Il futuro di Cristina Kirchner

La ex presidente non ha solamente perso le ultime elezioni, ma deve prepararsi ad affrontare una lunga serie di processi penali e l’ineludibile giudizio politico sulla sua gestione del potere

 

Il futuro di Cristina Kirchner è tutt’altro che roseo. Non solo perché domenica scorsa ha sonoramente perso una nuova tornata elettorale. E nemmeno perché dopo che il suo partito, Frente para la victoria (Fvp), è passato dal 54% ottenuto nel 2011 all’attuale 21% una lista di fuoriusciti ha cominciato a ingrossare gruppi alternativi al suo, mentre il resto del peronismo prende prudente distanza da lei. Le sue preoccupazioni dovranno concentrarsi anche sul fronte processuale, che non prevede giornate idilliache.

Sappiamo, lo insegnano la prudenza e il diritto, che ogni cittadino ha diritto alla presunzione di innocenza fino a prova contraria. Plutarco, però, ci ricorda che «la moglie di Cesare non deve solo essere onesta, ma anche sembrarlo». In nessun caso, terminare un mandato di governo con decine di cause aperte è un buon segnale per un curriculum vitae politico. Il perché va ricercato proprio nella politica, il cui giudizio non si basa solo sulle prove ma anche sulle evidenze. E queste, quando girano aspetti delittuosi, vanno scongiurate.

Intanto a finire in manette, dopo un gruppo di ex modesti impiegati trasformati in pochi anni in milionari industriali, è stato l’ex ministro della Pianificazione federale dei Kirchner, Julio De Vido, colui che durante 12 anni aveva gestito fondi pubblici per circa 200 miliardi di euro. Varie decine di cause pendono sul ministro che eseguiva gli ordini di due figure, i Kirchner, per niente disposti a che venisse presa decisione alcuna alle loro spalle.

Finora è apparso abbastanza strano che De Vido fosse ancora in libertà, visto che due ex sottosegretari ai Trasporti, sotto la sua gestione, erano stati condannati per corruzione e per strage colposa nella causa della tragedia di “Once”, la stazione dove un treno affollatissimo si schiantò contro la testata dei binari provocando la morte di 51 persone. I treni erano in pessimo stato per la mancanza di manutenzione, i succosi sussidi pubblici erano usati dall’azienda proprietaria per altri fini. Erano stati omessi controlli e ispezioni sullo stato delle linee. L’incidente aveva portato in carcere i due sottosegretari che giammai avrebbero potuto agire senza l’ok del loro capo. Altre cause stanno indagando, ad esempio, sull’acquisto di materiale ferroviario obsoleto, lasciato poi arrugginire nei depositi, acquistati in Spagna e Portogallo. I venditori rimasero meravigliati: mai era accaduto che l’acquirente chiedesse di pagare più di quanto richiesto. In questi giorni De Vido deve spiegare il perché di prezzi esorbitanti per importare gas, nell’ordine dei 6 miliardi di euro, contratti gonfiati per altre decine di milioni di dollari.

La situazione di Cristina non è migliore. Ha ottenuto l’immunità come senatrice eletta, ma per essere ammessa dovrà sottoporsi all’esame preventivo da parte dei suoi pari. Le cause processuali lo permetteranno? Uno strano trattato con l’Iran la vede indagata per aver frenato le indagini relative all’attentato alla istituzione ebraica Amia, nel 1994, che fece 85 morti. Potrebbe forse rivelarsi la causa meno difficile, perché appare difficile stabilire delitti nelle decisioni politiche. Ma le sarà più complicato spiegare come sia stato possibile che le aziende di uno degli industriali amici, ora agli arresti, abbiano potuto affittare centinaia di stanze degli hotel amministrati dalla famiglia Kirchner (insieme ai due figli) senza che queste siano mai state occupate. Circa 5 milioni di dollari provenienti da tali introiti sono finiti in una cassetta di sicurezza di sua figlia (della quale non si conosce bene l’attività professionale), poi sequestrati dagli inquirenti. Altre cause cercano di trovare un filo logico per spiegare come, sempre lo stesso industriale, proprietario di decine di dimore di lusso, affittasse case contigue alle sue, di proprietà dei Kirchner, senza tuttavia mai abitarle.

Siamo di fronte a decine di cause che, con diversi profili, ripetono un meccanismo di accumulazione di capitali senza limiti che, anche in caso di assoluzione – i periti potrebbero forse trovare spiegazioni contabili –, non appare consono all’immagine di un capo di Stato. Sono le ragioni per le quali non si è solo di fronte a un processo penale, ma a un giudizio politico che probabilmente non le concederà l’ammissione al Senato, pur essendo stata eletta.

Ma in Argentina tutto è possibile. Meglio non fare previsioni ed, anzi, è bene avvertire che non siamo di fronte a un sistema giudiziario implacabile che sta spazzando via ogni caso di corruzione. Finché in Argentina non verrà riformata la costituzione in modo da garantire un’effettiva indipendenza della magistratura – oggi dipendenti dal potere esecutivo – bisognerà aspettare la fine di una gestione per poter indagare su delitti del genere: quale giudice avrebbe il coraggio di sfidare il potere? Anche l’attuale governo ha i suoi scheletri negli armadi.

 

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