In fuga da Maaret al-Numan
L’agenzia umanitaria dell’Onu, Ocha, stima che siano ormai 235 mila i civili che a fine dicembre sono in fuga da Maaret al-Numan e Saraqeb, le due cittadine a Sud Est di Idlib lungo l’autostrada che prima della guerra collegava Damasco con Aleppo, nel martoriato nord-ovest della Siria. Penso a cos’era Maaret al-Numan prima della tragedia di questi giorni e della fuga di tutta la popolazione: una fantastica cittadina con meno di 60 mila abitanti, ricca di storia e di cultura. Di origine ellenistica, l’antica Arra venne fondata al tempo dei Seleucidi verso la fine del IV secolo a.C. e gravitò per secoli nell’orbita della metropoli di Antiochia, da cui dista circa 100 chilometri in linea d’aria. Venne governata nel VII secolo da un compagno del Profeta, Numan ibn Bashir al-Ansari, da cui la città prese la seconda parte del nome, aggiungendolo al precedente, che nel frattempo si era modificato in Marre.
Un visitatore arabo del 1047 descrive Maaret al-Numan come una città fiorente (aveva forse 10 mila abitanti all’epoca) circondata di mura. La moschea si ergeva al centro dell’abitato e i bazar erano affollati. I coltivatori dei dintorni vi portano i loro pregiati prodotti: fichi, olive, pistacchi e uva, che venivano esportati ovunque. Come Marre, Maaret al-Numan divenne tristemente famosa, anche in Occidente, per la strage perpetrata dai Crociati guidati da Raimondo di Saint Gilles e Boemondo di Taranto (poi signore di Antiochia) che nel 1098 massacrarono tutti i circa 8 mila abitanti, come testimonia nelle sue cronache Fulcherio di Chartres.
Dal 2011, quando è iniziata la guerra siriana, Maaret al-Numan è diventata un campo di battaglia: dopo le proteste antigovernative, ribelli e lealisti hanno perso e ripreso il controllo del territorio per anni. Nel 2016 sono subentrati i jihadisti di Hayat Tahrir al-Sham, ora tornano i governativi. Nel frattempo l’ospedale è stato bombardato a più riprese, la madrasa del 1199 e il museo dei mosaici (uno dei più belli della Siria) abbandonati. Chissà cosa ne è stato della cittadella medioevale dove c’era la casa del grande poeta Al-Maari (973-1057).
Dall’inizio dell’offensiva dell’esercito siriano appoggiato dai russi, il 15 dicembre, i morti tra la popolazione civile sarebbero almeno 80. Le numerose milizie qaediste e jihadiste, insieme alle formazioni ribelli e filo-turche (circa 10 mila combattenti), resistono più che possono mentre le bombe russe e i barili bomba siriani cadono micidiali dal cielo, naturalmente senza fare distinzione fra i miliziani a cui sono diretti e i civili che si trovano nei paraggi.
Secondo l’agenzia delle Nu, la zona strategica a Sud di Idlib è ormai quasi vuota. I miliziani si ritirano e i civili fuggono, tutti nell’unica direzione possibile, verso Idlib e il confine turco a nord. Fa molto freddo in questi giorni, e il pericolo di una tragedia umanitaria è altissimo. La provincia di Idlib, che prima della guerra contava circa 800 mila abitanti, dopo il ritiro da altre aree dei miliziani contrari al governo siriano e la loro concentrazione in questo territorio, ha visto salire la popolazione ad oltre 3 milioni di persone, un milione delle quali già accampate in qualche modo al confine turco. Ed ora, questa nuova ondata di profughi va nella stessa direzione. Ma l’esercito turco non ha nessuna intenzione di lasciarli passare. Sono già 3,6 milioni, com’è noto, i profughi siriani in Turchia. Il presidente turco Erdogan ha detto in questi giorni: «La Turchia non può accogliere una nuova ondata di rifugiati provenienti dalla Siria». Ed ha aggiunto, come di consueto ultimamente: «Gli effetti negativi di questa pressione che subiamo saranno sentiti da tutti i Paesi europei, a cominciare dalla Grecia».
Ci si è messo pure il presidente statunitense, Trump (con i suoi fantasiosi e spesso discutibili tweet), a puntare il dito: «Russia, Siria e Iran stanno uccidendo, o stanno per uccidere, migliaia di civili innocenti nella provincia di Idlib. Non fatelo! La Turchia sta lavorando duramente per fermare questa carneficina». No comment, perché nella “carneficina” siriana che continua senza tregua da oltre 8 anni nessuno dei grandi attori in gioco è davvero innocente, ma proprio nessuno. Le comparse, cioè i civili, sono quelli che pagano come in tutte le guerre, nessuna esclusa.