Dio!.