Di fronte al male
Voltaire, Rousseau e Kant
Il 1° novembre 1775 un fortissimo terremoto, seguito da uno spaventoso maremoto, rade al suolo la città di Lisbona, posta sull’estuario del fiume Tago, in Portogallo. Tra le fiamme dell’incendio che segue, muoiono 60 mila persone. Lo sgomento è enorme anche perché, per la prima volta, in poche settimane la notizia fa il giro del mondo.
Secondo gli storici, quel disastro fu l’inizio della modernità: i filosofi e gli intellettuali di allora, infatti, da Voltaire a Rousseau a Kant, non si interrogarono tanto sulle “motivazioni” di Dio, come si era sempre fatto – perché permette la morte di bambini innocenti? È ingiusto? È cattivo? È “distratto”? I Portoghesi si meritano il castigo per le loro cattive azioni? –, quanto sulle responsabilità degli uomini. Sotto accusa vennero messe le case troppo alte, ammassate le une sulle altre, costruite senza fondamenta, nelle zone vulnerabili alle scosse di terremoto.
In pratica, mentre nei secoli precedenti si era discusso sulla «colpevolezza di Dio per la crudeltà degli eventi della natura, di cui l’Altissimo era ritenuto responsabile in quanto creatore», da ora in poi si guarderà alla responsabilità umana per gli orrori della storia. L’uomo diventa protagonista, come carnefice e come vittima (Filosofie della catastrofe – Cortina 2022).
Ma tolto Dio dalla scena, la catastrofe imprevedibile e inattesa «sembra sfociare nel disordine e nel caos, in un’assenza di destino, ossia nell’incapacità di attribuire un senso a ciò che accade». Mentre il dolore diventa spettacolo. Questo succede anche oggi, tra epidemia, emergenza ecologica e guerra. Alcuni libri editi (o ristampati) di recente affrontano il tema del male, naturale e morale.
Zoja
Sul male dipendente dal comportamento umano riflette Luigi Zoja, psicoanalista e sociologo famoso nel mondo. Nel suo libro Dialoghi sul male (Boringhieri 2022) racconta tre storie di donne che incontrano il male: negli anni del terrorismo rosso in Italia, durante la dittatura in Argentina e nel corso della Rivoluzione culturale in Cina. Le vicende sono accomunate dal tentativo di comprendere. Colpiscono le «ingenuità feroci» delle scolaresche cinesi entusiaste di colpire, umiliare, picchiare, uccidere le loro insegnanti e i loro genitori “controrivoluzionari”. «Ritmicamente e collettivamente». Chi è che, «attizzando l’odio, ha intaccato gli equilibri millenari della Cina: quelli interni alle famiglie e quelli interni alla mente»? È così facile orientare al male le folle?
Le Bon
Nel 1895 (!) Gustave Le Bon, antropologo e sociologo francese, nel suo Psicologia delle folle (Shake 2019) afferma che sì, è facile manipolare i comportamenti collettivi (anche Mussolini pare abbia studiato questo testo). La folla, infatti, non usa la ragione, vuole solo essere guidata da un “capo”, che per controllarla deve ripetere fino allo sfinimento poche affermazioni semplici, come fossero verità, anche se razionalmente assurde e non dimostrate. Senza mostrare dubbi, deve colpire i sentimenti e l’immaginazione della gente, perché «nelle folle si accumula la stupidità non l’intelligenza, il livellamento mentale non lo spirito critico».
Se Le Bon vivesse oggi, sarebbe impressionato da come il male si è evoluto, negli ultimi decenni, per colpire non una folla, ma l’intera umanità. È il nuovo potere in mano ai governi dittatoriali: sorveglianza, manipolazione e identificazione di massa. Siamo spiati dai nostri cellulari e quando navighiamo in rete; programmi di “distrazione di massa” inondano Internet di contenuti mirati ad orientare le idee; telecamere di riconoscimento facciale, Intelligenza artificiale e social servono per «arresti preventivi» di possibili manifestanti e per controllare gli spostamenti dei migranti (Le Scienze n. 8/2022). Sembra che il male abbia trovato nuovi strumenti di circolazione planetaria.
Delteil
Affrontare i rischi globali, però, non deve illuderci: il male non è solo quello che arriva dall’esterno, dai “cattivi di turno”. Siamo smarriti e indignati davanti alla sofferenza innocente, ma anche «disarmati» nel constatare che la «violenza ci abita», che ognuno di noi è capace di fare il male. E «il silenzio di Dio è innanzitutto questa solitudine dell’umano, rinviato a sé stesso, e questa perdita di senso». Il pastore protestante Gerard Delteil (Al di là del silenzio – Qiqajon 2022) si interroga su «l’enigma del male e il silenzio di Dio».
Questo ritirarsi di Dio, nota, «apre lo spazio della responsabilità umana». Lui «si allontana» per fare spazio alla nostra vita, affinché cresciamo, da soli (la sua presenza rimane “discreta”). «Il ritrarsi di Dio comporta libertà e responsabilità, ma anche insicurezza, fragilità, incognite». Dobbiamo vivere «senza garanzie, in una società del rischio». Ma la nostra incertezza è abitata da una speranza, da una promessa. Il futuro, «la vita, la storia, il mondo sono aperti all’inatteso, all’imprevedibile, all’a-venire di Dio».
Radcliffe
Ma intanto, come reagire al male? Timothy Radcliffe, famoso teologo domenicano, suggerisce tre piccole/grandi azioni, valide per tutti (Accendere l’immaginazione – Emi 2022): resistere all’impulso distruttivo che si nasconde in ciascuno di noi (offrire invece parole affettuose e gratuite); reagire alla banalità del male con atti di bontà gratuiti (anche se apparentemente inutili); non unirsi alla folla sdegnata e assetata di sangue (l’indignazione morale che demonizza il nemico è invidia, spesso gonfiata ad arte).
JWST
Sono stato indeciso su come illustrare questo articolo. Potevo usare sanguinose immagini di guerra, per esemplificare il male. Ho pensato invece di scegliere immagini di bellezza, come quelle che arrivano dal nuovo telescopio spaziale James Webb (JWST), da poco in orbita. Quando gli scienziati hanno visto le prime immagini dell’universo nascente, c’è stato un lunghissimo, commovente, momento di silenzio. Anche la bellezza è una delle armi che abbiamo contro il male.
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«Le epoche di angoscia generano folle assetate di sangue». Timothy Radcliffe