Froome, eroe tra due mondi
Potrebbe essere Ulisse di ritorno ad Itaca, finalmente a casa, solo che stavolta ad aspettare non ci sono il cane Argo e la moglie Penelope. Di omerico c’è però l’odissea di un viaggio in bicicletta lungo 3.403,5km attorno alla Francia e il gusto della vittoria dopo aver sconfitto avversari, montagne e anche il cronometro.
Si è chiusa domenica la 100ma edizione del Tour de France, speciale per i cento anni di gare, ma pure per quella sfilata di colori e corridori sui Campi Elisi all’imbrunire a Parigi, la “ville lumière”. L’Ulisse a pedali è Chris Froome, 28 anni, ciclista britannico del team Sky, la sua Itaca è la maglia gialla, la vittoria, il gradino più alto del podio.
Chris è nato e partito da Nairobi, in Kenya. A quindici anni ha mollato tutto e con la famiglia si è trasferito in Sudafrica dove ha conosciuto la bicicletta fino a diventare professionista e ad approdare in Europa nel 2008, “l’isola” del ciclismo che conta. La bandiera di fianco al suo nome è quella inglese perché Froome è stato naturalizzato britannico visto che inglesi erano i suoi genitori, come pure i nonni. In Kenya Chris viveva a contatto con la natura, frequentava una scuola lontana dal centro città e cresceva nella savana tra gli animali conoscendo il valore della solitudine. Il papà organizzava safari, la mamma era fisioterapista.
Da allora è passato qualche anno. In un’epoca in cui tutto è diventato globale, anche lo sport, in questo caso il ciclismo, non poteva essere da meno. Allora eccoli i primi frutti: un bel viaggio tra due mondi – Africa ed Europa – un intreccio di culture, dove Il risultato è un campione con il carattere da gentiluomo inglese, pacato, disponibile con tutti, con l’occhio tipico di è abituato a guardare lontano, possibilmente oltre l’orizzonte: «perché – precisa Froome – io sono kenyano».
Froome ha vinto da padrone: 4’ e 20’’ sul colombiano Quintana, 5’ e 04’’ sullo spagnolo Rodriguez. Se c’è qualcosa che rimarrà stampato nei ricordi, in ogni caso, saranno le secche e magre Froome-gambe, da “gazzella a pedali”, spinte a mulinare vorticose pedalate per staccare gli avversari sul Mont Ventoux, la montagna più alta della Provenza, quella del Petrarca. Ha vinto tre tappe fino a toccare il limite dell’umana fisiologia, talmente epico da non sembrare possibile. Omerico. C’è da dire però che non è mai bello avanzare sospetti finché non si hanno le prove. Sta alla base dei gialli da risolvere e allora perché non mettere la regola a base della maglia gialla. Chris ha rispedito al mittente le voci dei maliziosi che vogliono pescare sempre nel vaso del doping. Ha detto «Armstrong ha barato, io no!». Breve ed efficace, dritto al bersaglio come la freccia scoccata dall’arco Masai, ma “gli uomini non sospettano colpe che non commettono”. È una bella storia questa. C’è dentro un po’ di tutto perfino Ulisse e l’Odissea e allora c’è da sperare che Froome sia davvero un Ulisse a pedali giunto ad Itaca con la forza delle gambe e del vento, passando attraverso imprese mai viste prima. Il ciclismo ne ha avuto abbastanza dei vari Polifemo, Scilla, Cariddi, Calipso. E chi più ne ha più ne metta.
CLASSIFICA GENERALE FINALE
1.
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Chris Froome
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Sky Procycling
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83h 56′ 40″
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2.
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Nairo Quintana
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Movistar
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+04′ 20″
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3.
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Joaquin Rodriguez Oliver
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Katusha
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+05′ 04″
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4.
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Alberto Contador
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Team Saxo Tinkoff
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+06′ 27″
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5.
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Roman Kreuziger
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Team Saxo Tinkoff
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+07′ 27″
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6.
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Bauke Mollema
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Belkin Pro Cycling
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+11′ 42″
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7.
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Jakob Fuglsang
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Astana
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+12′ 17″
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8.
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Alejandro Valverde
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Movistar
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+15′ 26″
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9.
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Daniel Navarro
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Cofidis
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+15′ 52″
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10.
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Andrew Talansky
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Garmin Sharp
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+17′ 39″
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