Francesco, la grande sorpresa di Dio

Papa Francesco, nell’incontro con i poveri, si è fatto egli stesso povero non solo nella semplicità dei gesti, ma anche nella sovrabbondanza di grazia, che lo guida alla sapienza del Vangelo, come la prima omelia ha gia indicato ai cardinali e a tutti i credenti
Papa Francesco saluta la piazza subito dopo la sua elezione.

Quando c’è stata la rinuncia di Benedetto XVI avevo parlato della sorpresa di Dio. Del suo straordinario gesto di povertà evangelica. Un insegnamento unico per tutti coloro che fanno del potere il punto di arrivo della loro esistenza, una specie di pienezza di vita.

Poi, il 13 marzo, il mondo intero ha visto il nuovo papa, che ha preso il nome Francesco. Tutte le persone di buona volontà hanno vissuto davvero, in quel momento, la grande sorpresa di Dio.

Il vescovo di Roma: papa Francesco. Nessuno aveva mai pensato di prendere quel nome, la cui santità era talmente eccessiva da apparire un'eccezione, mentre la regola erano i francescani. Lo stesso Francesco d’Assisi nel suo testamento parla per sé della forma sancti evangelii mentre per i preti parla della forma ecclesiae.

Papa Francesco va oltre, pone la forma sancti evengelii al cuore e dentro la forma ecclesiae. Ed evocare Francesco significa vivere del Vangelo e nient'altro, annunciare il Vangelo sine glossa  (senza commento, ndr), confessare Cristo e Cristo crocifisso, scandalo per i giudei e follia per i gentili.

Come Francesco esce dalla mondanità e vive la conversione nell’incontro con il lebbroso, papa Francesco, nell’incontro con i poveri, si è fatto egli stesso povero non solo nella semplicità dei gesti, ma anche nella sovrabbondanza di grazia, che lo guida alla sapienza del Vangelo, come la prima omelia ha gia indicato ai cardinali e a tutti i credenti.

A cinquanta anni dall’apertura del Concilio e dal grande appello di Giovanni XXIII alla Chiesa dei poveri, tutto oggi si compie con una forza spirituale che nessuno avrebbe potuto immaginare, neanche il più visionario dei teologi o dei giornalisti. Francesco, la Chiesa dei poveri, la Chiesa confessante il Vangelo, non sono da oggi l’eccezione, ma sono la regola, la norma della vita della Chiesa e dei credenti.

Le parole su cui abbiamo riflettuto in questi giorni, che sono parole del Nuovo Testamento, la koinonia, la diakonia, la martyria, diventano il cuore del discepolato del Cristo crocifisso. Insieme alle parole della fraternità, del perdono e della riconciliazione, della pace e dell’unità, mostrano la nuova fecondità storica del Vangelo in mezzo alle donne e agli uomini di questo tempo. Ecco la Chiesa povera e dei poveri, che è raccontata nel n.8 della Lumen gentium. Per tre volte il testo mette in parallelo Cristo e la Chiesa: come Cristo così la Chiesa. Come Cristo attraverso la povertà ha compiuto la redenzione così anche la Chiesa…

Ecco la povertà di Cristo che fonda e alimenta, a partire dalla croce, la povertà della Chiesa. Dunque la povertà del più piccolo dei fratelli, la povertà delle vittime, la povertà dei senza dignità, diventa il volto del Crocifisso nella storia, che evangelizza la Chiesa fino alla fine del mondo. Papa Francesco ci consegna questa spiritualità antica e nuova del Vangelo. Niente va banalizzato e tutto va compreso, accogliendolo come parola della grazia.

Ma il nome Francesco indica non solo la pace per tutti, ma lo sguardo di Dio nei confronti dell’Islam, della Cina e della grande Asia. Uno sguardo di accoglienza e di misericordia verso popoli, culture e tradizioni religiose, sconfiggendo la tentazione della scomunica che non abita nel cuore grande di Dio.

Infine Francesco, papa Francesco, conosce il perdono a caro prezzo, quel perdono senza il quale non c’è vita né futuro e i giacimenti di odio si moltiplicano in ogni angolo della terra. L’ha vissuto e l’ha chiesto nella sua terra, in Argentina, insieme alla sua Chiesa di fronte alla tragedia del regime militare argentino.

Mai come oggi abbiamo bisogno di questo perdono in Siria, in Medio Oriente, in Libano, in Israele e Palestina, in Africa, nei grandi Paesi dell'America Latina. Egli sarà maestro di perdono crocifisso, perché ha chiesto perdono per sé e per la sua Chiesa di fronte ai desaparecidos argentini. Ecco la forma del santo evangelo al cuore della forma ecclesiae.

Oggi i poveri sono felici, non sono più ai margini della Chiesa, ma sono al centro del grande banchetto di Dio. Come vuole il Vangelo, come ha ricordato san Francesco e come dice oggi papa Francesco. In questo sta la grande riforma della Chiesa: la collegialità, il senato apostolico, un modo nuovo di gestire i beni, che sono sempre i beni dei poveri, un nuovo dialogo con le conferenze episcopali. Nessuno viene più chiamato Signore e tutti siamo e sperimentiamo di essere fratelli.

Dio ci ha sopreso con un vescovo di Roma che fa del Vangelo il suo programma, senza banalizzazioni, senza sentimentalismo, ma consapevole che la parola della croce cambia la storia, quella vera dei minimi del mondo.

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