Fumetti che fanno parlare

C’è una strana animazione questa mattina nei corridoi della scuola. Me ne accorgo entrando: la si sente nell’aria, quasi la si può toccare. Non è agitazione, piuttosto l’attesa di qualcosa di… solenne. I bambini sono emozionati, ma al tempo stesso composti. Si stanno tutti muovendo dentro e fuori dall’aula, ma è qualcosa di insolitamente armonioso: si preparano ad un incontro speciale! Appena mi scorgono mi corrono incontro per ricordarmi chi di loro è del comitato di accoglienza e perciò deve scendere ai piedi delle scale, chi deve ancora attaccare lo striscione di benvenuto… Col pensiero rivado all’inizio di quel rapporto che li porta ora ad incontrarsi con colui che unanimi definiscono ormai il nostro grande amico Walter. Tutto è cominciato, nella mia scuola, come in molte altre, con l’aver fatto entrare in punta di piedi Gibì e Doppiaw, tra le lezioni di storia e le esercitazioni di matematica. Si è cominciato col vedere qualche striscia, con l’appendere un poster qua e là nell’aula o nei corridoi, col visionare, insieme ai bambini, alcuni dei loro cartoni animati. Gibì e Doppiaw sono personaggi molto discreti, ma una volta che li si fa entrare in un ambiente, toccano davvero il cuore di chi c’è, e non ne escono più. Diventano amici inseparabili dei bambini. E loro li sentono davvero al loro fianco, clown che fanno sorridere, che disarmano gli interlocutori per la semplicità del porsi e per l’ingenuo candore delle loro sconvolgenti battute; ma che danno voce e colore al desiderio di bene del cuore di grandi e piccoli. E non ci si accorge come arrivano ad essere una presenza costante, che crea un clima di rapporto diverso. Spesso, dopo averli conosciuti, ci si chiede l’un l’altro ad alta voce: Ma qui, che farebbe Gibì?. Oppure: Doppiaw che avrebbe detto in que- sta situazione?. Guardo le nostre pareti tappezzate delle loro strisce e dei disegni dei bambini che li riproducono. Non sono entrati loro a scuola, questi simpatici compagni dei passi della crescita, siamo piuttosto noi che, senza fatica, siamo entrati nel loro mondo, dove tutto è permeato di stupore, di incanto, e i rapporti, a tutti i livelli, sono dettati dall’amore. Qualcuno dei bambini mi sta tirando per una manica: l’ora dell’appuntamento si avvicina e non siamo ancora pronti. Sì, oggi è il giorno dell’incontro con l’autore di Gibì e Doppiaw. Giorno tanto atteso, dopo che in occasione di una manifestazione, c’era stato un primo fugace contatto. Marco, del comitato accoglienza improvvisato, arriva correndo: È arrivato Walter!. Dopo i saluti festosi, ci si siede a parlare come tra vecchi amici. Walter ha la straordinaria capacità di farsi piccolo con chi ha davanti, e il colloquio che nasce fresco e spontaneo è un vero incanto. I bambini hanno preparato alcune domande. Le risposte sono semplici, essenziali, e ci fanno ripercorrere i primi passi di Gibì, le sue avventure. Ma poi si spazia dal perché delle guerre, alla vita di tanti ragazzi del mondo che Walter ha conosciuto viaggiando, e che rende presenti nella nostra aula, con loro testimonianze. Siamo tutti così coinvolti dalle cose profonde che lui ci comunica, che quasi non ci accorgiamo della bidella che entra con una circolare da firmare. Anche lei lo saluta con calore, come se lo conoscesse da sempre. Più tardi incontrandomi in corridoio commenta: Non avevo mai visto i suoi alunni così! Ma chi è? Il mago della pace?. Conoscendo infatti la vivacità quasi turbolenta dei miei alunni, non poteva neanche lei capacitarsi dell’insolito silenzio, del clima di ascolto, che si era creato. Ma non è solo questo. Chi, come me, conosce le storie già così segnate dal dolore di alcuni di questi ragazzi, o le tragedie che hanno vissuto, sa che quello che si è realizzato oggi in classe è un autentico miracolo. I bambini per l’intera ora trascorsa con Walter non si sono distratti neanche un attimo, seguendo con attenzione ogni parola e gesto, dialogando con una confidenza non usuale. Poi hanno inventato il testo di una vignetta che raccontano a Walter, ricordandosi l’un l’altro tutti i particolari. Hanno capito profondamente il carattere di Gibì e Doppiaw, e quanto inventano è davvero azzeccato per i due personaggi. Lui ascolta e poi comincia a disegnare su grandi fogli di carta da pacco che abbiamo appeso alla parete. Una dopo l’altra compaiono le sequenze della striscia. Bisognerebbe poter registrare la meraviglia che si dipinge sui volti dei