Francesco scrive ai fedeli cinesi

L’accordo sulla nomina dei vescovi viene accompagnato da una lettera di Bergoglio non solo ai cattolici della potenza asiatica ma alla Chiesa universale

Una lettera destinata a fare la storia. Il Messaggio di papa Francesco ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale è uno di quei documenti che sono destinati a rimanere. D’altro canto, la lettera analoga del suo predecessore, Benedetto XVI, scritta nel 2007, era stata un’altra pietra miliare capace di aprire un solco sul quale si sono situate le novità di questi giorni: l’accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi raggiunto fra Santa Sede e governo di Pechino, legittimazione di 8 vescovi ordinati senza il consenso di Roma ed erezione di una nuova diocesi, quella di Chengde . Bergoglio non si è fermato qui. Anche se si tratta di tre passi di per sé molto significativi, ha voluto accompagnarli con un messaggio personale rivolto ai cattolici cinesi e a tutta la Chiesa universale, senza dimenticare di indirizzarsi anche a «coloro che guidano la Repubblica popolare cinese».

Il documento si presenta come una nota ben studiata, approfondita che segue quanto il papa stesso scrive della sua esperienza degli ultimi mesi, durante i quali dice di aver «esaminato ogni singola situazione personale ed aver ascoltato diversi pareri, riflettuto e pregato molto». Il tutto con una finalità precisa: la ricerca del «vero bene comune della Chiesa in Cina». Ma è essenziale tener presente che papa Francesco riconosce che tutto quanto accaduto in questi giorni non sarebbe stato possibile se non si fosse aperto un solco grazie alla testimonianza di migliaia di fedeli in Cina che hanno mostrato «fedeltà e costanza nella prova, radicata fiducia nella Provvidenza di Dio, anche quando certi avvenimenti si sono mostrati particolarmente avversi e difficili».

È una via di testimonianza che invita a «fissare lo sguardo sull’esempio di tanti fedeli e pastori che non hanno esitato a offrire la loro “bella testimonianza” al Vangelo fino al dono della propria vita». Ma la strada si è aperta anche grazie alla fiducia reciproca. E qui il gesuita Francesco non poteva non nominare il gesuita Ricci, esempio inarrivabile di capacità di costruzione di rapporti di fiducia e dialogo: «Prima di contrarre amicizia bisogna osservare; dopo averla contratta bisogna fidarsi», affermava il missionario maceratese della Compagnia di Gesù. Bergoglio ricorda che «l’incontro è autentico e fecondo solo se avviene attraverso la pratica del dialogo, che significa conoscersi, rispettarsi e “camminare insieme” per costruire un futuro comune di più alta armonia». È questo lo spirito con cui lui ed i suoi collaboratori hanno lavorato per la realizzazione di questi passi storici nei rapporti fra Santa Sede e governo cinese. Ma si tratta di un cammino iniziato dai suoi predecessori Giovanni Paolo II a Benedetto XVI, che si sono impegnati perché la Chiesa in Cina potesse arrivare a una piena e visibile unità.

Bergoglio è infatti ben cosciente che «la storia recente della Chiesa cattolica in Cina è stata dolorosamente segnata da profonde tensioni, ferite e divisioni, che si sono polarizzate soprattutto intorno alla figura del vescovo quale custode dell’autenticità della fede e garante della comunione ecclesiale». Era, quindi, di vitale importanza arrivare ad un accordo, anche se solo provvisorio, almeno per ora, sulle nomine episcopali. Solo una comune prospettiva su questo nodo, permette alla comunità cattolica di gettare i ponti per una vera comunione e unità fra i cattolici all’interno dell’immenso Paese asiatico. Un altro elemento di cui papa Francesco appare essere ben cosciente è la diversità di reazioni che la notizia di questo accordo ha suscitato. Sintetizza con tratti estremamente efficaci e realistici la situazione: «Negli ultimi tempi, sono circolate tante voci contrastanti sul presente e, soprattutto, sull’avvenire delle comunità cattoliche in Cina. Sono consapevole che un tale turbinio di opinioni e di considerazioni possa aver creato non poca confusione, suscitando in molti cuori sentimenti opposti. Per alcuni, sorgono dubbi e perplessità; altri hanno la sensazione di essere stati come abbandonati dalla Santa Sede e, nel contempo, si pongono la struggente domanda sul valore delle sofferenze affrontate per vivere nella fedeltà al successore di Pietro. In molti altri, invece, prevalgono positive attese e riflessioni animate dalla speranza di un avvenire più sereno per una feconda testimonianza della fede in terra cinese». L’invito del papa ai fedeli cinesi è quello di essere ora «artefici di riconciliazione», cercando di «sanare le ferite del passato [e] ristabilire la piena comunione di tutti i cattolici cinesi ed aprire una fase di più fraterna collaborazione».

La lettera, inoltre, brevemente ma in modo efficace, affronta tre livelli: quello pastorale, quello civile e politico e, infine, l’aspetto etico. In tal senso, i cattolici che vivono in Cina sono invitati dal papa a essere uniti per superare le difficoltà del passato che hanno procurato e continuano a procurare sofferenze di ogni tipo, ma anche a dimostrare di essere buoni cittadini impegnati a servire il proprio Paese con impegno ed onestà, oltre che a contribuire al bene comune e allo sviluppo armonioso della società in cui vivono. Si tratta di elementi chiave nella storia e nella cultura confuciana a cui il governo stesso sta lavorando da tempo.

Ma tutto questo può essere realizzato solo guardando al futuro e costruendo una vera “cultura dell’incontro”. L’invito de papa è chiaro. «Spalancate il cuore e la mente per discernere il disegno misericordioso di Dio, che chiede di superare i pregiudizi personali e le contrapposizioni tra i gruppi e le comunità, per aprire un coraggioso e fraterno cammino alla luce di un’autentica cultura dell’incontro». Tuttavia la lettera, non dimentichiamolo, è rivolta non solo ai cattolici cinesi, ma alla Chiesa universale che Bergoglio chiama a «riconoscere tra i segni dei tempi quanto sta accadendo oggi nella vita della Chiesa in Cina». Perché i fratelli e sorelle cristiani di Cina non si sentano soli in questa fase di cammino che si apre ora davanti a loro.

Infine, non possiamo ignorare le parole che il papa gesuita rivolge anche «a coloro che guidano la Repubblica popolare cinese» ai quali rinnova «l’invito a proseguire, con fiducia, coraggio e lungimiranza, il dialogo da tempo intrapreso». Francesco vuole imitare il suo confratello Matteo Ricci offrendo e chiedendo, in cambio, fiducia: «Desidero assicurare che la Santa Sede continuerà ad operare sinceramente per crescere nell’autentica amicizia con il popolo cinese».

 

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