Francesco, tre anni di passione

L'anniversario dell'elezione di Bergoglio porta non tanto a tracciare un bilancio quanto a guardare quel che c'è ancora da fare. Nelle parole del 13 marzo 2013 c'erano però già le tracce di quel che sarebbe accaduto
Papa Francesco bacia una bambina

Sulla piazza pioveva. La fumata era stata grigetta, poi bianca, francamente bianca. L'attesa si faceva spasmodica. C'era chi pregava e chi batteva i piedi. Chi giocava e chi semplicemente curiosava. La prima lettera dell'alfabeto che sarebbe stata pronunciata dal card. Tauran dopo la formula di rito – nuntio vobis gaudium magnum: habemus papam – sarebbe stata decisiva, liberatoria per taluni, di delusione per altri. A, S, G… Fu quest'ultima a uscire: in pochissimi esultammo, pochi conoscevano Georgius Marius Bergoglio.

 

Nessuno però immaginava il tornado, lo tsunami che stava per abbattersi in pochi mesi sulla Chiesa cattolica, e non solo, voluto e sostenuto soprattutto dai cardinali extraeuropei nella persona di Francesco. Ma già dalle prime parole del neoeletto si poterono intuire alcune direttrici del suo pontificato.

 

Il saluto innanzitutto, un "buonasera" che d'improvviso sembrò allargare l'estensione della Chiesa all'intera umanità, secondo l'intuizione di Tommaso d'Aquino, che riteneva che la Chiesa fosse grande quanto coloro per i quali Gesù era morto. Atei e miscredenti, cristiani di ogni denominazione e credenti di ogni religione venivano abbracciati in quel saluto così familiare e laico. Un papato di vicinanza.

 

E poi il volersi da subito presentare come vescovo di Roma e non come papa. Tanto meno come santo padre, men che meno come padre santo. Per mettere subito in chiaro che il ruolo che era diventato suo non gli avrebbe attribuito nessun privilegio temporale (ecco tra l'altro la riforma della Curia), e che anche il potere spirituale proprio del papa sarebbe stato basato solo sul Vangelo. Un papato ecumenico.

 

Il Vangelo della misericordia, il Vangelo dei poveri, il Vangelo delle periferie. Chiarezza, quindi, parresia, niente paura del conflitto, priorità alla pastorale rispetto alla teologia. Un vero sconvolgimento ecclesiale. Da allora sistematicamente il papa vuol far capire a preti e laici che o la Chiesa si mostra ed è misericordia o semplicemente non è la Chiesa di Cristo. Un papato di servizio.

 

E poi il richiamo al fatto di venire da lontano, quasi dai confini del mondo. È stato così reciso il parallelismo, ricco ma ambiguo, da Costantino in poi, che ha attraversato i secoli, tra potere imperiale e potere ecclesiale. Il Vangelo è asiatico, è sudamericano, è africano… non è né solo italiano né solo europeo. Nell'epoca della globalizzazione il pontificato diventa veramente "cattolico". Un papato universale.

 

Infine, ma ci sarebbe da scrivere un libro su tutti gli altri elementi che emersero in quel primo saluto "al popolo romano", mi pare doveroso sottolineare alcuni tratti "gesuiti" emersi il 13 marzo 2013: il rigore morale (intransigenza sugli scandali di sesso e denari), la centralità assoluta del Vangelo (ovunque e comunque), la fedeltà alla tradizione non imbalsamata (il Concilio Vaticano II!), il coraggio (no alla guerra, no alle armi, no alla pena di morte, no alle mafie… sì alla pace, sì agli incontri che gettano ponti, si alla vita, sì alla giustizia verso i poveri). Un papato senza compromessi.

 

(Senza dimenticare che l'avvento di papa Francesco è stato reso possibile dal gesto straordinariamente evangelico e moderno delle dimissioni di papa Benedetto XVI, che ha permesso che la Chiesa compisse quei passi che erano necessari per spazzare la sporcizia interna e per ridare speranza al mondo).

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