Fromm e l’amore

Ho letto delle opinioni sulla realtà dell’amore da parte di uno psicologo, che mi sono piaciute tantissimo; si trattava di Erich Fromm… chi era costui?. Alessandra – Firenze Erich Fromm concluse a ottant’anni, in Svizzera, una vita avventurosa iniziata nel 1900 in Germania; emigrò in America nel periodo nazista, perché di origini ebraiche. L’ultimo decennio della sua vita, passato alle porte di casa nostra, ha favorito la diffusione del suo pensiero in Italia, dove alcuni dei suoi tanti libri hanno avuto e continuano ad avere un notevole successo editoriale, come: Avere o essere, Fuga dalla libertà, L’arte d’amare. È stato definito il teorico della convivenza sociale, il più grande predicatore laico dell’ultimo secolo, il vate della speranza; non a caso ripeteva spesso: Non c’è futuro senza speranza . Criticava Freud, ma lo capiva, perché il genio che scopre mondi nuovi può restarne abbagliato, sì da non vedere altre cose. Criticava soprattutto la carenza di sociologia nel suo pensiero; non si dimentichi che negli anni Venti del Novecento Fromm frequentò grandi pensatori sociali quali Adorno e Horkheimer. Fromm stesso provò a completare la teoria psicoanalitica, valorizzando la cornice sociale in cui l’uomo vive il suo eterno conflitto interiore tra il principio del piacere e il principio della realtà. Era convinto che il capitalismo rendesse l’uomo un automa, insicuro, aggressivo, indifferente e incapace di amare. Terrorismo, crisi economica, degradazione ecologica, erano a suo avviso conseguenze del culto dell’avere e dell’oblio dell’essere. La monocultura dell’accumulazione equivaleva per lui alla perdita dell’umano, così come il rumore dei mass-media e delle ideologie rendeva ottusi e stolti. Il comunismo – sovietico o cinese che fosse – non si lasciava preferire e non offriva un’alternativa accettabile, perché comunque era una burocrazia che trasformava l’uomo in cosa. Coniando il termine psicologia umanistica, Fromm indicò nell’amore il segreto, l’ingrediente principale ed insostituibile di un nuovo umanesimo. L’amore è un’arte, ripeteva spesso, perché l’amore implica il superamento del proprio narcisismo e dei propri legami familiari e di clan, per volere una completa affermazione della persona amata. Ma diceva anche che l’amore è un atto di fede perché chi ha poca fede ha anche poco amore. Si tratta di una fede razionale , che consiste nella convinzione di saper amare e suscitare amore, come aspetto privilegiato dell’attività psichica. Aver fede nelle possibilità dell’amore come fenomeno sociale oltre che individuale, è fede razionale che si fonda sull’essenza intima dell’uomo. Le cose sono diventate l’idolo dell’uomo, e il loro culto può distruggerlo. Sarà l’uomo capace di mettersi lui in sella per condurre la propria vita verso valori più degni di essere chiamati umani?. Viviamo in un nuovo Medioevo di illibertà dal quale è più difficile liberarsi di quanto non sia stato il liberarsi dal Medioevo finito qualche secolo fa. Pensando alla libertà molti si fermano alla libertà da; la più elementare è quella del bisogno: incontestabile. Ma c’è di più, c’è la libertà vera, che è la liberta di farsi valere, di diventare indipendenti, di lottare contro chi cerca di impedire all’uomo di diventare se stesso: la libertà di essere anziché di avere, che è poi libertà di dare anziché quella di usare le cose e le persone. Altrimenti l’individuo resta isolato e ansioso. Bellissima è la sua espressione: Io non ti amo perché ho bisogno di te,ma ho bisogno di te perché ti amo.

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