Fratel Biagio: aiutiamoli “anche” a casa loro
Fratel Biagio Conte, fondatore di varie comunità per i poveri, sotto la richiesta del sindaco e dell’arcivescovo di Palermo, ha interrotto lo sciopero della fame; ossia la protesta pacifica che aveva intrapreso per il ghanese Paul Yaw, ospite della Missione Speranza e Carità, che aveva ricevuto un decreto d’espulsione dall’Italia.
Ha interrotto il digiuno perché ha ottenuto dal Tar di Palermo la sospensione del provvedimento. Ma non la risposta definitiva, che si avrà nell’udienza collegiale dell’11 giugno. Pertanto si dice disposto a riprendere la protesta, qualora Paul, che dal 1990 si adopera in vario modo per i bisogni della Missione, dovesse essere a rischio di una definitiva espulsione che comprometterebbe – come ha detto anche la Corte europea – gravemente la sua vita.
In una recente conferenza stampa, Biagio si è detto addolorato per tutti gli immigrati che, a causa dei recenti provvedimenti legislativi, sono stati, peraltro, già nei mesi scorsi, da più parti d’Italia, costretti a rimpatriare – benché ambientatisi nel luogo di residenza – nei loro Paesi e angosciato per i disperati che hanno cercato di raggiungere le nostre coste ma, a causa della chiusura dei porti, sono morti in mare. «Siamo tutti stranieri in una terra straniera – ricorda spesso – e siamo chiamati ad avere – dice, ribadendo un concetto caro anche a papa Francesco – più misericordia e compassione di chi soffre, di chi non ha un lavoro, di chi ha bisogno di sperare che può esistere un futuro migliore».
Abbiamo contatto Francesco Russo, medico volontario alla Missione Speranza e Carità, da sempre vicino al missionario, e ci ha resi partecipi della “proposta sull’accoglienza” di fratel Biagio e della Missione tutta. «Fratel Biagio ha digiunato e pregato per 16 giorni, persuaso – ci ha detto Russo – che ogni uomo possa farsi messaggero di pace e speranza e che una “convivenza di pace” (senza muri e distinzioni di razza, ricchi e poveri insieme) sia possibile. Il caso di Paul, uomo generoso con tanti fratelli italiani e stranieri, ce lo testimonia. Tante volte ricordo Paul – confida il medico – che aiutava a spingere una sedia a rotelle con un ammalato, mettere ordine nella sala d’attesa dell’ambulatorio, portare il pranzo nella stanza dove è stato accolto chi dormiva per strada al freddo e non riusciva neanche a camminare. Non si è mai creato problemi a dare una mano, lo ha fatto da volontario, da missionario con il sorriso e con amore. Ha resistito, non è caduto poi nella grande tentazione di fare del male ad altri».
Veniamo alla proposta sull’accoglienza. «Fratel Biagio e tutta la Missione – ci comunica infatti Russo – hanno presentato una proposta, che è diretta a tutti gli uomini di buona volontà senza distinzione di ideologia, di colore o partito politico. Si tratta di una proposta volta a difendere tutti i fratelli e le sorelle che oggi in Italia vivono una sofferenza simile o uguale a quella di fratello Paul. Tanti immigrati, già soggiornanti in Italia da tantissimi anni, per vari motivi, in questi ultimi anni si stanno ritrovando, infatti, in una situazione di irregolarità molto rischiosa. Queste persone, prive di qualsiasi riconoscimento di identità, sono comunque presenti nel nostro territorio e possono facilmente rischiare di cadere nelle mani di organizzazioni malavitose».
La Missione e fratel Biagio sono dell’avviso che bisogna dar speranza a coloro che l’hanno persa per vari motivi (crisi economica in atto, perdita del lavoro, povertà estrema, irrigidimento delle normative relative ai permessi di soggiorno). Ritengono sia necessario, insomma, fare una sanatoria che regolarizzi la posizione di queste persone, nel mondo in cui essere operano, sia nei centri di accoglienza che nei centri di volontariato in cui prestano, con dedizione, una prestazione gratuita. Si potrebbe anche pensare – ci specifica il medico – d’impiegarli per tutti quei lavori dove c’è carenza di personale anche italiano.
«A questa impostazione, si può aggiungere un altro progetto che la Missione di Speranza e Carità e fratel Biagio hanno, da tempo, nel cuore – apprendiamo da Francesco – e cioè quello di dare la possibilità ai fratelli che si sono formati in Missione in alcuni mestieri o attività di poter essere utili oltre che in Italia anche nel proprio Paese di origine collaborando con realtà missionarie o di volontariato con cui si può entrare in contatto. Così facendo si potrebbe avverare e concretizzare quel motto che molti portano avanti nei confronti di chi soffre in Africa e che spesso è stato costretto ad emigrare e che dice: Aiutiamoli “anche” a casa loro. Forgiati dalle giuste esperienze, potrebbero così essi stessi divenire agenti di cambiamento ed essere necessari per portare avanti un futuro di ricostruzione sano e senza interessi di parte ma con il pensiero al bene delle comunità locali e in particolare ai cittadini più poveri, malati e abbandonati».
Secondo questa logica, non si parlerebbe più di espulsione degli immigrati ma di collaborazione. Un’idea felice, che è stata commentata da un altro cittadino palermitano, Francesco Mazzarella: «Concordo coi progetti di fratel Biagio e della Missione Speranza e Carità. Deve iniziare ora, la vera sfida: dopo aver lavorato sull’emergenza, bisogna progettare percorsi di accoglienza, recupero e rinserimento sociale anche nei Paesi d’origine, per far sì che l’emergenza diventi solo un momento inaspettato. Questo è il vero cambiamento – conclude Francesco – a cui tutti dovremo anelare».
Per dirla con le parole che Chiara Lubich rivolse ai palermitani che uscivano dagli anni difficili delle stragi, quando 21 anni fa giunse a Palermo per ricevere la cittadinanza onoraria: «Abbiate coraggio, abbiamo Cristo, e Cristo porta una cultura diversa: la cultura della vita, della legalità, dell’esser pronti a morire gli uni per gli altri, la cultura cristiana autentica». Chiara Lubich come fratel Biagio ci ricorda, infatti, con leggerezza e semplicità gli ideali forti per cui vivere: l’Ideale della fratellanza, che altro non è che il punto d’incontro fra uguaglianza e libertà.