G20 e brevetti anti Covid 19
Alla vigilia del summit del G20 di Roma sulla salute globale, il Parlamento europeo ha votato a favore della sospensione temporanea dei brevetti dei vaccini. La risoluzione non è vincolante e conferma una spaccatura esistente tra le forze politiche: 293 voti a favore, 284 contrati e ben 119 astenuti.
Come in ogni grande evento preveduto da intensi lavori preparatori, sono già note informalmente le conclusioni della dichiarazione conclusiva che, nelle bozze fatte circolare, non contiene alcuna adesione alla proposta avanzata da India, Sud Africa e altri 100 Paesi all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio, di procedere ad una «una sospensione temporanea dei diritti di proprietà intellettuale relativi ai vaccini, alle attrezzature e alle terapie per far fronte alla Covid-19». Istanza che ha ricevuto, invece, un’inattesa apertura da parte del presidente Usa Joe Biden. Si spiega, in tal modo, la contro manifestazione intitolata “la salute non è una merce” organizzata a Roma da diverse organizzazioni sociali davanti Villa Doria Pamphili, sede del vertice presieduto dal presidente del consiglio dei ministri, Mario Draghi, e dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
Il nodo politico sarà sciolto nella prossima sessione dell’Organizzazione mondiale del commercio prevista per il prossimo 7 e 8 giugno, preceduta dall’Assemblea generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità in programma a Ginevra dal 24 maggio al primo giugno.
Alcuni si aspettano un’assunzione di leadership italiana, in forza della presidenza del G20, e di Draghi in particolare, per orientare la posizione della Ue su quella dell’amministrazione statunitense. Non tanto cioè una generica dichiarazione di intenti sull’accesso universale ai vaccini ma un’azione diretta alla sospensione della proprietà intellettuale sui vaccini da parte delle grandi società farmaceutiche.
Extraprofitti e salute globale
Come sottolinea senza mezzi termini la People’s Vaccine Alliance, sostenuta tra gli altri da Oxfam e Emergency, «dall’inizio della pandemia gli extra profitti realizzati grazie al regime di monopolio sui brevetti hanno reso miliardari ben 9 manager e investitori dei colossi farmaceutici». In particolare nell’elenco dei nuovi miliardari, compresi i co-fondatori dell’azienda cinese CanSino Biologics, si pone il caso dell’amministratore della società Moderna che «è tra le aziende che hanno usufruito in gran parte di contributi pubblici per lo sviluppo del vaccino».
Di parere opposto sono ovviamente i rappresentanti del settore farmaceutico privato come il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi che sostiene, invece, l’importanza della proprietà privata dei brevetti come leva decisiva che ha permesso il risultato straordinario della scoperta di più vaccini in tempi straordinariamente rapidi: «Liberare i brevetti non è la soluzione per produrre più vaccini perché la tutela della proprietà intellettuale e i brevetti servono proprio a garantire la ricerca».
A livello accademico tale presa di posizione ha forti sostenitori come l’economista Alberto Mingardi e lo storico della medicina Gilberto Corbellini, secondo i quali ogni definizione di vaccino come bene comune è «un vero e proprio caso di pregiudizio ideologico-moralistico» basato sulle «false intuizioni psicologiche, che inducono a credere che il funzionamento dell’innovazione potrebbe procedere altrettanto bene, sostituendo incentivi solo morali a quelli anche economici che attualmente lo governano». Per i due studiosi resta valida la tesi classica secondo cui «l’egoismo del profitto può assecondare il benessere sociale» in quanto «la crescita economica moderna è stata resa possibile in un mondo nel quale tutti abbiamo accettato di appellarci non alla benevolenza del macellaio, del birraio e del fornaio, bensì al loro autointeresse».
La questione potrebbe risolversi molto più pragmaticamente, secondo l’economista Mariana Mazzucato, condizionando il finanziamento pubblico ai privati sulla ricerca dei farmaci alla disponibilità della condivisione dei risultati raggiunti. Come riporta Cinzia Arena su Avvenire citando fonti statunitensi, infatti, ben «il 98% della ricerca sui sieri anti Covid è stato finanziato da fondi pubblici».
Con riguardo poi alla presunta impreparazione dei Paesi emergenti nel produrre i vaccini anti Covid, che quindi vanificherebbe il superamento del monopolio dei brevetti, Oxfam cita il parere autorevole di Padmashree Gehl Sampath, economista della salute dell’università di Harvard, relativamente a «numerosi Paesi, tra cui India, Sud Africa, Bangladesh, Egitto, Tunisia e Etiopia «in grado di raggiungere la «capacità produttiva se i brevetti e la tecnologia fossero condivisi».
La sostanza della questione la pone Vittorio Agnoletto, coordinatore italiano della Campagna #NoprofitOnPandemic, secondo il quale «essendo stato vaccinato soltanto lo 0,3% della popolazione dei Paesi a basso reddito, il virus continuerà a diffondersi e a mutare e la pandemia, con tutte le sue varianti, continuerà a imperversare, con conseguenze inimmaginabili anche in Europa e nel cosiddetto primo mondo».
È in tale contesto che si pone l’iniziativa “Un vaccino per tutti” lanciata il 20 maggio dal Movimento dei Focolari grazie alla sua diffusione planetaria e alla molteplicità di rapporti che hanno visto, ad esempio, la partecipazione nella conferenza stampa di presentazione del rappresentante delle comunità islamiche in Italia, Yassine Lafram, e in collegamento dall’India di Vinu Aram, del Centro internazionale Shanti Ashram, custode dell’insegnamento del Mahatma Gandhi.
Interessi privati e salute di tutti
Tale istanza di accesso universale al vaccino si associa all’azione concreta e simbolica di sostegno all’ospedale fluviale “Barco Hospital Papa Francisco” che serve più di 1000 comunità lungo il Rio delle Amazzoni. Come ha messo bene in evidenza, durante la conferenza stampa, l’economista salesiana Alessandra Smerilli, sottosegretario del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale e membro Commissione vaticana Covid-19, non si tratta, però, di un atto caritativo ma di giustizia perché «gli interessi privati non devono essere anteposti alla salute di ogni persona nel mondo». Secondo Mario Bruno, presidente del Mppu, «l’internazionalismo dei vaccini è la risposta politica che possono e devono dare i governi e le organizzazioni internazionali».
Tale risposta si presenta molto articolata e differenziata perché oltre alla sospensione temporanea dei brevetti esiste anche la possibilità di giungere ad una mediazione con le case farmaceutiche lasciando alle stesse la discrezione di decidere, tramite un sistema di licenze volontarie, a chi e come concedere l’uso del brevetto.
Per trovare in qualche modo una soluzione non si andrebbe così a toccare la questione centrale che l’autorevole giurista e accademico dei Lincei Natalino Irti ha chiarito in un’intervista al Corriere della Sera e cioè «la fascinazione ideologica della proprietà, la quale, espandendosi dalle cose corporali ai beni dell’ingegno, vuol conservare il carattere “privativo” ed escludere gli “altri” dal godimento». Irti parla di un’eredità storica «stringente, ma forse il cammino, che appena s’ intravede, sta proprio nel carattere planetario della ricerca scientifica, e perciò nella “sprivatizzazione” dei suoi risultati. Alla comunità scientifica corrisponderebbe, nei campi di più evidente e condiviso interesse generale, la comunione dei risultati insieme conseguiti».