Francesco, successore di Pietro

L'elezione del nuovo papa nelle parole di un francescano
Papa Francesco I

Sia le dimissioni di papa Benedetto XVI che l’elezione di papa Francesco hanno segnato un momento di sospensione e di sorpresa per noi e per tanti.

Chi si aspettava che Benedetto XVI si dimettesse? In un’intervista concessa e pubblicata quasi tre anni fa egli aveva con molta chiarezza prospettato questa possibilità, ma ha atteso un momento di relativa calma per prendere e annunciare questa sua libera decisione. In questi anni aveva accolto la rinuncia di molti vescovi, non più abili all’esercizio del ministero per vari motivi, gli ultimi per motivi semplicemente di salute fisica.

Come ha dichiarato egli stesso, ha preso per se stesso questa decisione non per “scendere dalla croce”, ma per stare accanto a Gesù crocifisso, in una vita di preghiera che è una provocazione salutare per tanti, che per nessun motivo e a nessuna età vorrebbero rinunciare a un’esistenza segnata dal divertimento, dalla frenesia e possibilmente dal potere.

Egli è e sarà un esempio anche per tutti i vescovi emeriti, che non sono pochi: il vescovo è chiamato a vigilare e lo fa anche semplicemente intercedendo per i fratelli, disposto a offrire la sua esperienza senza pretese, favorendo un passaggio di responsabilità a differenza di tanti che vogliono rimanere protagonisti a tempo indeterminato, con una vita segnata dal consumismo, da programmi e pensieri a corta gittata.

L’altra sorpresa che ci ha lasciati proprio di stucco è stata l’elezione del nuovo papa. Non rientrava tra i gettonati nelle previsioni stilate dai giornalisti. La sua apparizione sul balcone ha calamitato e conquistato tutti. Manifestava decisamente la sua semplicità e umiltà. Già prima di presentarsi, quando è risuonato in piazza San Pietro il nome di Francesco, lo stupore è salito e ha creato le migliori disposizioni e attese, presto confermate dalla figura del nuovo papa. Un papa semplice e umile. Nelle sue parole e nei suoi atteggiamenti si assapora la miscela che fa esplodere gli alti muri che separano il clero dai laici, i cattolici dagli ortodossi e dai protestanti.

Il nome Francesco può evocare la chiamata divina al Santo di Assisi: “Và e ripara la mia Chiesa, che come vedi, va in rovina”. La Chiesa cattolica può sembrare un edificio in rovina a causa di scandali di varia natura. Ma a decidere se sia la casa abitata da Dio e dal suo popolo o un edificio cadente non è essenzialmente la questione morale. A renderla dimora abitata e abitabile è la presenza di Gesù, una presenza desiderata e invocata, percepita e gustata.

La questione di fondo, colta già bene da papa Benedetto, è quella della fede e della sua trasmissione. Il papa è chiamato a essere, come Pietro, colui che confessa la fede in Gesù e in quella fede conferma i suoi fratelli, ma difficilmente riuscirà a farlo senza che i fratelli, a cominciare dai collaboratori e dai cristiani tutti di Roma, intercedano per lui e con lui collaborino nella missione di evangelizzazione.

Secondo la Scrittura i primi destinatari del Vangelo sono i poveri. Questo papa Francesco a Buenos Aires ha dimostrato di saperlo e di praticarlo. Intercediamo perché continui a farlo anche a Roma. Evangelizzazione dei poveri, evangelizzazione del mondo, con tutti i fedeli cristiani di Roma.

Le prime parole di papa Francesco contengono gli ingredienti utili per far saltare i muri che separano cattolici e ortodossi: si è presentato semplicemente come vescovo di Roma e come tale gli ortodossi sono pronti a riconoscerlo e accoglierlo. Un’altra parola pronunciata da Francesco può far saltare il muro che separa i cattolici dai protestanti: fratelli. Fratelli i cardinali, fratelli tutti i suoi ascoltatori. Perfino i valdesi, strenui e indefessi oppositori di Santa Romana Chiesa, si sono già dichiarati ben disposti verso di lui. Speranze benedette vengono anche per quanto riguarda il rapporto con ebrei e musulmani e con la gente, il mondo in generale.

Forse il fronte più difficile per Francesco sarà quello interno. Egli si dimostra solido nella dottrina di fede e di morale. Sarà apprezzato da tutti quelli della sua casa, della sua famiglia, del suo villaggio? Dal clero, dai religiosi, dai teologi cattolici? San Carlo Borromeo quando cercò con estrema decisione di riformare il clero, i religiosi e le religiose di Milano si trovò addirittura letteralmente preso di mira da un archibugio e per questo restò ferito. Vogliamo pensare che sia storia passata e continuiamo a intercedere per il nostro Papa e fratello Francesco.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons