Una frontiera di pace contro ogni muro
«La speranza siamo noi quando non alziamo muri ai nostri confini, quando combattiamo contro tutte le ingiustizie». È questo l’ultimo messaggio che ci ha lasciato David Maria Sassoli prima della sua scomparsa inattesa. Un invito esplicito che aveva già fatto nel dialogo con i giovani durante la Settimana mondo unito del 2021 ad attivarsi per prendere sul serio la partecipazione diretta dei cittadini alla Conferenza sul Futuro dell’Europa. L’allora presidente del Parlamento europeo fu molto esplicito sul senso di scoramento che si prova davanti ai muri di gomma che ci si trova davanti in politica quando si cerca di agire con coerenza e lungimiranza per il rispetto dei diritti umani e a favore di una gestione solidale di lungo periodo delle migrazioni. Un fenomeno epocale che rappresenta una delle sfide centrali per il futuro dell’Europa.
Sulla rotta mediterranea e su quella balcanica i Paesi dell’area, compresi quelli Ue, hanno messo in atto politiche inaccettabili caratterizzate da respingimenti illegali, rifiuto di fornire protezione e di garantire l’accesso alla procedura di asilo, detenzioni arbitrarie, invio delle persone in campi di “accoglienza” segnati da condizioni sistemiche di degrado, mancanza pressoché generalizzata di misure per sostenere l’inclusione sociale dei richiedenti asilo e dei titolari di protezione.
Alcuni esponenti di diverse associazioni hanno perciò elaborato una serie di proposte concrete a favore di un intervento immediato sulla questione migrazione che è centrale per il futuro dell’Europa e che non può essere affidata all’azione lobbistica di consolidati gruppi di interessi.
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Io, ragazza del mondo
di Maria Chiara Humura
Divampa un incendio nel campo profughi di Moria, in Grecia. Era la notte tra l’8 e il 9 settembre 2020 e l’Europa si è fermata di fronte a questa tragedia.
Questo evento mi ha colpito, ancora una volta si parlava di numeri, ancora una volta il migrante era ai margini della società, non aveva un volto ma era solo il risultato di politiche deludenti. Quante volte ho sentito dire: «Siamo tutti migranti», ma spesso ce lo dimentichiamo in quegli angoli della mente dove la difficoltà dell’ultimo non trova spazio.
Nasco nel 1994 in un Ruanda assediato da un genocidio che ha lasciato a terra circa un milione di vittime in poco più di cento giorni. La mia è una storia fortunata. La mia famiglia non ha dovuto attraversare il Mediterraneo. I miei genitori hanno avuto modo di trovare una soluzione sicura per scappare e mettere in salvo me e mio fratello, ma non senza sofferenze.
L’addio ai propri genitori anziani, fratelli e nipoti, è la sofferenza che loro si porteranno per sempre nel cuore. Arriviamo in Italia nel febbraio 1995, dove accolti, i miei genitori si reinventano completamente, forti del fatto che nel futuro avrebbero avuto solo loro stessi su cui poter contare. Passo 16 anni della mia vita come una “nera” in Italia, con quelle difficoltà tristemente “normali” per chi sulla pelle porta la sofferenza di una famiglia che ha dovuto lasciare ogni cosa.
La vita però presto mi ha presentato davanti le difficoltà che un rifugiato politico deve affrontare. Tante le domande e pochissime le risposte. Per i miei genitori non ero ancora abbastanza grande per capire cosa fosse l’odio e quali le sue conseguenze. Decido di studiare Relazioni internazionali con l’obiettivo di comprendere quelle dinamiche politiche sbagliate, che arrivano a permettere che cose del genere accadano di nuovo. Ho dedicato i miei studi al fenomeno delle migrazioni, alle politiche di asilo, alla situazione degradante dei centri di accoglienza, dei campi profughi e degli infiniti tentativi di persone obbligate a lasciare tutto perché alla ricerca di salvezza e dignità.
Il 7 maggio 2021, in occasione dell’evento internazionale “Dare to Care”, insieme ad altri giovani, ho avuto la possibilità di dialogare con l’allora presidente del Parlamento europeo David Sassoli. Abbiamo dibattuto di ecologia, guerre, disarmo, politiche giovanili e migrazione. Tra domande e risposte, ho colto la sua grande umanità e attenzione rivolta a quei muri che si sono innalzati, non solo fra gli Stati europei, ma anche nei cuori di molti cittadini. Troppe volte ho sentito e letto di tanti, che nel tentativo di attraversare il mare per ricercare finalmente pace, hanno perso la vita. Tutto questo è inaccettabile.
Il presidente Sassoli ha concluso il suo discorso invitandoci, non solo come giovani, ma come cittadini, a metterci in prima fila di fronte al cambiamento, partecipando con delle idee alla Conferenza sul futuro dell’Europa. Abbiamo perciò formulato una proposta sulla migrazione perché la solidarietà possa prevalere sull’odio e l’indifferenza e perché non è questa l’Europa che vogliamo. L’istanza è firmata da persone espressione del Movimento politico per l’unità, Comunità Papa Giovanni XXIII, Iscos Cisl e Centro internazionale studenti Giorgio La Pira.
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Alcune proposte per la Conferenza sul futuro dell’Europa
• costituire un gruppo di coordinamento tra Paesi e gruppi politici diversi per effettuare missioni periodiche di monitoraggio lungo la rotta balcanica e ai confini Sud dell’Europa, volte al controllo del rispetto dei diritti umani;
• vigilare sui fondi destinati alle misure di accoglienza in Paesi non appartenenti all’Ue che si affacciano di recente alla dimensione del diritto di asilo, non siano usati per costruire campi sempre più ghettizzanti ma per realizzare programmi di accoglienza e integrazione sociale;
• cessare politiche economiche e di cooperazione internazionale che sfruttano le risorse dei Paesi da cui provengono le persone migranti;
• impedire la vendita di armi nei Paesi in guerra;
• riformare la direttiva dei rimpatri per evitare che i Paesi comunitari usino le riammissioni ai confini interni tra Stati Ue per aggirare gli obblighi a registrare le domande di asilo;
• creare un sistema di asilo sostenibile, basato sul principio di solidarietà e della equa condivisione delle responsabilità;
• istituire un sistema vincolante di relocation dei richiedenti asilo dall’Italia, dalla Spagna, dalla Grecia, in modo da evitare che su tali Paesi gravi un onere eccessivo in relazione alle loro effettive possibilità;
• promuovere la realizzazione di un programma di reinsediamento dei richiedenti asilo, con attenzione ai cittadini afghani e alle situazioni vulnerabili, bloccati nei Paesi non Ue dell’area balcanica, per sottrarli alle mani delle associazioni criminali;
• attivare ulteriori canali di ingresso regolare per le persone bisognose di protezione, introducendo come via complementare (oltre a reinsediamento, ricollocazione e ammissione umanitaria) le buone prassi già in atto dei “corridoi umanitari”, utilizzando più largamente la figura del visto umanitario.