Frank Capra, una storia americana
Somiglia a un film di Frank Capra, il documentario che domenica 20 febbraio, in prima serata su Sky Arte, racconta la maestria, il genio, la tenacia, le avventure nella vita del grande regista americano Frank Capra: l’autore di capolavori come Accadde una notte (1934) o La vita è meravigliosa (1946); come È arrivata la felicità (1936) o Arriva John Die. (1941). Somiglia a un suo film, il documentario dal titolo Frank Capra – Una storia americana, per il ritmo serrato che ha, per la miscela di commedia e sentimenti di cui è fatto, per l’alternanza tra leggerezza e profondità. Perché racconta una storia umana robusta, dinamica, emozionante, da sogno americano, ma anche dei suoi angoli più all’ombra.
Favolistico e anche no, agiografico per nulla, complesso si, questo racconto di Frank Capra comincia con un “c’era una volta”, e finisce con un happy end inevitabile ma anche relativo. È una storia in cui entrano parole come “provvidenza”, “individuo” e “patriottismo”, in cui si parla della sofferenza e della caduta dei protagonisti, a cui corrisponde un loro rialzarsi che ne alimenta il carattere di eroi puliti, con più vigore di prima. Anche Frank Capra ha avuto le sue cadute e i suoi momenti difficili: dopo il grande successo di Accadde una notte, per esempio, aveva paura di affrontare un nuovo film, e gli venne fatto notare, da una figura misteriosa – racconta lui stesso in una delle tante interviste di repertorio presenti nel documentario – che si stava comportando da “codardo”, perché aveva dei talenti con i quali poteva parlare a milioni di persone, ma non li stava usando. Allora Capra ripartì, cercando di inserire dei messaggi nel suo cinema.
“Un commento sociale”, lo definisce. Inserito oltre la risata. Nacque così È arrivata la felicità e da lì in poi, con la collaborazione del suo sceneggiatore di fiducia, Robert Riskin, Capra costruì una trilogia sull’uomo normale, sul cittadino semplice della provincia con valori positivi e buon senso, che a colpi di verità e semplicità smaschera il marcio presente nelle sfere più alte della società. Eroe per questo, umano, umile, ma prima ancora uomo di un’immagine desiderata circa quell’America che Capra amava, di cui si sentiva parte anche se era nato in Sicilia, nel piccolo paese di Bisacquino. E ciò, dice verso la fine del lineare, vivace, godibile, ma anche denso e preciso documentario che possiamo vedere su Sky arte, determinò il suo desiderio spasmodico di farcela, di dimostrare alla sua terra d’accoglienza che un emigrato poteva essere accettato e portare cose buone.
Il successo, la fama, non risolsero del tutto, però, il rapporto conflittuale di Capra con le sue origini, quel suo sentirsi diverso, non del tutto accolto. Se da una parte fu il cinema, anche in maniera rocambolesca, buffa, a trasformarlo da anonimo emigrante al Signor Capra vincitore di diversi Oscar, dall’altra nemmeno questo, ci viene fatto intendere nei minuti finali di Frank Capra – Una storia americana, riuscí a mettere da parte quegli antichi, faticosi, sentimenti dell’infanzia e prima giovinezza. In tal senso, questo non lungo ma corposo documentario (che analizza bene il modo di lavorare di Capra: spiega anche cos’era il Capra’s Touch) riesce ad essere anche attuale e a parlarci di un tema delicato e ancora al centro della storia dell’uomo: le migrazioni. Possiamo aggiungere questa riflessione al ripasso delle favole moderne traboccanti di ottimismo del maestro Italoamericano, ai suoi racconti di un individuo il cui trionfo contro le avversità serviva a coccolare l’americano medio mentre il Paese era in crisi profonda. Capra gli offriva «una versione ideale di se», dice la voce film, in quell’America del New deal o roosveltiana che Capra ha raccontato magistralmente, pur avendo una visione politica diversa da quel presidente. Anche di questo si parla nel film, a testimonianza della sua interessante completezza e ricerca di complessità.