bambini, i loro sorrisi; ma nessuna videocamera potrebbe riprendere lo spessore del rapporto stabilito. Mentre disegna, Walter chiede in continuazione come deve essere un’espressione, quale fumetto mettere. I bambini partecipano dando suggerimenti, spiegando passaggi, aggiungendo particolari. Sembra che con ognuno ci sia da sempre un legame speciale e unico. Quando alla fine la striscia è completata, tutti si sentono autori, e lo sono realmente! Il tempo è volato e Walter è atteso in un’altra classe. I bambini gli sono attorno a mostrargli i loro lavori, a chiedere ancora qualcosa, ad abbracciarlo: non si vorrebbe più separarsi. Ma cos’è, mi domando, che li attira così? Non è certo l’eloquenza della parola, o un fare particolarmente estroso. Anzi l’atteggiamento è discreto, delicato… No, è qualcos’altro che i bambini avvertono e ricambiano con gioia. Si sentono accolti, ascoltati, amati. Non da un grande, ma – come loro stessi dicono – da uno come noi. Da chi sa farsi bambino e lo è dentro, non per atteggiamento, ma per dimensione esistenziale. Perciò scatta la confidenza spontanea, la fiducia completa, la gioia di aver trovato un vero amico che non si lascia più. Conseguenza immediata: si torna al proprio banco a scrivere a Walter, a disegnare per lui, a comporre letterine piene di colori, poesia, affetto. Ecco alcune loro espressioni: Caro, grande amico Walter, grazie da parte mia per aver inventato i nostri due amici Gibì e Doppiaw, perché, grazie alle loro avventure, ci fai capire, divertendoci, il vero senso della vita (Anna); Quando sono stata vicino a te, ho sentito la felicità dentro e d’ora in poi sarai un mio grande amico di cui mi posso fidare per tutto (Valentina, abbandonata da entrambi i genitori, con gravi problemi comportamentali); Conoscendoti, ho capito che dentro sei come una musica di stelle che rallegra il cuore delle persone (Simona). Ma succedono anche fatti di cui vengo al corrente. In una scuola della provincia di Roma, ad esempio, Davide, un bambino con un gravissimo ritardo dell’apprendimento, era in grado di parlare solo su domanda e a monosillabi. Dopo l’incontro con Walter, per la prima volta si è messo a scrivere un’intera lettera a Gibì. In precedenza non riusciva a mettere più di due parole di seguito. Una delle sue insegnanti gli ha chiesto: Ma chi è stato qui a trovarvi?. E lui, in risposta: Walter. E io sono stato contento . Era la prima volta che parlava tanto e spontaneamente, in quattro anni che frequentava la scuola! La psicologa che lo segue, facendo la consulenza di fine anno, annota nella sua relazione: Davide ha trovato la strada per aprirsi incontrando due personaggi dei fumetti che lo hanno indotto ad esternare sentimenti prima nascosti. Mostra ora il desiderio di manifestare affetto, superando il mutismo che lo condizionava pesantemente nelle relazioni interpersonali. Così succede anche a Maria, che frequenta invece la scuola in un paese vicino a Latina. Maria ha otto anni, e dall’età di due non parla. È intelligente, scrive bene, ma non apre bocca. Dopo la recente separazione dei suoi genitori, non sorride neppure. La sua maestra ha un’idea e le propone di scrivere una lettera a Gibì, per aiutarla ad aprirsi. Walter le risponde firmandosi Gibì. E Maria comincia davvero ad aprirsi, a raccontargli di lei, della sua famiglia, a chiedere consigli. La corrispondenza continua: ogni risposta per lei è una sorpresa, e Maria fa un bellissimo sorriso, ma nulla di più. Un giorno la bambina riceve in regalo da Walter un burattino in stoffa di Gibì… Improvvisamente comincia a parlare. Si scioglie e interviene nelle lezioni, facendo domande. Gli insegnanti rimangono esterrefatti, non si capacitano di quanto sia potuto succedere. E si potrebbe raccontare ancora, a lungo. Ma è tanto difficile concentrare dentro delle parole il ricamo dei rapporti che si intessono tra Walter e i suoi piccoli amici. C’è solo da contemplare cosa provoca nelle anime, ancora innocenti e pure, questo contatto con l’amore, che si traduce in gesti semplici, in disegni, in fumetti che racchiudono le scoperte di luce, di una vita spesa per gli altri. I bambini, assetati di cose belle e vere, si lasciano immediatamente coinvolgere ed entrano con naturalezza in una dimensione nuova. Quella dove tutti si ridiventa piccoli, senza remore e senza schermi; quella dove l’unico linguaggio per intendersi è l’amore reciproco.

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