G7, e perché non G8, G9, G10, G20+?
Hanno fatto visita al memoriale della tragedia, finora per fortuna unica, delle esplosioni atomiche di Hiroshima e Nagasaki, che diedero un colpo decisivo per la fine della Seconda guerra mondiale, ma a costo di una drammatica “prima volta” che ha fatto perdere al mondo intero l’innocenza rimastagli dopo la Shoah. La visita sembra un monito rivolto in primis alla Russia, ma anche all’Iran, alla Corea del nord, all’India e alla Cina, ma anche agli stessi Stati Uniti, perché si eviti a ogni costo l’uso dell’arma nucleare nel corso del conflitto ucraino, o di qualsiasi altro conflitto, il che come tutti sanno vorrebbe dire immettersi in una via senza ritorno. Ucraina, di cui si è parlato nella prima sessione del G7 nipponico, a testimonianza della volontà di non flettere nel sostegno a Kyiv, anche se nel contempo, al di là della facciata, c’è tanta voglia di finirla con questa guerra, magari dopo aver dato un sonoro sculaccione a Vladimir, ma di finirla, perché l’economia mondiale ne soffre. Anche gli addestramenti concessi ai piloti ucraini sugli F16 non oscurano l’impressione di fondo sulla situazione. Non a caso, subito dopo il Dossier Ucraina, in agenda si è aperto quello sulle analisi della situazione economica globale, che desta non poche preoccupazioni ai partner del G7, anche per fini elettorali di non pochi di loro.
La visita dell’inviato di Pechino a Kyiv, il proseguimento dell’accordo sul grano ucraino fino al 18 luglio, la presentazione da parte degli ucraini di dieci punti per la fine della guerra, le fibrillazioni di tanta diplomazia europea dicono che forse qualcosa si muove, tantopiù che le posizioni militari non sembrano ancora conoscere la chiara supremazia di uno dei contendenti. La tanto annunciata controffensiva ucraina non è ancora iniziata, mentre Zelensky è diventato un globetrotter per sostenere le posizioni ucraine determinate a recuperare tutto il territorio perso nel 2014 e nel 2022, con gli interessi: Italia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Lega Araba, infine il G7, una tournée durata una dozzina di giorni.
Un terzo argomento – dopo la guerra in Ucraina e l’economia mondiale – è stato messo in agenda sin dalla prima sessione del G7: le preoccupazioni per gli sviluppi impetuosi dell’AI (AI, in inglese, sta per intelligenza artificiale, in italiano IA). In questi ultimi mesi si sono moltiplicati gli allarmi lanciati da alcuni padri fondatori dell’IA, legati a grandi aziende quali Meta, Google e Microsoft, che paventano che gli algoritmi dalla potenza di calcolo inimmaginabile della IA sfuggano di mano al controllo dei suoi creatori, o che, peggio, possano essere manipolati da potenti lobby senza scrupoli a fini economici, tecnologici, politici o addirittura militari. S’è parlato di una possibile regolamentazione transnazionale dell’IA, tema al solito altamente ostico per coloro che voglio società in totale de-regulation, che aborrono cioè i lacci e i lacciuoli della legge.
A questo proposito, si ha la chiara idea che, ormai, ogni eventuale regolazione della materia abbia bisogno di norme transnazionali, con la parallela questione aperta dell’attuale debolezza delle attuali istituzioni internazionali, progressivamente svuotate di autorità e mezzi. Ulteriore questione: a che punto sono i cinesi e il loro mezzo milione di ingegneri informatici che, in un modo o nell’altro, lavorano sugli sviluppi dell’IA? Il timore è che, d’improvviso, i cinesi estraggano dal loro cilindro qualche prodotto che sbaragli il campo e renda incontrollabili le applicazioni cinesi di IA. In particolare preoccupa l’industria degli armamenti, nella quale si sta cercando in ogni modo di applicare i metodi e le tecnologie di IA.
Per tutti questi motivi, appare non solo urgente ma addirittura indispensabile che si metta fine al conflitto ucraino per sedersi attorno a un tavolo per un rinato G8 (con la Russia), oppure un inedito G9 (con l’aggiunta della Cina), o addirittura un G10 (con l’India), e naturalmente con un rinforzato G20+ (con gli altri Paesi emergenti). I problemi del nostro pianeta sono globali, ma non si vuole ancora crederlo del tutto, anzi sembra che si voglia tornare a una generalizzata guerra fredda.
_
Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre riviste, i corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it
_