Francesco nella terra degli uomini liberi e testardi
Una moltitudine di torinesi e di piemontesi accoglie festosamente papa Francesco. Un fiume di persone, composte, sabaudamente sorridenti. Sono felici perché oggi con loro c’è papa Francesco. E lui è il papa della Chiesa cattolica, ma anche il papa di tutti, che ispira simpatia, che accoglie, che è segno della misericordia di Dio.
Migliaia sono alla messa in piazza Vittorio, una delle piazze più belle del mondo, con i portici tutt’attorno, il Po che scorre in fondo e la collina da cornice. Una piazza che per l’occasione è diventata una “basilica a cielo aperto” sotto il sole splendente e un bel cielo azzurro varcato da qualche nuvola. Migliaia di persone in imponente silenzio, lì in piazza, quando alla fine dell’omelia si è invitati a meditare sulle parole del papa.
E il papa a Torino ha parlato di lavoro, di giovani, di immigrati, ha rilanciato sulla speranza anche nei tempi difficili, chiedendo a tutti di essere “artigiani del futuro”. Poi si è quasi commosso il papa, quando, nell’omelia ha citato i versi della poesia “Rassa nostrana” di Nino Costa, che gli aveva insegnato sua nonna Rosa. Sono versi che parlano dei piemontesi, e lui li recita con passione: «Dritti e sinceri, quel che sono, appaiono: teste quadre, polso fermo e fegato sano, parlano poco ma sanno quel che dicono, anche se camminano adagio, vanno lontano. Gente che non risparmia tempo e sudore, razza nostrana libera e testarda. Tutto il mondo conosce chi sono e, quando passano… tutto il mondo li guarda».
Poi ha detto: «In questa terra sono cresciuti tanti Santi e Beati che hanno accolto l'amore di Dio e lo hanno diffuso nel mondo, santi liberi e testardi. Sulle orme di questi testimoni, anche noi possiamo vivere la gioia del Vangelo praticando la misericordia». Ha parlato degli abitanti di questa «terra benedetta di cui sono nipote»: li ha descritti “rocciosi”, invitando a essere saldi come rocce nella fede anche in mezzo alle tempeste della società contemporanea; li ha chiamati liberi e testardi, invitando a essere liberi e testardi nell’operare per un mondo migliore, per una società che sa più di cielo.
Una giornata intensissima per papa Bergoglio questo 21 giugno, solstizio d’estate, giorno che dà l’avvio alla stagione della prosperità della natura: alle 8,30 incontro con lavoratori, imprenditori; poi in cattedrale, per pregare davanti alla Sindone e all’altare di Pier Giorgio Frassati, nel venticinquesimo della beatificazione, saluta il clero diocesano, le suore di clausura; poi 10 parte per piazza Vittorio per la messa e l’Angelus. Durante il percorso il papa ha voluto sostare nella chiesa di Santa Teresa dove si sposarono i suoi nonni e fu battezzato suo padre.
Pranzo in Arcivescovado con i detenuti del carcere minorile Ferrante Aporti e una famiglia rom; poi parte per la Consolata, la chiesa simbolo per i torinesi; quindi a Valdocco per i 200 anni di don Bosco; poi al Cottolengo, il tempo più lungo della sua giornata, dedicato a dare una “carezza” agli ospiti della Piccola Casa, li vuole conoscere uno per uno papa Francesco; infine di nuovo in piazza Vittorio per incontrare i giovani.
Oggi un incontro davvero storico: sarà il primo papa a entrare in un tempio valdese. Per tendere la mano a una comunità che ha avuto un rapporto tumultuoso con la Chiesa cattolica, e che ha pagato con duro prezzo la coerenza della loro fede.