Fratel Biagio e il suo viaggio
Alle soglie del terzo millennio, c’è un uomo, di Palermo, che da mesi, con una croce sulla spalla, gira le strade e i paesi della Sicilia, per intraprendere il “santo viaggio”dell’evangelizzazione e della sensibilizzazione delle coscienze intorpidite del nostro Paese. Il suo nome è Biagio Conte.
Sulla sua storia, ad inizio d’anno, è uscito anche un film, che porta il suo nome “Biagio”, ad opera del regista Pasquale Scimeca, interpretato dal bravissimo Marcello Mazzarella, entrambi attratti da tempo dalle vicende del missionario laico, dalla sua spiritualità, e dalla sua vicinanza col santo d’Assisi.
E, in effetti, quelle di fratello Biagio Conte sono una vita avventurosa, un passato di fede tormentata e una vocazione alla carità e agli “ultimi” tutte da raccontare.
Due occhi azzurri come il cielo e una chiacchiera incontenibile, Biagio era un giovane come tanti. Nato in una famiglia benestante siciliana, figlio di un imprenditore edile, all’età di 16 anni termina gli studi col desiderio di aiutare il padre nell’azienda di famiglia. La sua giovinezza trascorre spensierata fra auto, donne e uscite notturne. A un tratto, la crisi: si rende conto che la sua vita, agiata e borghese, contrastava con la povertà di molti suoi concittadini, con il degrado delle strade, con l’abbandono dei monumenti. E all’età di 26 anni, folgorato dall’espressione del volto del Cristo in croce, in camera sua, che pareva volesse dire qualcosa proprio a lui, decide di scrivere una lettera di addio ai genitori. E inizia a vagare nell’entroterra siciliano, tra montagne deserte e incontaminate.
Dopo un lungo percorso di ricerca di se stesso e di Dio, passando a piedi per Assisi, unico compagno di viaggio un cane che chiamerà Libertà, Conte torna nella sua città, si ferma alla stazione e decide quale sarà per sempre la sua strada: dedicarsi agli ultimi e ai poveri. Inizia così a farsi “uno con loro”: a chiedere l’elemosina per portare cibo, coperte, vestiti. Lotta per non far cacciare dalla stazione, tutto la moltitudine di persone che andava aumentando accanto a lui: ricchi caduti in disgrazia, extracomunitari, disoccupati, licenziati dal datore di lavoro, immigrati con ottime referenze. E comincia anche lo sciopero della fame per conquistare un vecchio disinfettatoio abbandonato, che otterrà dopo qualche tempo, e nel quale darà vita, in via Archirafi, alla “Missione Speranza e Carità” che oggi si è allargata fino a includere altre due strutture a Palermo, quella di via Decollati (sempre per gli uomini) e di via Garibaldi (per le donne e i bambini).
“Tre cittadelle della gioia” che oggi, rette dalla sola “Sorella Provvidenza”, accolgono circa 1000 poveri, con un tetto, tre volte al giorno un pasto caldo, l’igiene personale, l’assistenza medica, farmaceutica, e ciò che più importa la riabilitazione ad un lavoro per ottenere il definitivo riscatto come essere umani. All’interno della Missione si è, inoltre, tutti “fratelli e sorelle”, senza distinzione alcuna.
Biagio però non è, e non può essere ancora felice. E difronte al non-soluzione di molti problemi emergenti e ingiusti che incombono sulla Missione (tasse che ammontano a 85.000 mila euro, e bollette a 175.000 mila) continua a lanciare forti grida di aiuto alle Istituzioni. Lui che ha sempre sentito nel suo cuore di donarsi senza volere nulla in cambio, si rende infatti conto che non è corretto né civile né umano lasciare l’intera struttura, che ha sempre offerto un servizio libero e gratuito ai poveri, sola ad affrontare le problematiche di disagio sociale di questa terra. E per un periodo va via, solo nelle montagne, come un padre che abbandona i suoi figli perché non sa come sfamarli. Comincia una gara di solidarietà e di sostegno anche da parte della Chiesa, e Biagio ritorna.
Ma solo per poco, per le vacanze pasquali. Perché ha ormai deciso: continuerà il suo santo viaggio, a piedi, con la croce, per i paesi, le campagne, le città, della Sicilia. Non accetta passaggi, non accetta compromessi che possano distoglierlo. La società deve svegliarsi: non può restare immobile a guardare che esiste Cristo (nostro fratello) che passa accanto a sé, che esiste Cristo nei “senza fissa dimora” che incontriamo per strada, che esiste Cristo, in tutte le persone che hanno bisogno di aiuto e noi non guardiamo neanche. Esiste solo un modo per sopravvivere a questo mondo difficile, complicato, caotico, veloce, ed è l’Amore. Non esiste altro, e Biagio sta cercando di insegnarcelo, con una vita, la sua, donata concretamente, e spiritualmente ai fratelli ultimi.
Per chi volesse saperne di più, o volesse aiutare la “Missione Speranza e Carità”: www.pacepace.org.