Fraternità e comunione

Quinto commento al Messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima 2012. La comunione vissuta nella vita consacrata come segno della fraternità umana. Reciproca co-appartenenza e prendersi cura: il compito di essere fratelli
Torino

«L’altro mi appartiene, la sua vita, la sua salvezza riguardano la mia vita e la mia salvezza. Tocchiamo qui un elemento molto profondo della comunione: la nostra esistenza è correlata con quella degli altri, sia nel bene che nel male; sia il peccato sia le opere di amore hanno anche una dimensione sociale»: così si legge nel paragrafo 2 del Messaggio di papa Benedetto XVI per la Quaresima 2012.

Questa reciproca co-appartenenza è già una realtà presente nell’essere Chiesa, corpo mistico di Cristo, ma anche va attualizzata ogni giorno. L’esortazione apostolica Vita consecrata al n. 42, dal titolo Vita fraterna nell’amore, afferma che «la vita fraterna, intesa come vita condivisa nell’amore, è segno eloquente della comunione ecclesiale».

Nell’attuazione del discepolato evangelico essa impegna a vivere il «comandamento nuovo» del Signore, amandosi gli uni gli altri come Cristo ci ha amati. Prima di essere strumento per una determinata missione, la comunione fraterna nella vita di comunità – afferma ancora Vita consecrata – 

«è spazio teologale in cui si può sperimentare la mistica presenza del Signore risorto (cfr. Mt 18,20). Questo avviene grazie all’amore reciproco di quanti compongono la comunità, un amore alimentato dalla Parola e dall’Eucaristia, purificato dal Sacramento della Riconciliazione, sostenuto dall’implorazione dell’unità, speciale dono dello Spirito per coloro che si pongono in obbediente ascolto del Vangelo. È proprio Lui, lo Spirito, ad introdurre l’anima alla comunione col Padre e con il Figlio suo Gesù Cristo (cfr 1 Gv 1, 3), comunione nella quale è la sorgente della vita fraterna».

Se siamo uno stesso corpo, allora – afferma san Paolo – «le varie membra abbiano cura le une delle altre» (1 Cor 12, 25). Prendersi cura: un appello che si apre a tutta l’umanità, e manifesta così l’intrinseca dimensione sociale di una fratellanza che si fa comunione. L’enciclica Caritas in veritate al n. 19 afferma proprio che per realizzare un autentico sviluppo umano integrale è fondamentale considerare la centralità in esso della carità:

«Il sottosviluppo ha una causa ancora più importante della carenza di pensiero: è ‘la mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli’. Questa fraternità, gli uomini potranno mai ottenerla da soli? La società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli. La ragione, da sola, è in grado di cogliere l'uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità. Questa ha origine da una vocazione trascendente di Dio Padre, che ci ha amati per primo, insegnandoci per mezzo del Figlio che cosa sia la carità fraterna. Paolo VI, presentando i vari livelli del processo di sviluppo dell'uomo, poneva al vertice, dopo aver menzionato la fede, ‘l'unità nella carità del Cristo che ci chiama tutti a partecipare in qualità di figli alla vita del Dio vivente, Padre di tutti gli uomini’».

Così continua il testo dell’Enciclica, al n. 20:

«davanti ai grandi problemi dell'ingiustizia nello sviluppo dei popoli si agisca con coraggio e senza indugio. Questa urgenza è dettata anche dalla carità nella verità. È la carità di Cristo che ci spinge: ‘caritas Christi urget nos’ (2 Cor 5,14). L’urgenza è inscritta non solo nelle cose, non deriva soltanto dall'incalzare degli avvenimenti e dei problemi, ma anche dalla stessa posta in palio: la realizzazione di un’autentica fraternità. La rilevanza di questo obiettivo è tale da esigere la nostra apertura a capirlo fino in fondo e a mobilitarci in concreto con il ‘cuore’, per far evolvere gli attuali processi economici e sociali verso esiti pienamente umani».

Siamo così riportati a questa realtà fondamentale, a questo dato che è anche il compito quotidiano più importante: «superiore a ogni cosa spirituale ed intellettuale, superiore alla filosofia e alla teologia è la disponibilità ad aiutarsi tra uomo e uomo, il compito di essere fratelli» (M. Amerise).

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