Francesco inizia da Prato
Quando l’elicottero di Francesco atterra allo stadio Lungobisenzio di Prato alle 7.55, la città è blindata come raramente ricorda nella storia. Fin dall’alba, ma in qualche caso anche dalla sera precedente, attenzioni e speranze di operatori e fedeli si sono incrociate elettrizzando l’attesa: l’evento è indimenticabile per questa smisurata “periferia fiorentina”, come il resto della Toscana battezza il territorio pratese spesso e volentieri. «Città ricca di storia e di bellezza, che lungo i secoli ha meritato la definizione di “città di Maria”»,come esordirà lo stesso Francesco, che si definirà «pellegrino di passaggio».
Giunto davanti alla cattedrale a bordo della papa mobile, tra campane in festa e applausi entusiasti, il pontefice si sofferma all’interno della stessa per salutare autorità ed alcune persone a disagio sociale invitate, e contemplare qualche minuto la reliquia della “Sacra Cintola” della Madonna, protettrice della città. La piazza che lo accoglie festante al suo affacciarsi dal balconcino della facciata è gremita: conta circa 30 mila persone, senza contare i cittadini appostati sui percorsi previsti per portare il papa dallo stadio.
Del resto, per vederlo da vicino alcuni hanno passato la notte in piazza del Duomo, muniti di sacco a pelo e seggiolina pieghevole, pronti fin dalla mezzanotte. Badanti, operai, studenti, cuochi, addetti alle pulizie, camerieri, e molti, molti immigrati. Perché quella voluta dal papa a tutti i costi, anche solo per un’ora è la visita ad una città che dai decenni d’oro fondati sull’eccellenza del tessile esportato nel mondo si ritrova ad affrontare un profondo cambiamento demografico, sociale ed economico, con evidenti segni di crisi e disagio su più fronti. Cresciuto a dismisura anche sul piano urbanistico in pochi anni, in maniera per lo più scriteriata, il distretto della provincia pratese conta oggi circa 250 mila abitanti e la quota di prima o seconda generazione immigrata rappresenta un quinto della popolazione, attribuendo alla città la maggiore percentuale di immigrati in Italia.
Occhi a mandorla soprattutto, trecce coloratissime su carnagione nera, volti dell’est: tutti insieme per ascoltare il papa venuto dai confini del mondo. Non andranno a lavoro, felici come quei giovani di parrocchie e gruppi scout che nella chiesa di San Francesco sono stati raccolti in mille da tutta la città, tra canti, preghiere, materassini in attesa della sveglia delle cinque, per poi armarsi di cornetti e caffè e dirigersi in Piazza delle carceri. E Francesco non delude, senza risparmiare affondi precisi sul piano sociale, che la città sente particolarmente impellenti: «Mi permetto qui di ricordare i cinque uomini e due donne di cittadinanza cinese morti due anni fa a causa di un incendio nella zona industriale di Prato, vivevano e dormivano all’interno dello stesso capannone in cui lavoravano: in una zona era stato ricavato un piccolo dormitorio di cartone e cartongesso, è una tragedia dello sfruttamento e delle condizioni disumane di vita e questo non è lavoro degno»,ricorda citando la strage al Macrolotto dell’1 Dicembre 2013.
«La vita di ogni comunità esige che si combattano fino in fondo il cancro della corruzione e il veleno dell’illegalità. Dentro di noi e insieme agli altri, non stanchiamoci mai di lottare per la verità!», incalza il papa, in una città che per anni ha creduto, in molteplici dei suoi protagonisti istituzionali e imprenditoriale, di potere asservire a proprio vantaggio la manodopera a basso costo di tanti immigrati arrivati, soprattutto cinesi, rimpiangendone ora amaramente la fisiologica emancipazione, capace di comprare intere aree urbane ed economiche svuotando dell’identità storica buona parte del circondario.
Eppure «ci è chiesto di uscire per avvicinarci agli uomini e alle donne del nostro tempo. Uscire, certo, vuol dire rischiare, ma non c’è fede senza rischio», sottolinea papa Bergoglio. «Si preferisce – ha osservato – il rifugio di qualche porto sicuro e si rinuncia a prendere il largo sulla parola di Gesù». «Ricercare e scegliere sempre la verità non è facile; è però una decisione vitale, che deve segnare profondamente l’esistenza di ciascuno e anche della società, perché sia più giusta e onesta. La sacralità di ogni essere umano – conclude il papa – richiede per ognuno rispetto, accoglienza e un lavoro degno; la vita di ogni comunità esige che si combattano fino in fondo il cancro della corruzione e il veleno dell’illegalità. Dentro di noi e insieme agli altri, non stanchiamoci mai di lottare per la verità! Incoraggio tutti, soprattutto voi giovani, a non cedere mai al pessimismo e alla rassegnazione».
Prato ascolta parole di speranza, ma non c’è tempo: Francesco è chiamato subito a Firenze, dove pronuncerà uno dei discorsi più significativi del suo pontificato nei confronti della Chiesa italiana.
In allegato il testo integrale del discorso del papa.