Il G7 ritrova coesione?

Il vertice dei capi di Stato e di governo ha tentato di ritrovare l’unità dei suoi membri, ma alcune decisioni, come quelle sul cambiamento climatico, sono ancora inficiate dagli interessi nazionali. I nodi del carbone, del commercio mondiale e della conferenza delle democrazie
(AP Photo/Jon Super)

I Ccapi di Stato e di governo delle sette economie più avanzate del mondo si sono riuniti a Carbis Bay, in Cornovaglia, nel Regno Unito, per il vertice del G7. Durante lo scorso fine settimana, i leader dei sette Paesi (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti), che rappresentano il 40% del PIL (prodotto interno lordo) globale e il 10% degli abitanti della Terra, hanno cercato di lanciare un segnale di ritrovata unità, nonostante restino alcune divergenze, su alcune sfide globali, come il cambiamento climatico, il libero scambio e l’uguaglianza di genere.

I leader del G7, i cui orientamenti politici su un determinato tema si ripercuotono a livello di molte altre organizzazioni e istituzioni internazionali, però, si sono impegnati a donare un miliardo di dosi di vaccino contro il Covid-19 ai paesi più poveri, promettendo di porre fine alla pandemia di coronavirus, chiedendo una nuova indagine sulle origini del virus.

Eppure è mancato un accordo tra i sette grandi sulla definizione di un obiettivo per l’eliminazione graduale dell’uso del carbone nei rispettivi paesi, questione non secondaria in vista della conferenza sul clima Cop 26 che il Regno Unito e l’Italia organizzeranno a Glasgow a novembre 2021 e del G20 che l’Italia ospiterà ad ottobre.

Infatti, il G7 non è riuscito a porre dei nuovi standard globali sul cambiamento climatico, non è riuscito a fissare una data per arrestare l’uso del carbone e neppure ad approvare una proposta per fermare la produzione di auto diesel e benzina. L’Unione europea non è riuscita ad imporre la propria visione sulle delocalizzazioni di quelle imprese si trasferiscono in altri paesi per sfuggire a standard di emissioni più elevati, dovendo accettare di procedere autonomamente con un piano per limitare le importazioni ad alte emissioni di carbonio.

Joe Biden è giunto in Europa per la sua prima visita all’estero da presidente degli Stati Uniti che, dopo i quattro anni di presidenza di Donald Trump, ora sono ansiosi di rilanciare un fronte comune delle democrazie occidentali per contrastare la Russia e la Cina. Allo stesso tempo, i leader del G7 hanno inviato un messaggio mirato alla Cina sugli abusi dei diritti umani e le manovre militari ostili.

Invero, la cosiddetta Dottrina Biden, secondo una definizione data da Thomas Wright, questo fronte comune tra le due sponde dell’Atlantico dovrebbe servire da catalizzatore per rilanciare una conferenza delle democrazie che riunisca paesi dai valori e principi comuni, per vincere la competizione sistemica e, alla fine, esercitare una governance assieme alla Cina.

Infine, la pandemia di Covid-19 ha avuto un impatto estremamente negativo sul commercio mondiale, mentre sono aumentate le forme di protezionismo. Seppure con una nuova amministrazione negli Stati Uniti e un nuovo direttore generale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), anche le speranze di una riforma dell’OMC sono ostacolate dall’impatto della pandemia sull’economia globale. Tuttavia, il Consiglio ministeriale dell’OMC, previsto a dicembre, sarà particolarmente importante per salvare il commerciale globale, e, pertanto, questo G7 ha assunto una rilevanza maggiore rispetto al passato, ma permangono ancora degli interessi nazionali che impediscono il raggiungimento di compromessi efficaci.

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