Futurismo esoterico

“Il futurismo è all’origine di molto del nostro presente, positivo e negativo” scrive W. Pedullà per presentare il saggio vasto, ricchissimo di documentazione diramatissimo nell’analisi, che Simona Cigliana ha intitolato Futurismo esoterico. Affermazione, quella, discutibile ma almeno parzialmente vera nel suo insieme innegabile. Titolazione, questa, molto intrigante per chi, come me, non ha in gran simpatia il movimento della “immensificazione” e “moltiplicazione” del divinizzantesi – ma con volontà e voluttà gnostica – “Uomo-Dio” futurista. Grande merito dell’autrice è di aver analizzato e sintetizzato un’imponente quantità e varietà di notizie e di testi, elaborandoli in un vasto percorso euristico che, a partire dallo spiritismo americano-europeo (seconda metà del XIX sec.), illustra panoramicamente le ricerche e le ansie in ogni direzione paranormale – teosofia, antroposofia, occultismo – dell’invisibile materiale e dello spirituale percepibile, che incuriosirono anche illustri “esterni”, da Schelling a Manzoni a L. Capuana a Freud a T.S. Eliot. Ma ha anche il merito di affondare l’analisi, prima di parlare di futurismo e per giungervi, in intensi capitoli sulle complicazioni (co-implicazioni) e gli intrecci talora inestricabili di emergenti novità culturali in un’epoca, tra Otto e Novecento, in cui il rinascente idealismo ruscellava in tanti idealismi, alcuni dei quali ben aperti alla ricerca esoterica, come anche lo stesso positivismo ormai cadente rinasceva in tanti positivismi spesso inquietamente ed entusiasticamente aperti alle sorprese e alle meraviglie di ciò che si presentava irriducibile a definizioni e classificazioni solo materialistiche. Se vi aggiungiamo il “misticismo della conquista” e il “culto dell’azione”, scopriamo che vi maturava inoltre il brodo di coltura del fascismo. Ma io sto schematizzando, mentre il merito più solido e meno appariscente dell’autrice sta pro- prio nel dipanare, dalla sua posizione di sospensione ed equidistanza, la trama sottile, intricatissima e mobilissima, delle affinità e delle divergenze tra uomini, movimenti e azioni, spesso nutriti delle reciproche simpatie antipatie e cointeressenze in perenne evoluzione e metamorfosi. Lo scenario è grandioso, perche mostra e dimostra – tra l’altro, con rara perspicuità e proprietà di linguaggio – a quale esplosione (centrifuga e centripeta) vada inevitabilmente incontro la camicia di forza dell’illuminismo, doppiata dal positivismo, nel momento stesso in cui vuole definire e classificare ogni realtà in chiave materialistica e meccanicistica. Allora le rinascenti tensioni vanno da chi riafferma lo spirituale sopra o oltre la materia, a chi al contrario stira la materia fino a chiamarla anima (materiale); con tutta la gamma delle sfumature intermedie. E qui si apre il punto di vero disaccordo, da parte mia, con l’autrice, che a partire dal sottotitolo usa la parola “irrazionalismo” a tutto campo, per definire questo vasto arcipelago di posizioni e movimenti, tra i cui poli troviamo (con pericolo di oggettiva assimilazione) Bergson, Prezzolini, Papini, Marinetti col suo Cristo occultista (il Vangelo dice il contrario) come il “Perelà” palazzeschiano, e persino san Luigi Gonzaga futuristicamente reinterpretato. Non posso dimenticare le persecuzioni, per “irrazionalismo” diagnosticato in isteria, di santa Gemma Galgani e di san Pio da Pietrelcina, proprio in età futuristica. Cosi, è vero che nell'”invenzione futurista” – grande soprattutto nell’arte: Boccioni – “giace un substrato di materiali assai antichi” estratti dall’inquietudine della modernità; ma, proprio per ciò, “irrazionalismo” è un contenitore (non per caso di origine e imposizione illuministico-positivista) insufficiente quando non anche impermeabile alla dimensione spirituale della rivolta antimaterialistica.

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