Fraternità e stranieri secondo Giordani
Vieni, fratello esule: abbracciamoci.
Dovunque tu sia, comunque ti nomini, checché tu faccia, mi sei fratello. Che importa a me se la natura e le convenzioni sociali s’adoperano per staccarti da me con nomi, specificazioni, restrizioni, matricole, leggi e chiavistelli? Il cuore non si mette in ceppi; la volontà non soffre limiti; e con uno sforzo d’amore possiamo valicare tutti questi ordini di spartizioni e riunirci in famiglia.
Non mi riconosci? La natura ti depose altrove, altrimenti fatto, dentro altri confini: sei forse tedesco, francese, inglese, groenlandese, slavo, turco, tartaro, nipponico; sei forse giallo, olivastro, nero, bronzeo, cupreo…: ma che importa? Sei d’una patria diversa: ma che vale?
[…] Facciamo un progresso: trascendiamo le barriere, le alpi, i burroni, i torrenti, i fiumi, i mari, i climi: se persino la scienza li supera, dovrebbe esser da meno lo spirito?
[…]Tu vieni. D’oltre tutti i mari, tutti i climi, tutte le leggi, d’oltre qualsiasi scompartimento sociale, politico, intellettuale, geologico e storico, (…) d’oltre tutti i limiti tu vieni, o fratello: in te riconosco il Signore. Liberati; e sin d’ora, sin d’ora, fratelli che siamo, abbracciamoci.
(Igino Giordani, Rivolta cattolica, Gobetti, Torino 1925, pp. 200-203)